Il fisco consenta agli assistiti di dedurre dal reddito la paga dei “badanti”.
Perché è evidente che mettere un anziano o ammalato nelle mani di una persona impreparata può essere di grave pregiudizio per l’assistito
La retorica delle sinistre sui badanti che assistono “i nostri anziani”, come si sente ripetere spesso per giustificare l’apertura all’immigrazione, non ha mai affrontato seriamente il tema della professionalità che si dovrebbe richiedere a chi svolge questa delicata funzione con persone fragili che hanno bisogno di un’assistenza qualificata. Perché è evidente che mettere un anziano o ammalato nelle mani di una persona impreparata può essere di grave pregiudizio per l’assistito. I badanti, infatti, spesso hanno difficoltà di comprensione della lingua italiana, necessaria per leggere una prescrizione, e magari per riferire al medico curante eventuali disturbi che derivassero da una terapia. Ugualmente ad un badante si dovrebbe richiedere, all’occorrenza, la capacità di fare una iniezione, misurare la temperatura e la pressione arteriosa, rilevare il livello della glicemia, ecc.. Poche nozioni, elementari, ma fondamentali per non lasciare “i nostri anziani” in mani inesperte, al punto da diventare pericolose. Nozioni che s’imparano con un corso di due o tre giorni da far tenere dalla Croce Rossa Italiana (C.R.I.) o dall’ASL di zona.
Trattandosi di un’attività sempre più importante in relazione all’invecchiamento della popolazione la qualificazione professionale dei badanti sarebbe una sicurezza per l’assistito e per la propria famiglia. Il censimento dei badanti sarebbe utile anche per un altro motivo, sul quale insisto di frequente, quello di consentire alla persona assistita di dedurre dal proprio reddito le somme corrisposte al badante a titolo di paga ed i contributi previdenziali. Sarebbe un atto di giustizia, necessario per sgravare le persone assistite o la propria famiglia da un onere notevole.
Inoltre, sarebbe evitato il lavoro nero che s’immagina particolarmente elevato nel settore, in assenza di una qualificazione professionale, ancorché minima. A conti fatti lo Stato ci guadagnerebbe perché se non tassa il reddito trasferito dall’assistito al badante, recupererebbe certamente entrate fiscali sul reddito del badante e l’INPS riceverebbe contributi che, allo stato, sono in molti casi evasi. Se ne parla da tempo ma non si fa un passo avanti, neppure parziale, per un atto di giustizia, considerato che la persona assistita è come un datore di lavoro del badante e tenuto conto del fatto che l’assistenza privata allevia gli oneri dell’intervento pubblico certamente più oneroso per il bilancio pubblico. Ci sarà spazio per una norma del genere nella riforma tributaria appena approvata dalle Camere? La delega, come accade sovente, ha una formulazione generica e non consente certezze. Ma forse il Viceministro alle finanze, Maurizio Leo, che è un esperto tributarista, potrà dire qualcosa in proposito.
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