Anno: XXV - Numero 86    
Venerdì 17 Maggio 2024 ore 13:00
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UN CONGRESSO PER RIDISEGNARE IL SETTORE GIUSTIZIA

Intervento della presidente ff del Cnf Maria Masi

UN CONGRESSO PER RIDISEGNARE IL SETTORE GIUSTIZIA

Si terrà a Roma, il 23 e il 24 luglio, il XXXIV Congresso Nazionale Forense – sessione ulteriore – chiesto dall’Organismo congressuale forense (Ocf) e convocato dal Consiglio nazionale forense (Cnf), sul tema della sostenibilità della giurisdizione e della professione forense nella contemporaneità e nel futuro post-pandemico, ovvero le riforme della giustizia nelle sue proposte declinazioni, che nonostante l’accelerazione data nel corso delle ultime settimane alla sua approvazione, impegnerà il Parlamento nella discussione e votazione necessaria e funzionale per ogni legge delega.

Si tratta, per l’avvocatura, della prima occasione di confronto e dibattito in presenza – seppur limitata per esigenze sanitarie – sebbene non siano mancati, da remoto, numerosi e costanti incontri con tutte le componenti dell’avvocatura sia sulle riforme che sull’attività giudiziaria.

Il dibattito congressuale, che si svolgerà all’Hotel Ergife, prevede la partecipazione, oltre che dei delegati di cui fanno parte per diritto, dei presidenti dei Consigli dell’Ordine, delle Unioni regionali forensi, delle associazioni dei Comitati Pari Opportunità e dei Consigli distrettuali di disciplina.

Dopo mesi difficili per tutti, e straordinariamente difficili anche per la giustizia, la sessione ulteriore del Congresso può rappresentare un’occasione utile per dibattere e confrontarsi,  rappresentando anche diverse posizioni su quel tema che continua a interessarci nonostante tutti i tentativi per affievolirne il valore e la portata: la difesa delle garanzie all’interno della giurisdizione e fuori dalla giurisdizione, e anche su quanto ci coinvolge nell’esercizio del nostro ruolo con riferimento alle questioni ordinamentali.

In occasioni come queste non esiste un tema “giusto”, ma giusta sarà stata l’intenzione se saremo capaci di cogliere l’opportunità non solo di fare analisi ma anche sintesi, con un esercizio utile di medietà tra quello che ci viene proposto come unico mezzo possibile per conquistare l’Europa e quello di cui non possiamo fare a meno per preservare l’identità di un ordinamento che al suo interno può trovare le risorse necessarie al cambiamento.

Già in occasione della proposta governativa del Piano di ripresa e resilienza, l’avvocatura istituzionale aveva ritenuto di dover dare, alla fine dello scorso anno, il proprio contributo per l’individuazione degli strumenti utili al Recovery plan italiano.

La proposta del Consiglio nazionale forense partiva dal presupposto che il settore della giustizia non potesse essere revisionato soltanto in termini di bilancio e contenimento della spesa ma anzi dovesse essere rivolto costantemente al miglioramento del servizio offerto a cittadini e imprese, attraverso tre coordinate strettamente interconnesse: la razionalizzazione e semplificazione del quadro normativo esistente, l’investimento nell’organizzazione della giustizia, la formazione di professionalità di alto livello e l’implementazione di competenze specifiche degli operatori del settore.

Il carico eccessivo dei ruoli giudiziari, il peso dell’arretrato in materia civile e la conseguente eccessiva durata dei processi hanno indotto il legislatore ad adottare soluzioni volte a rendere più difficoltoso l’accesso alla giurisdizione e a ridurre le garanzie difensive invece che a migliorare il servizio offerto al cittadino.

Non è mancato il contributo dell’avvocatura sia in occasione delle audizioni sui disegni di legge di riforma della giustizia civile e penale e dell’ordinamento giudiziario sia nelle occasioni di interlocuzione con le commissioni ministeriali, nella consapevolezza che fosse ed è più che necessario il parere di chi, alla logica dell’ottimizzazione a tutti i costi, non può sacrificare garanzie ineludibili.

E invece la proposta riforma della giustizia civile, delineata dai maxi emendamenti governativi, nei contenuti, diversi anche dagli esiti già discutibili della Commissione Luiso, rischia di disattendere gli obiettivi indicati dall’Onu nell’Agenda 2030 con la garanzia di accesso alla giustizia per tutti. È difatti prevista una forte contrazione dei tempi del processo ma con il rischio che a rimetterci siano le garanzie di difesa e del potere dispositivo delle parti, configurando regimi di preclusioni, sanzioni e filtri che non possono trovare giustificazione alcuna soprattutto se proposti in un’ottica di miglioramento.

Si onerano solo i cittadini, si gravano solo gli avvocati, esponendoli a non trascurabili ipotesi di responsabilità professionale, si rende complesso e difficile l’accesso alla giustizia, quasi fosse da considerarsi “punitivo” il ricorso al giudice e alla giustizia mentre di contro non vi sono indicazioni riguardo agli organici dei magistrati, ad una migliore organizzazione e agli incarichi “fuori ruolo”, che incidono fortemente sulla efficienza della giurisdizione.

Negli emendamenti governativi ci sono sicuramente anche aspetti e proposte che meglio e maggiormente realizzano le indicazioni che l’avvocatura istituzionale e associativa hanno avuto cura di segnalare e proporre, a dimostrazione che un approccio diverso era ed è possibile se la priorità è il diritto dei cittadini.

In merito alla riforma della giustizia penale vedremo quali modifiche saranno apportate quando il provvedimento andrà all’esame dell’Aula. Intanto, se ne potrà discutere al Congresso e capiremo se la proposta governativa sarà ritenuta idonea a prevenire il rischio di violazione dei principi costituzionali e se e quanto preoccupano alcune incognite sul funzionamento dell’improcedibilità nei giudizi di appello e Cassazione.

Confidiamo sul fatto che il dibattito congressuale non si esaurisca unicamente sul tema delle riforme del processo civile e penale ma che possa affrontare anche quelle norme che coinvolgono ancor più da vicino la professione forense come l’equo compenso e la giustizia tributaria.

È, infatti, in Aula alla Camera una revisione della disciplina dell’equo compenso che oggi presenta un vulnus nel rapporto tra il professionista e i cosiddetti committenti forti. Restano, infatti, perplessità in merito all’ambito di applicazione per le imprese di grandi dimensioni. Per questo sarebbe auspicabile la corretta applicazione con poteri sanzionatori e di indagine, specialmente nei confronti dei committenti forti, inclusa la pubblica amministrazione.

Anche la giustizia tributaria è oggi al centro del dibattito politico e come tale certamente troverà il suo spazio nell’ambito del dibattito congressuale: si tratta di una riforma di urgente interesse per l’avvocatura, a patto che vada nella direzione auspicata ovvero nell’assicurare l’indipendenza della giurisdizione tributaria e un giusto processo che dia piena tutela alle ragioni dei contribuenti.

L’auspicio è che si possa cogliere anche l’opportunità di iniziare un percorso che affronti nei prossimi mesi ad ampio e specifico raggio gli aspetti evolutivi della nostra professione, le sue potenzialità sollecitando una rinnovata voglia di essere avvocati.

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