Anno: XXV - Numero 76    
Venerdì 3 Maggio 2024 ore 13:15
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MEDICI, ARRIVA LO SCUDO

La norma è contenuta in uno dei decreti attuativi della riforma sugli Istituti Tecnologici Superiori approvata dal Parlamento nel 2022

MEDICI, ARRIVA LO SCUDO

 

Già in settimana l’emendamento che ripropone la norma varata durante il Covid. Seguirà la riforma: l’obiettivo di Schillaci è arrivare ai processi esclusivamente nei casi di dolo

Subito, già in settimana con un emendamento al decreto Milleproroghe, è in arrivo uno scudo penale che protegga i medici dalle cause penali per colpa lieve ma anche da quelle per errori gravi quando si lavora in condizioni di difficoltà, perché manca il personale o i macchinari sono obsoleti. Una protezione che si pensa di estendere anche all’attività libero professionale. Poi tra qualche mese sarà la volta di una riforma vera e propria del contenzioso medico-legale, da un lato dando più spazio allo strumento della conciliazione, dall’altro – come è nei desiderata del ministro della Salute Schillaci, meno del titolare della Giustizia Nordio – aprire le porte del processo penale solo nei casi di dolo.

La soluzione piace ai camici bianchi, meno a chi rappresenta gli interessi dei pazienti. Come Cittadinanzattiva, che per bocca della rappresentante dell’associazione al tavolo tecnico a Largo Arenula, Valeria Fava, parla di «intervento a gamba tesa», riferendosi allo scudo di prossima emanazione, giudicando «eccessiva l’esclusione dalla sfera penale di qualsiasi caso di colpa grave, quando c’è invece da lavorare per rafforzare le misure di prevenzione del contenzioso ed estendere la copertura assicurativa di Asl e ospedali». Che, secondo una rilevazione dell’Agenas, solo nel 50% dei casi hanno stipulato polizze assicurative, per di più con franchigie che vanno dai 250 ai 500 mila euro. Resta comunque il fatto che comprendere solo il dolo nelle cause penali equivale a dire che il chirurgo che sei anni fa spaccava le ossa dei suoi pazienti per «allenarsi» verrebbe ancora condannato, mentre quello che per «grave distrazione» opera la gamba sbagliata o lascia la garza nell’addome del paziente no. Una soluzione troppo penalizzante per chi ha subito danni anche pesanti, che non piace granché a Nordio.

In attesa della riforma si va intanto verso la riproposizione dello scudo penale a tutela dei medici varato per decreto nel 2021 per il periodo di emergenza sanitaria legata al Covid. Il testo che finirebbe nel Milleproroghe specifica che «i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria, sono punibili solo nei casi di colpa grave». Specificando poi che «ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare». Eccezioni a maglia larga che renderebbero difficile perseguire legalmente i medici anche in caso di colpa grave, mentre in ogni caso, anche per la colpa lieve, resterebbe la possibilità di procedere in sede civile alla richiesta di risarcimento. «Ma sappiamo che senza una condanna penale i tempi del procedimento civile si fanno più lunghi e gli esiti incerti», afferma sempre Valeria Fava.

I camici bianchi dal canto loro plaudono allo scudo. «È giusto prevedere una norma che sollevi i sanitari dalla responsabilità penale in tutti i casi di morte o lesioni diversi dalla colpa grave, visto che oggi oltre il 90% delle cause si conclude con un nulla di fatto, incentivando però quella medicina difensiva che ogni anno costa 10 miliardi di euro per accertamenti prescritti più a tutela legale del medico che per necessità», afferma il presidente dell’Ordine dei camici bianchi, Filippo Anelli, che chiede anche «risarcimenti per i professionisti accusati ingiustamente». «Depenalizzare l’atto medico non significa sottrarsi ad eventuali responsabilità, ma per giudicare non si può partire da una presunzione di colpevolezza», afferma a sua volta Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato degli ospedalieri, Anaao, facendo così capire che l’onere della prova deve ricadere sul paziente. Per le organizzazioni mediche solo in Polonia e in Messico si può procedere penalmente. In realtà, secondo uno studio dell’associazione dei ginecologi Aogoi, è consentito anche in Francia, Belgio e Regno Unito.

