A prescindere dal regolamento investimenti
Il quadro normativo di riferimento del settore previdenziale, edito dall’Adepp che raggruppa tutte le Casse di previdenza, da tempo lo va affermando.
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Entro il corrente mese di luglio dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento investimenti per le Casse di previdenza, il quale all’art. 3 dovrebbe prevedere l’applicazione del codice degli appalti e non già soltanto i principi generali in materia di concorrenza, economicità, efficacia, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità.
Ma ricostruendo il quadro normativo, rebus sic stantibus, le Casse di previdenza già da tempo avrebbero dovuto applicare, negli investimenti, il codice degli appalti alla luce delle precisazioni dell’ANAC e del Consiglio di Stato.
Ma anche il quadro normativo di riferimento del settore previdenziale, edito dall’Adepp che raggruppa tutte le Casse di previdenza, da tempo lo va affermando.
«Solo negli ultimi anni è stata chiarita la natura delle Casse di previdenza rispetto alla normativa comunitaria in materia di acquisto di beni e servizi.
Dopo un’iniziale esclusione, con l’articolo 32, comma 12, del DL 98/2011 è stato definito che l’esclusione delle associazioni e fondazioni dall’applicazione della disciplina del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 “Codice degli appalti” non opera nel caso di contribuzione obbligatoria prevista per legge a carico degli iscritti delle associazioni o fondazioni.
Il 3 febbraio 2011 infatti, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, aveva formulato un atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, in merito all’articolo 1, comma 10-ter, del decreto legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2008, n. 201, che stabiliva che “ai fini della applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli Enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli Enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture”.
L’atto di segnalazione dell’Autorità conteneva alcune osservazioni, per le quali “alla presenza di Enti che assommano tutti i requisiti previsti dalla direttiva 2004/18/CE, non può essere consentito eludere il dettato comunitario in virtù di disposizioni interne che esonerino tali enti dall’applicazione di una disciplina – come quella in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture – posta a garanzia di sovraordinati principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza”.
E’ proprio l’art.32, comma 12, del DL 98/2011 che, adeguando l’ordinamento a quanto segnalato dall’Autorità di vigilanza nell’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, ha stabilito che le Casse sono sottoposte alle disposizioni del Codice degli Appalti, modificando in via definitiva il comma 10-ter del D.L. 162/2008, che, come già detto, nella formulazione previgente recava invece una norma interpretativa che escludeva dagli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico soggetti all’applicazione del Codice.
Occorre sottolineare che le Casse, dunque, essendo classificate quali organismi di diritto pubblico sono tenute ad applicare il Codice e sono anche soggette alle disposizioni ed all’adempimento degli obblighi in materia di trasparenza amministrativa contenuti nelle disposizioni che richiamano l’art. 3, comma 25, del d.lgs. 163/2006, oggi decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni.» (Fonte: Il quadro normativo di riferimento del settore previdenziale, Adepp).
Vi sono poi i pareri resi dal Consiglio di Stato l’11 febbraio 2016 e l’8 aprile 2025 a valere, sia sotto la vigenza del codice degli appalti n. 50 del 2016 ,che sotto la vigenza del n. 36 del 2023.
In buona sostanza le Casse di previdenza debbono applicare il codice degli appalti.
La mancata applicazione del codice degli appalti può comportare responsabilità di natura civile, penale e contabile per i soggetti coinvolti.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, in materia di risarcimento da (mancato) affidamento di gare pubbliche di appalto e concessioni, non è necessario provare la colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria; le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione (Corte di giustizia, sez. III, 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz).
Ricordo che con la sentenza 28 maggio 2021 n. 4102 il Consiglio di Stato. Sez. 2, ha affermato che «Peraltro, la giurisprudenza di questo Consiglio ne ha tratto un principio di carattere generale, per cui in materia di risarcimento da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto e concessioni non è necessario provare la colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, “poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria; le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione” (Cons. Stato, Ad. plen. 12 maggio 2017, n. 2; Sez. V, 2 gennaio 2019, n. 14; Sez, V, 25 febbraio 2016, n. 772; Sez. II, 20 novembre 2020, n. 7250).
Peraltro, nel caso di specie, sussisteva anche l’elemento soggettivo della responsabilità, avendo l’Amministrazione “colpevolmente” non applicato le disposizioni del d.lgs. 163 del 2006 riguardanti la fattispecie in questione.
