Anno: XXV - Numero 76    
Venerdì 3 Maggio 2024 ore 13:15
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Le sfide per le Casse di previdenza dei professionisti

Nel convegno di primavera di Itinerari previdenziali, il prof. Alberto Brambilla, consulente di Cassa Forense per la riforma previdenziale attualmente all’esame dei Ministeri Vigilanti e che, a mio avviso, dovrà essere notevolmente riformata, ha pubblicato delle slide che allego e che vale la pena di leggere con la massima attenzione.

Le sfide per le Casse di previdenza dei professionisti

I prossimi 2/4 anni saranno fondamentali per recuperare le massicce perdite sia rispetto alle performance sui patrimoni (circa -6/-7%) sia rispetto al potere di acquisto (circa -11/-12%) e sarà importante riuscire a farlo senza andare ad incrementare il budget di rischio.

Una riconferma di quanto vado a tempo argomentando e cioè che le pensioni dei professionisti italiani non possono dipendere dai mercati finanziari ma i professionisti … pensano ad altro.

Come scrive Nassim Nicholas Taleb nel suo Antifragile, pagg. 158 e 159:

«L’idea di diventare un non-tacchino.

È ovvio per chiunque, prima di aver bevuto, che possiamo portare sulla Luna un uomo, una famiglia, un paese con un piccolissimo municipio e prevedere la traiettoria dei pianeti o i minimi effetti di fisica quantistica, eppure un governo con modelli altrettanto sofisticati non è in grado di prevedere risoluzioni, crisi, deficit di bilancio, cambiamenti climatici. E nemmeno i prezzi di chiusura del mercato azionario di qui a qualche ora.

Esistono due ambiti diversi: uno nel quale siamo in grado di fare previsioni (in una certa misura), l’altro, l’ambito del Cigno nero, in cui dovremmo lasciar operare solo i tacchini e le persone tacchinificate. E il confine tra i due è visibile (ai non tacchini) quanto quello che separa un gatto da una lavatrice.

La vita sociale, economica e culturale si colloca nella sfera del Cigno nero, la vita fisica molto meno. Inoltre, occorre distinguere tra gli ambiti in cui i Cigni nero sono al tempo stesso imprevedibili e carichi di conseguenze significative e quelli in cui gli eventi rari non sono fonte di serie preoccupazioni, sia perché sono prevedibili, sia perché le loro conseguenze sono minime.

Nel Prologo ho accennato al fatto che nell’ambito del cigno nero il caso è impossibile da gestire, lo ripeterò fin quando avrò fiato. Il limite è matematico, punto, e su questa terra non c’è modo di aggirarlo. Ciò che non è misurabile e non prevedibile rimarrà non misurabile e non prevedibile, a prescindere dal numero di ricercatore dai nomi russi e indiani che metterete al lavoro, e da quello di e-mail minatorie che riceverò. Nell’area del Cigno nero esiste un limite alla conoscenza che non può mai essere sfiorato, indipendentemente dal grado di sofisticazione raggiunto dalla statistica e dalla scienza della gestione del rischio.

L’impegno di chi scrive non consiste tanto nell’affermare l’impossibilità di conoscere tali argomenti – nel corso della storia la questione generale dello scetticismo è stata sollevata da una longeva scuola di filosofi, tra cui Sesto Empirico, Algazer, Hume, e da molti altri scettici ed empiristi scettici -, quanto nel formalizzar(la) e modernizzar(la) come sfondo e postilla alla mia tesi dell’antitacchino. Perciò il mio lavoro riguarda i punti in cui si deve essere scettici e quelli in cui non occorre esserlo. In altre parole, focalizzatevi su come uscire da quel c***o di Quarto quadrante – «Quarto quadrante» è il nome scientifico che ho assegnato all’ambito del Cigno nero, quello in cui siamo molto esposti a eventi coda rari e in cui tali eventi sono impossibili da calcolare.

Purtroppo, a causa della modernità, la quota di Estramistan sta aumentando, le conseguenze del tipo chi-vince-piglia-tutto stanno peggiorando: il successo di un autore, un’impresa, un’idea, un musicista, un atleta è planetario oppure non è. Questo peggiora la capacità di fare previsioni, dato che oggi nella vita socioeconomica quasi tutte le cose sono dominate dai Cigni neri. Il nostro grado di sofisticazione ci porta continuamente oltre noi stessi, creando cose che siamo sempre meno capaci di comprendere».

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