Il granaio rosso si mette a dieta.
Di 33 sezioni locali solo 8 si sono salvate. Le altre sono finite vittime di un debito di 4 milioni contratto dai Dem con il partito predecessore, i Democratici di sinistra. Praticamente erano le stesse persone, e dunque gli affitti non venivano saldati. Ma contabilmente hanno continuato ad accumularsi per anni. Il tesoriere Fina: "La partecipazione non verrà penalizzata".

Chiudono 25 circoli Pd a Bologna e in provincia. Ma non è il sintomo di una crisi. Anzi: “Non siamo mai stati così bene in termini di iscritti e di risorse. Abbiamo avviato una campagna di riordino che non penalizza la partecipazione. I circoli stanno aumentando e nello stesso tempo chiudiamo una vertenza storica con i partiti fondatori”, dice il tesoriere nazionale Michele Fina all’Huffpost. In sostanza se il corpaccione del “granaio rosso” si mette a dieta, altrove aprono nuove sedi, prese in affitto o comprate. Come accade a Roma, dove la Federazione dem ha acquisito la storica sede di San Lorenzo, che fu inaugurata da Palmiro Togliatti.
Venticinque sedi del Pd bolognese su 100 chiudono i battenti. Tre – il circolo Giovannini a Borgo Panigale, il circolo di via Orfeo e il Dossetti – si trovano in città. Tra queste anche le sezioni frequentate in passato da Romano Prodi e Elly Schlein. Ventidue circoli sono distribuiti nella provincia. “Noi staremo dentro al circolo finché non ci dicono che dobbiamo uscire. Quel centro lo hanno costruito i compagni”, minacciava Nicola Rivani di Minerbio, paese alle porte del capoluogo. Ma era gennaio, quando il piano di razionalizzazione è stato presentato. In tre mesi il Pd ha fatto un censimento delle situazioni una per una. E delle iniziali 33 sezioni a rischio, 8 si sono salvate. Alla fine la direzione provinciale del partito ha deciso all’unanimità.
Per Paolo Pombeni, direttore della rivista Il Mulino, è in ogni caso un passaggio traumatico. “Come la Juventus che finisce in serie C. Ma era inevitabile. La territorialità di partiti come il Pci di un tempo non esiste più da tempo”, ha detto al Corriere.
La chiusura dei circoli non avviene in un momento di crisi della partecipazione. Al Nazareno ci spiegano che le iscrizioni aumentano del 15 per cento in due anni, e oggi sono oltre quota 200mila. Cresce anche il numero di feste dell’Unità, del 30 per cento, per un totale di 450. E cresce soprattutto il 2 per mille, i fondi che il Pd riceve su indicazioni dei contribuenti. Quest’anno il partito ha incassato la quota più alta di sempre: 10 milioni e 300 mila euro, le sottoscrizioni sono aumentate in un anno di 100mila, cioè 3 milioni di euro.
E dunque perché chiudere 25 sezioni nell’ex granaio rosso emiliano romagnolo? Chiediamo conto di questo passaggio all’uomo che forse ne porta la responsabilità maggiore. Michele Fina, senatore del Pd, ha un passato da giovanissimo dirigente territoriale. Prima segretario dei Ds all’Aquila, poi segretario del Pd nella stessa federazione. Oggi è il tesoriere nazionale del Partito di Elly Schlein.
“Solo per capirci, a Bologna e provincia alle ultime europee il Pd ha preso il 45 per cento. Un elettore su due ci vota”, premette Fina, che non vuol sentire parlare di crisi della territorialità. “Sta accadendo una cosa diversa, e cioè un piano di riordino che a Bologna, ovviamente, è più visibile. Ma che non colpisce la partecipazione democratica. Anzi, io per primo ho promosso un regolamento finanziario che ancora il 2 per mille ai territori. Oggi il partito nazionale destina alle federazioni locali 2 milioni e 100mila euro l’anno. Cioè una somma che equivale a quella di tutti i dieci anni precedenti sommati insieme. E l’anno prossimo saranno ancora di più”.
