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Decreto sicurezza, il caso dei blocchi stradali dei metalmeccanici a Bologna

A Bologna diecimila metalmeccanici hanno sfidato il Decreto sicurezza e sono entrati nella tangenziale di Bologna bloccandola.

Decreto sicurezza, il caso dei blocchi stradali dei metalmeccanici a Bologna

I primi denunciati ai sensi del nuovo decreto Sicurezza, che ha (tra l’altro) inasprito le pene in caso di blocco stradale, sono i metalmeccanici in sciopero, che hanno occupato la tangenziale di Bologna per chiedere il rinnovo del contratto. “Protestano per un salario più equo e dovranno pagarsi un avvocato: la legge non serve solo a reprimere il dissenso, ma a evitarne la manifestazione” dice l’avvocato Cataldo Intrieri, che spiega a Huffpost cosa può accadere adesso

20 Giugno 2025 alle 20:03

Non sono né gli ambientalisti di Ultima Generazione, né gli attivisti No TAV in Val di Susa. I primi denunciati ai sensi del nuovo decreto sicurezza, che ha (tra l’altro) inasprito le pene in caso di blocco stradale, sono i lavoratori metalmeccanici in sciopero, che hanno occupato la tangenziale di Bologna per chiedere il rinnovo del contratto. Secondo i dati comunicati dalle forze dell’ordine, circa diecimila manifestanti hanno sfilato in corteo per le vie della città e, dopo una deviazione non autorizzata, hanno fatto ingresso in tangenziale interrompendo parzialmente il traffico per 45 minuti. La Questura di Bologna ha quindi annunciato che i dimostranti verranno denunciati, anche alla luce del nuovo decreto. “Avremo operai che protestano per un salario più equo che dovranno pagarsi un avvocato e preoccuparsi di difendersi: questi reati non servono solo a reprimere il dissenso, ma a evitarne la manifestazione”, ha detto ad Huffpost l’avvocato penalista Cataldo Intrieri.

La manifestazione bolognese era partita alle 9 del mattino, quando i lavoratori si sono radunati al Parco Nord rispondendo all’appello di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil. Anche se il percorso originario (concordato con la Questura) prevedeva un tragitto interamente urbano, i partecipanti hanno deviato. “Anziché seguire il percorso concordato con l’Autorità di pubblica sicurezza, hanno deciso di fare ingresso in tangenziale nonostante lo schieramento dei reparti inquadrati della Polizia”, ha spiegato la Questura, sottolineando come le forze dell’ordine abbiano scelto di evitare lo scontro e, per motivi di sicurezza, abbiano scortato il corteo lungo un tratto di quattro chilometri. Sulla strada del ritorno, però, la Questura ha avvisato che tutti i manifestanti sarebbero stati denunciati all’autorità giudiziaria, precisando poi che si tratta di un “doveroso adempimento”. In virtù del nuovo decreto sicurezza, che ha trasformato il blocco stradale da illecito amministrativo a illecito penale, i lavoratori rischiano la reclusione da sei mesi a due anni.

“Mi stupisce che qualcuno si renda conto solo adesso che la riforma del governo andava esattamente in questa direzione”, ha commentato l’avvocato Intrieri. Il reato di blocco stradale fu introdotto nell’ordinamento italiano nel 1948, poi depenalizzato alla fine degli anni ’90 dal governo D’Alema, che lo ridusse a sanzione amministrativa, limitata ai casi di blocco ferroviario. “Nel 2019 il primo governo Conte lo ha reintrodotto su impulso di Salvini”, ricorda Intrieri, “ma almeno in quel caso ebbe il pudore di escludere dal reato le manifestazioni che prevedevano soltanto l’uso del proprio corpo. Oggi quel limite è stato superato, e si punisce come reato anche la presenza fisica in un luogo, che è l’essenza stessa di qualsiasi manifestazione, non solo politica: è anche il caso dei festeggiamenti per uno scudetto”.

Per la protesta di Bologna, la pena massima raggiunge i due anni di reclusione, dal momento che la norma prevede l’aggravante in caso di concorso di più persone: in corteo erano addirittura diecimila. La stessa circostanza potrebbe però “complicare” (per usare un eufemismo) le operazioni di identificazione e denuncia di tutti i presenti. Fonti di governo precisano che il decreto sicurezza non prevede eccezioni legate al numero di partecipanti: le valutazioni sull’eventuale denuncia dei soggetti coinvolti spettano esclusivamente ai funzionari responsabili sul posto e, in ultima istanza, al questore territorialmente competente. Le stesse fonti ricordano che sarà la magistratura a stabilire se e come applicare al caso concreto il provvedimento, nato per tutelare la libertà di movimento dei cittadini non coinvolti nelle proteste.

