L'Italia non è un Paese per infermieri.
Eccellenti professionisti ma sfruttati, malpagati, aggrediti.
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Le domande di iscrizione ai corsi infermieristici dal 2010 si sono ridotte del 50%. Molti fuggono all’estero, dove vengono pagati di più. E in Italia c’è una penuria di 65 mila infermieri destinata a quadruplicare con i pensionamenti. E la politica che fa? “Mette una pezza peggiore del buco”, dice Antonio De Palma di Nursing Up
Altre 4 aggressioni contro i professionisti sanitari nelle ultime 48 ore. E’ un bollettino di guerra: all’ospedale Villa dei Fiori di Acerra, provincia di Napoli, l’ennesimo raid familiare contro il personale sanitario, aggredite dottoresse e infermiere del pronto soccorso; e ancora la dottoressa colpita all’esterno dell’ospedale torinese San Giovanni Bosco, probabilmente a scopo di rapina; a Manduria (Taranto) un infermiere del 118 preso a pugni da un paziente a cui pochi istanti aveva prestato assistenza, e a Casarano (sempre in Puglia) medico e infermiere del reparto di Urologia presi a calci da un paziente. Il Nursing Up, che attraverso i suoi referenti sindacali sta monitorando le differenti situazioni, ospedale per ospedale e territorio per territorio, denuncia che in Italia il rischio di “un esodo di massa di personale dagli ospedali che è ormai dietro la porta”.
“I numeri delle nostre indagini ci dicono già che in Italia, in media, sono 8mila gli infermieri, ogni anno, che lasciano di propria sponte la sanità pubblica. Una situazione del genere, con un clima di paura e terrore, rischia concretamente di accelerare questo processo”, con “conseguenze sulla qualità delle cure”. A rinforzare i timori di Nursing Up, si legge nella nota, sono i segnali che si registrano anche a livello europeo: “Un’indagine della società Elsevier N.V. rivela che tra aggressioni, stipendi poco gratificanti e turni massacranti, il pericolo è che ognuno dei Paesi (Italia compresa), all’interno di un sistema sanitario avanzato, rischi di perdere fino a 20mila infermieri assunti a contratto a tempo indeterminato entro il 2027”. E l’Italia, nello specifico, non può permetterselo.
Quella delle aggressioni al personale sanitario, (il 32,6% degli infermieri subisce ogni anno violenze e molestie fisiche e/o verbali e il rischio di subire aggressioni è particolarmente elevato nei Pronto soccorso ospedalieri. Il 75,4% di chi ha subito aggressioni è donna, secondo un rapporto Fnopi, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), infatti, è solo la punta dell’iceberg di una situazione che ha urgente bisogno di attenzione e riorganizzazione a livello politico. Perché il mondo dei professionisti dell’assistenza sanitaria, infermieri e ostetriche su tutti, sta conoscendo un declino sempre più evidente. La carenza di infermieri in Italia è di almeno 65.000 unità, secondo la Corte dei Conti, ma nei prossimi dieci anni usciranno dalla professione per raggiunti limiti di età, rispetto al decennio precedente, almeno il quadruplo dei professionisti. L’Italia è il Paese OCSE con meno infermieri per 1.000 abitanti: 6,4 contro una media europea di 9,5 ed è fanalino di coda (sempre nell’OCSE) per laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti: solo 17 contro una media di 48. Non solo. Sono anche quelli pagati meno. Un infermiere italiano guadagna in media 34.711 euro l’anno lordi. Il dato si discosta in modo consistente sia dalla media annuale lorda di tutte le professioni del SSN (42.731 euro), sia da quella degli altri Paesi Ocse, a titolo di esempio: Svizzera 56.000 euro; Spagna 55.000 euro; Germania 59.000, Lussemburgo 100.000 euro. E pone l’Italia al 25° posto su 34 nella classifica OCSE.
