Anno: XXVI - Numero 223    
Mercoledì 19 Novembre 2025 ore 13:30
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Uno show in Parlamento. Così finirà l'indagine sui ministri per Almasri.

Al di là della gran polemica politica, per mandare a processo Nordio, Piantedosi e Mantovano serve un voto di Camera e Senato. Quel giorno Meloni ha promesso di essere presente accanto ai membri del suo governo, e la maggioranza respingerà la richiesta dei giudici. Le grane potrebbero invece arrivare in caso di indagine sul capo di gabinetto di via Arenula

Uno show in Parlamento. Così finirà l'indagine sui ministri per Almasri.

“Ma ora cosa succede?”. La domanda su quale sarà il seguito del caso Almasri circola nei corridoi del Parlamento in queste ultime ore prima della pausa estiva. L’esito giuridico, allo stato, è scontato, almeno i componenti del governo: a meno che l’esecutivo non cada nelle prossime settimane (ipotesi improbabile) nessuno andrà a processo. L’esito politico forse un po’ meno.

Ma andiamo per gradi. La notizia dell’archiviazione della premier, Giorgia Meloni, dall’accusa di favoreggiamento e peculato per aver rispedito in Libia il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale, ha portato con sé non solo l’ira della diretta interessata, perché i giudici hanno adombrato la possibilità che lei non fosse a conoscenza dell’operato dei suoi ministri, ma anche un punto interrogativo sul destino dei ministri stessi. Stando a quanto sostenuto dalla premier, infatti, i giudici hanno chiesto l’autorizzazione a procedere per i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e per il sottosegretario Alfredo Mantovano.

Stralciata la posizione della premier, si apre una procedura che il governo vorrebbe rendere più breve e indolore possibile. Ma quando si aprirà? Non nell’immediato, questo è certo. E la certezza è data dal fatto che, come riferiscono fonti a conoscenza del dossier, in Parlamento ancora non è arrivato nulla. Una tesi, questa, confermata dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che nel Transatlantico di Montecitorio ha spiegato ai cronisti: “Sono le 13.15 e non ho ancora ricevuto nulla, non ho avuto nessuna notifica” anche se “la legge prevede che vada trasmessa immediatamente”, come è realisticamente avvenuto nel caso di Meloni.

Dal momento che il tribunale dei ministri ha concluso le indagini, se vuole che i ministri vadano a processo, deve fare una richiesta – quella di autorizzazione a procedere, per l’appunto – al Parlamento. Secondo la legge, per Carlo Nordio – che è accusato anche di omissione di atti d’ufficio – Alfredo Mantovano e Matteo Piantedosi il voto dovrebbe essere espresso dalla Camera. Prima del voto in Aula, però, le carte dovranno essere esaminate dalle giunte per le autorizzazioni, che dovrà istruire la pratica e fare una prima valutazione: proporre, cioè, se concedere o no l’autorizzazione. L’ultima parola, però, spetta all’assemblea. L’esito del voto pare scontato: la maggioranza non autorizzerà mai il processo per i ministri e per il sottosegretario. La premier, quel giorno, siederà accanto a loro, come ha annunciato sui social.

L’obiettivo della maggioranza è velocizzare il più possibile la pratica, così da archiviarla, rivendicando anche la compattezza del centrodestra ed evitando che le polemiche delle opposizioni si trascinino continuando a mettere in imbarazzo il governo. Non è detto, però, che basterà: se la procura di Roma decidesse di indagare anche componenti dello staff dei ministri, per questi non ci sarà bisogno di autorizzazione a procedere. Al momento si tratta solo di un’ipotesi, ma le toghe dell’Associazione nazionale dei magistrati e il ministro Nordio si stanno scontrando su un nome: quello di Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del titolare di via Arenula. Non è indagata e, sostiene Nordio, il suo nome non compare neanche nelle carte. Ma, date le indiscrezioni su alcune email che avrebbe scambiato con altri dirigenti del ministero sul caso, i pm potrebbero valutare di accendere un faro sulla sua posizione.

di Federica Olivo su HuffPost

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