Anno: XXVI - Numero 168    
Martedì 2 Settembre 2025 ore 14:00
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Architetti romani al voto tra parità di genere e polemiche

Dopo il no del Tar al ricorso contro il nuovo regolamento, l’Ordine di Roma rinnova il Consiglio con voto online e quote di genere.

Architetti romani al voto tra parità di genere e polemiche

Ma sullo sfondo resta lo scontro politico per la guida degli organismi nazionali.

Adesso si fa sul serio. Andate a vuoto le prime due giornate di votazione dove non è stato raggiunto il quorum, gli architetti e paesaggisti romani tornano al voto, da oggi e fino a lunedì 8 settembre, per eleggere i rappresentanti della categoria nell’Ordine di Roma, uno dei più grandi d’Italia. I 18 mila professionisti iscritti votano nella Capitale e in 122 comuni della provincia ma non c’è bisogno di recarsi alle urne: un nuovo regolamento nazionale che risale al novembre 2024 ha introdotto in maniera stabile il voto telematico (già usato in piena pandemia nel 2021), insieme a un’altra fondamentale novità: la quota di genere. Per esempio, dei 15 consiglieri da eleggere a Roma, il rapporto tra maschi e femmine deve essere 8 a 7 (o anche viceversa). Lo stesso vale per gli ordini territoriali di media grandezza (con 11 consiglieri da eleggere) o piccoli (9 consiglieri) e sempre la garanzia di una rappresentanza di genere. Eppure, questo percorso lineare, che porterà poi nel febbraio 2026 a eleggere il nuovo Consiglio nazionale di architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc) ha rischiato di deragliare. Per capire come mai occorre fare un passo indietro.

L’articolo 51 della Costituzione

Fino allo scorso 13 agosto, le elezioni a Roma non erano ancora state indette, pur essendo quello l’ultimo giorno utile, pena il rischio di un commissariamento dell’Ordine (già accaduto per Torino e Frosinone). La situazione si è sbloccata perché il giorno precedente è uscito un pronunciamento del Tar Lazio: è stato respinto in toto un ricorso. Di che cosa si trattava? Questo ricorso, promosso da 49 Ordini territoriali (sui 105 in tutta Italia) capitanato da Roma, riguardava proprio quel nuovo regolamento nazionale del novembre 2024, messo in campo per garantire la parità di genere, nel rispetto dell’articolo 51 della Costituzione (“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza”). Se, da una parte, il Tar ha confermato la legittimità del regolamento con un perentorio richiamo alla carta costituzionale che sembra sbarrare la strada (sul piano giuridico) a eventuali ricorsi al Consiglio di Stato, dall’altra parte nella categoria sono scoppiate molte polemiche. E non soltanto sul terreno della parità di genere per una professione dove le donne iscritte agli albi sono più degli uomini e hanno già anche avuto ruoli importanti in organismi nazionali. C’è chi si spinge oltre nell’interpretazione. Il ricorso al Tar dei 49 Ordini, in realtà, avrebbe avuto un secondo fine: congelare tutte le elezioni locali nei mesi a venire per evitare cambiamenti alla base elettorale che nel febbraio 2026 dovrà eleggere il nuovo Cnappc. Uno scontro di potere. 

di Fabio Sottocornola sul Corriere della Sera

 

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