TREGUA TRA LE MACERIE
Trump annuncia l’accordo tra Israele e Hamas: cessate il fuoco, scambio di prigionieri e ritiro parziale da Gaza. Ma sul terreno si continua a morire.
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Alle 11 Israele e Hamas hanno firmato la Tregua: cessate il fuoco, scambio di prigionieri e ritiro parziale da Gaza. Ma sul terreno si continua a morire.
Dopo sessantamila morti, di cui ventimila bambini, e un anno di distruzione quasi totale, il mondo si risveglia con l’annuncio che molti attendevano — e che pochi riescono a credere: Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco. A darne notizia è stato Donald Trump, tornato protagonista della scena internazionale con la dichiarazione di una “giornata storica per la pace e la libertà”.
Secondo i dettagli diffusi dai mediatori, il piano prevede la liberazione dei venti ostaggi israeliani ancora in vita, in cambio di quasi duemila prigionieri palestinesi. Le forze israeliane cominceranno nelle prossime ore il ritiro dalla Striscia, eccezion fatta per Rafah, dove resterà una presenza “di sicurezza”. Il rilascio degli ostaggi dovrebbe avvenire entro 72 ore. Ma sul terreno, raccontano le fonti umanitarie, i bombardamenti non sono cessati del tutto: la Protezione civile di Gaza parla ancora di raid sporadici e di vittime civili, mentre l’odore di polvere e sangue copre la parola “tregua”.
A Gerusalemme, il governo israeliano si riunirà a breve per ratificare l’intesa. I ministri dell’ultradestra religiosa, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, minacciano le dimissioni, contrari a qualsiasi concessione a Hamas. Netanyahu, stretto tra la pressione internazionale e la crisi interna, tenta di reggere il fragile equilibrio del suo esecutivo. Il presidente Isaac Herzog parla invece di “una mattinata epocale”, ringraziando Trump “per la sua incredibile leadership nel creare speranza per una nuova realtà in Medio Oriente”.
Ma la nuova realtà resta ancora tutta da scrivere. Il disarmo di Hamas non è incluso nell’accordo, né lo è il rilascio di Marwan Barghouti, figura simbolo della resistenza palestinese. La Striscia è un ammasso di macerie, gli ospedali funzionano a intermittenza, e oltre un milione di sfollati non ha un posto dove tornare. Nelle strade di Khan Yunis e Deir el-Balah, i sopravvissuti guardano le rovine e si chiedono se la pace annunciata da Washington sia davvero una fine — o soltanto una pausa tra due guerre.
Trump, che annuncia una visita in Israele “nei prossimi giorni”, viene celebrato a Tel Aviv come l’artefice della tregua. Ma a Gaza, dove la gente scava ancora tra le macerie, la parola “pace” pesa come una beffa. Dopo tanta morte, anche il silenzio fa paura.
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