Come è noto, l’elemento psicologico della colpa della P.A. va individuato nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ossia in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell’interesse protetto di colui che ha un contatto qualificato con la P.A. stessa (Cons. Stato Sez. VI, 7 settembre 2020, n. 5389; Sez. III, 15 maggio 2018, n. 2882; id, III, 30 luglio 2013, n. 4020), con la conseguenza che la responsabilità viene esclusa sotto il profilo soggettivo quando l’indagine conduca al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto. (Cons. Stato, VI, 3 marzo 2020, n. 1549; Sez. IV, 7 gennaio 2013, n. 23; id., V, 31 luglio 2012, n. 4337)».
Il Prof. Antonio Saporito concludendo la sua disamina in “Le Casse previdenziali tra vecchi problemi e nuove discipline” afferma che: «Come abbiamo avuto modo di analizzare le Casse previdenziali subiscono numerosi controlli da parte dei poteri pubblici, nonché tutti gli iscritti alle Casse hanno l’obbligatorietà dell’iscrizione e quindi del finanziamento – che non consente la libertà di agire in modo diverso, né eventualmente recedere. Questo fa presagire che esiste anche il terzo requisito dell’influenza pubblica dominante per poter essere definito organismo di diritto pubblico. Pertanto le Casse previdenziali rientrano nell’alveo della categoria degli organismi di diritto pubblico di cui all’art. 3, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016, e quindi assoggettate all’integrale rispetto del Codice dei contratti. Ma non è solo questo il ragionamento da fare, a parere di chi scrive, la normativa – analizzata – intervenuta non ha modificato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza, che mantiene non solo una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, ma è ispirato ad un criterio solidaristico e non già esclusivamente mutualistico. È tale connotazione solidaristica che giustifica e legittima l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa e la sottoposizione dell’iscritto al suo regime previdenziale e segnatamente agli obblighi contributivi. Si ha quindi che l’iscritto che obbligatoriamente accede al sistema previdenziale della Cassa (anche se magari ente con personalità giuridica di diritto privato), partecipa, nel complesso ed in generale, al sistema delle prestazioni di quest’ultima, il cui intervento, al verificarsi di eventi coperti dall’assicurazione di natura previdenziale, si pone in rapporto causale con l’obbligo contributivo senza che sia necessario alcun più stretto ed individualizzato nesso di corrispettività sinallagmatica tra contribuzione e prestazioni . È questo criterio solidaristico che assicura la corrispondenza al paradigma della tutela previdenziale garantita dall’art. 38, secondo comma, Costituzione. I poteri pubblici è vero che non devono provvedere a farlo, ma utilizzano enti tra sformati di diritto privato e ne continuano a prevedere penetranti controlli. Non vi provvedono quindi direttamente, ma tramite enti che continuano a controllare. Il nomen pubblico o privato non è più dirimente, è il principio di sussidiarietà che fornisce un nuovo criterio nella distribuzione delle funzioni amministrative, secondo una logica di collaborazione istituzionale, pubblico privata; sono infatti gli enti, pubblici o privati, più vicini ai soggetti amministrati a risultare perciò anche i più idonei, come nel caso di questo studio, ad individuarne i bisogni particolari. Ma sempre nel rispetto dei principi costituzionali. Si tratta, a ben vedere, di un regime giuridico che potrebbe essere definito di diritto privato “particolare” o “eccezionale”, particolare o eccezionale in quanto strettamente connesso alle finalità cui deve tendere l’azione delle figure soggettive analizzate, coincidenti con interessi pubblici tradizionalmente affidati alla cura in concreto dei poteri pubblici e comunque previsti dalla Costituzione. La loro attività erogativa consente di riconoscere in capo alle Casse previdenziali – indipendentemente quindi sia dal nomen, sia dalla loro forma – l’esercizio di attività e funzioni pubbliche, considerato che non sussiste alcuna differenza tra la funzione pubblica, intesa come cura degli interessi pubblici, e la funzione privata, intesa come perseguimento di interessi generali o collettivi.» (Fonte: Antonio Saporito, Dottore di ricerca e Assegnista di ricerca in Diritto Amministrativo e Docente a contratto di Diritto Pubblico presso l’Università degli Studi di Bergamo in PA Persona e Amministrazione, Ricerche Giuridiche sull’Amministrazione e l’Economia).
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