Intanto la maggioranza prova a far passare per l’ennesima volta e sempre nel Milleproroghe l’allungamento dell’età pensionabile a 72 anni dei medici, pur se su base volontaria. «Una norma ad personam per soli mille medici», commenta stizzita l’Anaao. Scettico anche il governo, che non vuole irritare le organizzazioni mediche, dalle quali in cambio dello scudo penale si aspetta la disdetta dello sciopero. “I preoccupanti dati sull’andamento della pandemia Covid-19 e la sua corrente diffusione – sottolinea Pierino Di Silverio Segretario Nazionale Anaao Assomed – ripropongono l’attualità del “cosiddetto scudo penale” ritenendo che possa svolgere una funzione di richiamo alla valutazione delle situazioni emergenziali “con gli occhi della colpa grave”, come sottolineato da anni dalla giurisprudenza. Indipendentemente dalla natura dell’emergenza, epidemica o no. Va quindi ribadito il carattere generale della punibilità dei professionisti della sanità solo per colpa grave, con riguardo ai fatti commessi in una situazione di emergenza, qualunque essa sia. È un fatto notorio che la carenza degli organici, come testimoniato dalla letteratura internazionale, sia fattore di rischio di eventi avversi, e questo dato rappresenta una vera e propria emergenza”.

“È sicuramente di primaria importanza – prosegue Di Silverio – limitare, in generale, la punibilità dei reati di omicidio colposo o di lesioni personali colpose commessi dagli esercenti una professione sanitaria ai soli casi di colpa grave, come ribadito sia dalla giurisprudenza che da molti disegni di legge assegnati in Parlamento e come anche rappresentato nelle mozioni in materia di disciplina della responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie e per il superamento delle criticità connesse alla carenza di organico del personale, approvate in Aula alla Camera l’11 gennaio scorso”.

“Dobbiamo anche tener conto del notevole numero di procedimenti penali avviato nei confronti degli esercenti le professioni sanitarie, il cui esito, nella quasi totalità dei casi, si risolve con il proscioglimento, ma che ha come diretta conseguenza l’incremento della medicina difensiva con aggravio di costi per la sanità pubblica, oltre all’inevitabile ed ulteriore ingolfamento delle liste di attesa. Traendo insegnamento dalle criticità emerse durante la pandemia da Covid-19, è opportuno introdurre un riferimento all’eventuale eccezionalità del caso concreto o delle circostanze in cui lo stesso si verifica, così da evitare, per il futuro, la necessità di fare ricorso alla legislazione di emergenza.

L’accertamento circa la natura “gravemente colposa” di una determinata condotta terapeutica non può limitarsi all’eventuale adesione alle linee guida o buone pratiche di settore, ma deve basarsi anche su altri fattori, quali ad esempio, l’eccezionalità del caso concreto o del contesto in cui lo stesso si verifica, il livello di esperienza e specializzazione sia del singolo sanitario, che della struttura in cui questi è inserito, nonché le risorse concretamente messe a disposizione dell’operatore. Le oggettive carenze organizzative della struttura sanitaria in cui si verifica l’evento avverso non devono “ricadere” sugli operatori sanitari in sede di accertamento giudiziale del grado della colpa. Occorre quindi valutare la coerenza della condotta non solo rispetto alle evidenze scientifiche disponibili, ma anche alle specifiche condizioni di lavoro e alle eventuali carenze strutturali e organizzative”.

“In tale prospettiva – conclude Di Silverio – la valutazione del grado della colpa dovrebbe tener conto della particolare situazione di “emergenza lavorativa” in cui il fatto si è verificato”.

La Stampa

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