Via libera allo spreco di denaro pubblico
Con la scusa del “timore della firma”.
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“Conoscere per deliberare”. Era per Luigi Einaudi la regola del buongoverno della cosa pubblica, comune al legislatore come all’amministratore. Ed è certo che quella sollecitazione sia stata spesso ignorata dalla politica, come dimostra la critica ricorrente ad una legislazione ridondante, farraginosa, poco chiara, tanto da mettere in difficoltà l’operatore pubblico e privato che si trovi a maneggiare le regole. Un riferimento per tutti, il Codice degli appalti, normativa di grande impatto sulle Pubbliche Amministrazioni, ripetutamente e profondamente emendato.
È da questa realtà normativa complessa che prende le mosse quello che è stato definito “il timore della firma”, come preoccupazione di non sbagliare e di incorrere in responsabilità varie, disciplinari ed erariali. In particolare, quest’ultima è quella effettivamente temuta per la sua natura risarcitoria, perché l’amministratore o il funzionario che sbagliando causi un danno allo Stato o ad un ente pubblico, è tenuto a risarcirlo personalmente. Detta così, come la raccontano soprattutto i politici, la preoccupazione può sembrare fondata se non si spiega il contesto nel quale la responsabilità prende forma. Occorre, in parole povere, che l’autore della condotta causativa di danno abbia agito con dolo o colpa grave. Non basta un semplice errore. Questo deve essere conseguenza della volontà di danneggiare il bilancio pubblico (dolo) o di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline in misura “grave”. Talmente grave che i romani la equiparavano al dolo. Di più, un grande giurista, Ulpiano, aggiungeva che la colpa grave (culpa lata) est non intelligere quod omnes intelligunt. Non ci vuole un latinista per capire che non comprendere ciò che tutti comprendono è una colpa che non può non essere definita grave, anzi gravissima.
Perché, dunque, il “timore della firma”? Per distribuire equamente le responsabilità, certamente c’è quella del legislatore, che mette a disposizione degli amministratori e dei funzionari norme poco chiare, spesso per tale motivo oggetto di divergenti interpretazioni da parte dei giudici, cosa che complica la vita all’operatore. Ma chi conosce l’Amministrazione sa che buona parte dei timore è dovuto alla inadeguata preparazione professionale di molti funzionari. Infatti quel timore è recente. Un tempo non si è mai sentito dire. Ma tanto basta perché la politica si dia carico del problema. E come lo fa? Sostanzialmente eliminando la responsabilità risarcitoria lasciando sulle spalle dello Stato e degli enti pubblici il danno causato dall’amministratore o dal funzionario che, a questo punto, possiamo qualificare inadeguato o disonesto, nel senso che sbagliare causando un pregiudizio erariale significa non saper fare il proprio mestiere o violare la legge penale il più delle volte per corruzione.
Queste brevi considerazioni tuttavia non sono percepite dalla politica. Infatti, il Senatore Salvatore Sallemi, Vicepresidente del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia che, intervistato da Radio Radicale quale relatore del disegno di legge che riordina le attribuzioni della Corte dei conti (proposta Foti, dal nome del proponente alla Camera), ha negato che l’iniziativa costituisca un “depotenziamento” della magistratura contabile. Per il parlamentare “il testo per noi è strutturalmente completo. Quindi ci auguriamo che non ci siano degli stravolgimenti perché ci costringerebbero a tornare in terza lettura alla Camera e questo non lo vogliamo perché riteniamo che sia una riforma essenziale che chiedono i sindaci, che chiedono agli amministratori. C’è un’evidente paura della firma in Italia che è galoppante, c’è il timore di incorrere in responsabilità erariali che poi si concludono spesso con un nulla di fatto o spesso si concludono con una responsabilità reale in capo ad amministratori che non hanno la possibilità molte volte di poter muoversi con facilità in questa selva di norme che esistono. La nostra finalità con questa riforma è quella di avvicinare la Corte dei conti agli amministratori riconsegnarla al suo antico ruolo consultivo per aiutare gli amministratori al meglio governare le città al meglio governare tutti gli organi che hanno un potere di spesa di denaro pubblico”. Anzi “un aiuto nei confronti degli amministratori con una eliminazione della colpa grave con un silenzio assenso che servirà sostanzialmente a consentire a tutti di affrontare l’amministrazione pubblica più serenità”.
Cosa sia la colpa grave l’abbiamo detto. Comprendiamo le difficoltà degli amministratori che spesso si trovano ad applicare leggi complesse ed oscure. Ma il Sen. Sallemi, che pure è un giurista, trascura di considerare che proprio quella complessità delle norme esclude la colpa grave. Che lui intende eliminare trascurando di considerare che, in tal modo, pone a carico dei bilanci pubblici e della comunità spese non dovute. Perché parliamo di sprechi di denaro pubblico, acquisti incauti, spese inutili, lavori eseguiti non a regola d’arte come i cittadini vedono ogni giorno nelle citta e nei paesi in giro per l’Italia. Neppure la prevista, ampliata funzione consultiva che si vorrebbe estesa a singoli atti di gestione metterebbe al riparo gli amministratori ed i funzionari incapaci o disonesti. A meno che, eliminata la responsabilità erariale, si intenda far fuori anche quella penale? Dopo l’assurda eliminazione dell’abuso d’ufficio si vuol eliminare per legge anche la corruzione? Eppure nell’ultima versione l’abuso, al quale anche si riconnetteva il “timore della firma”, prevedeva, quale condotta penalmente rilevante (art. 323 c.p.), quella del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, “nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”. Va sottolineato quell’“intenzionalmente”. Eppure non è servito ad evitare la eliminazione del reato.
Non si salveranno amministratori e funzionari incapaci e disonesti se passerà la “consulenza preventiva” che, nell’ottica del Sen. Sallemi con un parere o col “silenzio assenso” escluderebbe la responsabilità erariale, quella che, sottolinea il parlamentare, “spesso arriva solamente perché non si hanno i mezzi per poterla contrastare, mancano i dirigenti mancano i funzionari. Nei comuni i sindaci spesso sono soli, devono appellarsi al segretario generale che spesso è a scavalco, viene da un’amministrazione vicina; non è presente 7 giorni su 7 come dovrebbe essere”.
Il problema è reale ma non si risolve in questo modo. Le amministrazioni locali hanno bisogno di adeguata consulenza che non può essere quella della Corte sui singoli atti, che snaturerebbe il ruolo della magistratura e non metterebbe al riparo i funzionari da responsabilità penali.
“Conoscere per deliberare”, abbiamo scritto richiamando Einaudi. Inutilmente, dobbiamo constatare. Si continua a legiferare senza conoscere dove si va ad incidere. Che delusione! Ci si attendeva un cambio di passo, un rispetto per le istituzioni, doveroso in particolare da parte di chi si definisce “patriota”
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