“Per evitare una figura indecorosa, credo che il pubblico ministero emetterà decreti penali di condanna con una pena pecuniaria sostitutiva”, spiega l’avvocato Intrieri. In alternativa, il pm potrebbe chiedere la non punibilità in ragione della tenue gravità del fatto, ai sensi dell’articolo 131-bis del Codice penale. “Parliamo di una manifestazione pacifica, senza danni gravi: credo che un pm dotato di buon senso cercherà di cavarsela così. Ma proprio la necessità di ricorrere a questi dimostra l’inutilità della norma. Se il fatto è tenue per definizione, che senso ha introdurre una nuova norma penale?”. La terza possibilità, secondo Intrieri, è che venga sollevata una questione di legittimità costituzionale. “Il pubblico ministero non può farlo direttamente, ma può chiederlo al giudice competente, sostenendo che c’è una sproporzione tra la pena prevista e la tutela di un diritto costituzionalmente garantito” quale è la libertà di opinione sancita dall’articolo 21 della Costituzione. “Il buon senso suggerirebbe una di queste strade. Ma il problema vero è che ci auguriamo che il buon senso lo riacquisti il legislatore: queste norme sono più balzane che pericolose”.

A esprimere il disappunto sono anche i sindacati promotori della mobilitazione. “Abbiamo gestito la manifestazione in maniera ordinata, non abbiamo cercato scontri con la polizia”, ha sottolineato il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, che questa mattina era presente al corteo dei metalmeccanici di Bologna. “Speriamo che le denunce non arrivino, ma è chiaro che se si materializzeranno ci difenderemo”, ha proseguito. Per la Cgil è invece il segretario generale, Maurizio Landini, ad alzare la voce: “In questo Paese si vogliono processare e condannare uomini e donne che per vivere lavorano, pagano le tasse e tengono in piedi il sistema produttivo del nostro Paese”. L’indignazione è comune anche a un ex leader sindacale come Savino Pezzotta, già a capo della Cisl, che ad Huffpost ha commentato: “Diecimila operai portati in tribunale danno il segno di che governo abbiamo. Capisco che possa creare disturbo occupare un’autostrada, ma è un’espressione di libertà tollerata perfino ai tempi di Berlusconi. Questo governo invece la reprime: è una strategia di tacitazione della società civile, che ha nei sindacati il suo primo obiettivo”.

Anche dalle opposizioni si alzano le accuse di “criminalizzare” le proteste. “È l’ennesima prova che il decreto sicurezza voluto dal governo Meloni non tutela la sicurezza dei cittadini, ma serve soltanto a intimidire e a criminalizzare il dissenso”, ha dichiarato Angelo Bonelli (Europa Verde). Anche Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) ha protestato: “Meloni e Piantedosi non osino toccare le persone oneste che lottano per una vita dignitosa: sono questi operai i veri patrioti”. Solidarietà anche dalla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, mentre il Movimento 5 Stelle ha bollato la vicenda come “brutale repressione penale”. A difesa del decreto è intervenuto invece Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia): “È il sindacato che capeggia l’opposizione o è il Pd che fa da mandante ai sindacati? Le proteste sono strumentali, tese a creare artificialmente tensione sociale”.

Della stessa opinione è Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro durante i governi Berlusconi. “Bloccare la tangenziale di Bologna in un venerdì di fine giugno impatta molto sulla mobilità delle persone. Stranamente questo accade pochi giorni dopo l’approvazione del decreto sicurezza”, ha sottolineato Sacconi ad Huffpost. “Dopo il fallimento del referendum, è evidente il tentativo di una parte del sindacato di politicizzare il contratto dei metalmeccanici in funzione antigovernativa. Ma non stiamo parlando di una categoria di lavoratori dimenticata e i datori hanno dimostrato disponibilità al dialogo, tanto che questa mattina le fabbriche erano piene”, ha proseguito l’ex ministro, sostenendo che la mobilitazione sia stata molto bassa. Se per Federmeccanica allo sciopero avrebbe aderito il 20% dei lavoratori, però, Fim, Fiom e Uilm hanno comunicato che l’adesione avrebbe raggiunto una media del 70%, portando in molti casi alla chiusura delle fabbriche.

In seguito alla giornata di mobilitazione, le parti sociali del settore metalmeccanico sono state convocate domani alle 12 al Ministero del Lavoro per una riunione conoscitiva sullo stato delle trattative per il rinnovo del contratto. Con tutta probabilità, anche in quell’occasione i sindacati chiederanno una riapertura dei negoziati con ogni mezzo a disposizione. La Fiom-Cgil ha parlato di una fase di “corpo a corpo con le aziende”, annunciando proteste ancora più dure se Federmeccanica non tornerà a sedersi al tavolo, e anche la Cisl è pronta a mettere in atto “iniziative ancora più pesanti di quelle che abbiamo messo in atto in questi giorni”. Già nella giornata di oggi, la mobilitazione non è stata circoscritta a Bologna. A Genova il corteo partito da Cornigliano ha bloccato il traffico in alcune arterie cruciali della viabilità cittadina, mentre ad Ancona i lavoratori in sciopero hanno bloccato l’ingresso del porto al grido di “Salario e diritti per tutti”. In quei casi, però, non è scattata nessuna denuncia. Almeno per il momento.

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