L’Anm e la tragedia di Francavilla Fontana
E il paradossale corto circuito con le carriere separate.

L’Anm, la tragedia di Francavilla Fontana
E il paradossale corto circuito con le carriere separate.
La sezione leccese del sindacato delle toghe ha giustamente difeso i pm tarantini che indagano sull’uccisione del pregiudicato ritenuto responsabile della morte del brigadiere Legrottaglie. Basta non la si consideri la prova che, con la riforma, si creerà chissà quale corpo eversivo tra Procure e polizia
È una storia strana. Anzi, le storie strane, paradossali, sono due. La prima. Domani in Senato inizia la discussione finale, cioè l’esame in Aula, sulla separazione delle carriere. In teoria si potrebbe passare subito al voto degli emendamenti e poi al sigillo finale, in pratica il legittimo ostruzionismo delle opposizioni, di Pd, M5S e Avs in particolare, rischia di tenere in freezer il ddl Nordio almeno fino a lunedì prossimo, visto che giovedì Palazzo Madama sarà impegnato con le celebrazioni per il Giubileo.
Il dato curioso è l’imbarazzo del centrodestra, che dovrà fare di tutto per disarmare l’accusa, avanzata dagli avversari, di “golpe costituzionale”, e cioè di voler far passare la modifica della Carta relativa alle toghe con uno strappo alle regole (strappo che non c’è, non c’è stato finora, ma la polemica fa parte del gioco).
L’altro paradosso ha a che vedere con una vicenda tragica, e cioè con la morte del carabiniere Carlo Legrottaglie, caduto in una sparatoria giovedì scorso a Francavilla Fontana, in Puglia, e con il successivo scontro a fuoco in cui ha perso la vita un pregiudicato ritenuto coinvolto nel primo conflitto, Michele Mastropietro, precedenti per rapina, colpito da agenti della squadra “Falchi” del commissariato di Grottaglie.
Due fatti in apparenza slegati. In realtà un nesso c’è. Riguarda le polemiche inscenate da alcuni esponenti del centrodestra, locali e nazionali, nei confronti della Procura di Taranto, dopo che un pm di quell’ufficio, Francesco Ciardo, ha iscritto i poliziotti della seconda sparatoria nel registro degli indagati, con l’ipotesi di “omicidio colposo a seguito di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”. Nei comunicati di alcuni esponenti della maggioranza sono comparsi cenni a una miopia burocratica del magistrato che avrebbe “accostato dei malviventi a uomini dello Stato impegnati nello svolgimento del dovere”.
Polemiche, seppur contenute, sono arrivate anche da sindacati come il Sap, che invocano se non lo scudo penale, almeno una tutela processuale netta per agenti e carabinieri coinvolti in scontri del genere. Ma si registra anche qualche impennata: ancora ieri l’ex colonnello dell’Arma Angelo Jannone, in un’intervista a Libero, ha evocato un «pregiudizio» di alcune toghe nei confronti delle forze dell’ordine.
È in un quadro del genere che si spiega la nota con cui ieri l’Anm sezione Lecce è intervenuta in difesa dei colleghi di Taranto: non sono «condivisibili né accettabili le valutazioni espresse su alcuni organi di stampa da parte di alcuni esponenti politici e dei rappresentanti di alcuni sindacati della Polizia di Stato sull’operato dei magistrati della Procura della Repubblica di Taranto, impegnati, in queste ore, in delicati accertamenti sulle circostanze che hanno immediatamente seguito l’uccisione del brigadiere capo dei Carabinieri Carlo Legrottaglie.
La natura degli accertamenti in corso impone la partecipazione ad essi, anche nel loro interesse, del personale del commissariato della Polizia di Stato di Grottaglie, coinvolto, suo malgrado, nel conflitto a fuoco nel quale ha perso la vita Michele Mastropietro. Nessuno di tali accertamenti può e deve essere letto come uno schiaffo alla realtà, alla logica e al lavoro di chi ogni giorno», prosegue la nota dell’Anm locale, «rischia la pelle per proteggere i cittadini o come una manifestazione di confusione o di contraddizione o, addirittura, come il segno della volontà di criminalizzare il personale della Polizia di Stato di Grottaglie».
Parole condivisibili: la legge prevede l’iscrizione a registro, e anche se un autorevole esponente del governo come il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari ha confermato che via Arenula lavora per una tutela processuale più efficace per gli uomini dello Stato coinvolti in scontri a fuoco, il pm Ciardo non avrebbe potuto fare altro.
La cosa spiazzante, ed è qui il nesso con la separazione, è che una delle obiezioni principali rivolte alla riforma, soprattutto dalle opposizioni, riguarda le nefaste conseguenze dello sdoppiamento del Csm e dell’istituzione di un Consiglio superiore “esclusivo” dei magistrati requirenti. Un organismo che, si obietta, diventerebbe la centrale di un potere incontrollabile, in cui la forza dei pm si intreccerebbe con quella della polizia giudiziaria, fino a formare un corpo ingestibile (quadro che fa da preludio alla successiva previsione, secondo cui il solo rimedio sarebbe a quel punto l’assoggettamento delle Procure al governo).
Le parole sacrosante diffuse dall’Anm leccese finiscono, in un blob irrazionale, quasi per aderire a questa lettura un po’ apocalittica, sebbene siano state concepite solo per riportare un minimo di senso della misura nella tensione fra toghe e forze dell’ordine. È un corto circuito provo di senso, ma che basta a dimostrare quanto le polemiche sulla riforma rischino di scivolare in un dibattito sterile, esasperato e in contrasto con gli obiettivi reali della stessa magistratura.
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