La sforbiciata di sedi a Bologna è legata ai rapporti storici del partito nella città più rossa d’Italia. “Quando nasce il Pd, nel 2007, si realizza la fusione politica ma non quella per così dire materiale. Il Pd nasce a tutti gli effetti come un nuovo partito, mentre Ds e Margherita gli sopravvivono dal punto di vista materiale”. Per molti anni il Pd di largo del Nazareno affitta la sede nazionale dalla Margherita e poi dagli Scolopi. E i Ds fanno altrettanto. Nascono settanta fondazioni locali, che prendono in gestione il patrimonio della Quercia. Il riferimento per tutte le fondazioni è Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Ds. Migliaia di circoli passano dal partito di via Nazionale alle fondazioni, non al Pd, che li prende in affitto per continuare a fare attività politica. Può sembrare un paradosso. “Ma di fatto è stato così e a Bologna, in questo modo, si sono accumulati 4 milioni di euro di debiti. Perché alla fine tra Pd e Ds si trattava delle stesse persone, per cui anche se non si pagava l’affitto si andava avanti lo stesso accumulando debito. Ecco quello che noi abbiamo fatto è risolvere una pendenza che durava dal 2007. Abbiamo verificato circolo per circolo quali erano in grado di mantenersi da soli o con i trasferimenti delle fondazioni. Abbiamo accorpato situazioni in cui due circoli erano a poca distanza tra loro. Oppure i circoli avevano sedi molto grandi, che andavano bene all’epoca del Pci. Ma che adesso sono sovradimensionate. Abbiamo trovato anche locali che ormai erano solo magazzini. In ogni caso non abbiamo chiuso nessun circolo. Abbiamo chiuso delle sedi e stiamo trovando alternative per tutti i circoli. In cambio stiamo aprendo nuove sezioni o consolidando situazioni in bilico”.
Fina ricorda che a Terni la federazione locale ha comperato la sede. Sabato scorso il capo dell’organizzazione Igor Taruffi ha inaugurato nel bolognese due circoli nuovi, uno a Castel del Rio e uno in Appennino a Vergato. “A Roma, la federazione locale ha ‘ricomprato’ lo storico circolo di San Lorenzo, a rischio chiusura. Tutto questo si può fare anche perché il partito nazionale trasferisce risorse ai territori, cosa che non era mai avvenuta prima in questa misura. Sono soldi che abbiamo tolto ai sondaggi, a piani di comunicazione, a iniziative di questo tipo…. Per questo mi arrabbio quando sento dire che non ci teniamo ad aiutare la militanza sui territori. È vero il contrario”.
In attesa che in Parlamento si crei un fronte largo per l’ampliamento del finanziamento pubblico – “è il momento di assumere scelte nuove e coraggiose come sistema politico, il populismo ha aumentato il potere di condizionamento del potere economico sulla politica”, dice il deputato bolognese Andrea De Maria – di fatto anche il Pd nazionale si è messo a dieta. Il personale da 110 dipendenti è arrivato a 58. Su un bilancio da 13 milioni di euro, il grosso arriva dal 2 per mille, oltre 10 milioni. Come uniche donazioni, il Pd incassa 1500 euro al mese dai 12 parlamentari nazionale ed europei. C’è poi una parte di raccolta fondi, 100 mila euro in totale. I soldi ci sono. “Abbiamo voluto fare questo riordino dei circoli ora che abbiamo le risorse e il partito è in salute, proprio per non essere costretti a scelte difficili”, aggiunge Fina.
Ma una quota di sofferenza è inevitabile. Enrico Cappello, ingegnere, 36 anni, è il segretario di uno dei circoli che chiude, il Dossetti, a cavallo tra la cintura di Bologna e Casalecchio. “La sofferenza è tanta, inutile negarlo. La mia generazione – spiega all’Huffpost – è a cavallo tra due modi di fare politica: da una parte i compagni più anziani, abituati a una politica come confronto e ragionamento, una politica più educata. Dall’altra ci siamo noi che viviamo l’epoca delle riunioni via teams o della politica sui social. È un po’ come la differenza tra analogico e digitale. Al Dossetti queste cose convivevano, era una sorta di ponte tra due epoche. Ed è forse questo che rischia di perdersi”.
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