In Cdm disegno di legge che introduce il delitto di femminicidio
Nel provvedimento norme per contrasto alla violenza sulle donne.
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Ergastolo per i femminicidi. Eccola la norma spot alla vigilia dell’8 marzo. L’hanno scritta insieme il ministro della Giustizia, la ministra delle Pari opportunità e il ministro dell’Interno. L’ha benedetta la premier, Giorgia Meloni, che ha accarezzato l’idea di presenziare nella conferenza stampa in cui sarà illustrato il provvedimento. La norma contiene solo sette articoli. Il più importante è il primo. Che introduce un nuovo articolo del codice penale, il 577 bis, in cui si prevede: “Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo”. Fine pena mai, per chi uccide una donna per motivi di odio o per reprimere la sua libertà. Sempre. A meno che non ci siano una circostanza attenuanti che prevalga sulle aggravanti. Allora la pena non potrà essere inferiore a 24 anni. Se, invece, le attenuanti sono di più e sono ritenute prevalenti, la pena non può essere inferiore ad anni quindici”.
Si tratta di una norma bandiera, molto utile alla narrazione del governo. Una norma anche un po’ inaspettata, ma in concreto poco utile: “Una potenziale vittima di femminicidio non ha interesse a sapere quale sarà la pena che avrà il suo assassino. Vuole restare viva”, osserva Emanuele Corn, ricercatore all’Università di Pavia e autore, quando lavorava all’Università di Trento, del manuale “Il femminicidio come fattispecie penale”. Il codice penale, infatti, ha già tutti gli strumenti per poter punire i femminicidi. E le pene sono già alte. La norma, ci viene spiegato, potrebbe reggere al controllo della corte costituzionale, perché c’è la specifica sulle ragioni dell’uccisione. Ma, spiega un giurista, “qualche problema con il principio di eguaglianza potrebbe ugualmente porsi”.
Tra le altre norme, compare l’aumento delle pene per i maltrattamenti: “La pena è aumentata da un terzo alla metà se”, nel caso di maltrattamenti di familiari o conviventi, si legge nel testo, se “il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. Lo si legge nella bozza del disegno di legge sull’introduzione del delitto di femminicidio. Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi – secondo la bozza del ddl – per quanto riguarda le minacce e il revenge porn. Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, pena che aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili.
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