Il mancato riconoscimento economico e professionale porta moltissimi professionisti a lasciare il nostro Paese per dirigersi altrove, aggravando la penuria di infermieri. “Gli altri Paesi fanno incetta di infermieri italiani perché rappresentano un’eccellenza assoluta nel panorama europeo e non solo”, spiega ad HuffPost Antonio De Palma, Presidente Nursing Up. “Ma nel nostro Paese non sono valorizzati. E così scelgono di andare in Inghilterra, in Olanda, in Francia, in Svizzera che paga anche 5000 euro al mese e da ultimo li chiamano i Paesi del mondo arabo, Emirati Arabi e Arabia Saudita mettendo loro a disposizione non solo stipendi fino a 6000 euro al mese ma anche politiche di integrazione familiare”.
Il sistema italiano, invece, pare essersi dimenticato di riconoscerne le diverse professionalità e questo pesa tantissimo sulla volontà e la possibilità che i giovani hanno di approcciare a questa professione. In Italia, dall’anno accademico 2010-2011 la perdita di attrattività della professione legata alla scarsa retribuzione e all’impossibilità di un concreto sviluppo di carriera ha portato a una riduzione progressiva della domanda, a fronte dell’aumento di posti a bando per cercare di arginare la forte carenza infermieristica. Si è giunti a 23.627 candidati per 20.337 posti a disposizione, arrivando a 1,2 domande per posto, con Regioni, specie al Nord, che registrano anche meno di una domanda per posto (dati Fnopi). “Diventare infermiere in Italia significa affrontare un percorso complesso universitario, percepire uno stipendio di 1500/1600 euro, massacrandosi in turni continuativi, in un contesto che non valorizza perché gli infermieri vengono sì formati all’eccellenza, ma sono inseriti in sistemi obsoleti che li considerano ancora come erano gli infermieri 50 anni fa”, continua De Palma. Questa miscela da un lato non attira i giovani: dal 2010 al 2024 c’è stato un abbattimento del 50% dei giovani che hanno fatto richiesta di iscrizione a infermieristica, da 46mila siamo arrivati a poco più di 20 mila quest’anno. “Poi ci sono politiche sbagliate e intempestive”, spiega ancora il Presidente di Nursing Up.
Come la creazione di una nuova figura, quella dell’assistente infermieristico prevista da un decreto del ministero della Salute ora all’esame della Conferenza delle Regioni: “La politica invece di avere il coraggio di dare agli infermieri il trattamento economico e il riconoscimento di ruolo che compete loro, pensa di creare una sottofigura, l’assistente infermiere, appunto, che si qualificherà come tale con un corso di 500 ore, lontano dalle qualifiche richieste oggi, e che andrà a svolgere tutta una serie di attività che oggi sono svolte dall’infermiere con grave danno per la qualità dell’assistenza, per i pazienti, dunque.
L’infermieristica, le professioni assistenziali sono professioni usuranti per antonomasia perché espongono l’essere umano al contatto costante col dolore e con la morte”, conclude De Palma. Un professionista che svolge turni 24 ore su 24, che non si svolgono alla scrivania, ma con la responsabilità di avere tra le mani vite umane, perché parliamo di persone che lavorano nelle sale operatorie, nei reparti della terapia intensiva, in rianimazione, nei reparti geriatrici dove è forte l’ansia, l’apprensione, la preoccupazione in ogni momento della vita lavorativa per la responsabilità che si hanno. “Se non è questa usura, turni h24, avere in mano vite umane, lavorare il doppio perché non c’è abbastanza personale, quale altra professione è tanto usurante? La politica che vuole risolvere il problema riconosca alle professioni assistenziali il ruolo usurante e poi dia agli infermieri e alle ostetriche la possibilità di lavorare con turni di servizio dignitosi, riconoscendo e valorizzando il loro lavoro. E non creando una figura alternativa, con competenze più scarse, a solo danno dei pazienti”.
di Linda Varlese su Huffpost
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