Anno: XXVI - Numero 196    
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CHI DECIDE DAVVERO IL FUTURO DELLE NOSTRE PENSIONI?

Le Casse affidano la loro sostenibilità ai rendimenti, ma i vertici spesso mancano di competenze finanziarie. Senza regole sui requisiti professionali, le scelte d’investimento finiscono nelle mani degli advisor, mentre i CdA restano formalmente responsabili.

CHI DECIDE DAVVERO IL FUTURO DELLE NOSTRE PENSIONI?

L’indagine conferma che la pianificazione, l’allocazione e la gestione delle risorse umane è nella piena responsabilità degli organi di vertice degli Enti gestori. Analizzando, infine, la composizione degli organi di vertici emerge che tutti i rappresentanti delle Casse appartengono al comparto/area professionale di appartenenza degli Enti. L’appartenenza degli organi di vertice delle Casse alle specifiche professioni cui sono legati i singoli enti può comportare in determinati casi l’assenza di una formazione professionale specifica nelle materie economiche, statistiche e giuridiche, presupposto necessario per l’efficace espletamento dell’incarico secondo professionalità, competenza e correttezza. Tali segnali di debolezza – nelle Casse di maggiori dimensioni – vengono in parte «bilanciati» dalla presenza di più adeguati assetti organizzativi e procedure” (pagg. 32 e 33).

Nella newsletter del 2-8 ottobre 2025 di MondoInstitutional si trova questa comunicazione:

MangustaRisk seleziona FIA di private debt per una Cassa di previdenza.

Ricercati FIA evergreen per l’investimento di un ammontare complessivo stimabile in 180/200 milioni di euro.

MangustaRisk Ltd, società di consulenza finanziaria per investitori istituzionali, ha avviato un processo di selezione di Fondi d’investimento alternativi (FIA) evergreen di private debt per una Cassa di previdenza italiana. Nel dettaglio, la Cassa intende selezionare e sottoscrivere fondi per un ammontare complessivo stimabile in 180/200 milioni di euro. I soggetti interessati posso inviare le proprie candidature tramite la piattaforma Nexus Alternative (https://mangustarisk.nexusalternative.com) a partire dalle ore 15 di oggi (lunedì 6 ottobre 2025) fino alle ore 11 di lunedì 20 ottobre 2025.”

Nel documento conclusivo della Commissione bicamerale di controllo sugli Enti previdenziali sul tema degli investimenti delle Casse di previdenza sta scritto che:

“Dall’analisi è emerso un significativo coinvolgimento degli advisor nel processo decisionale di investimento delle Casse di previdenza. In particolare, nel settore delle Casse di previdenza (pari a 20) operano 51 consulenti. Tale situazione potrebbe giustificarsi con la circostanza che diverse Casse hanno strutture dedicate agli investimenti molto «snelle». La presente indagine analizza gli incarichi di durata e in corso alla data del 31/12/2023. Dal ciclo delle audizioni è emersa la presenza anche di significativi incarichi spot/di natura occasionale. Gli advisor intervengono in varie fasi del processo decisionale di investimento, riconducibili sostanzialmente alle seguenti: attività di selezione/due diligence degli investimenti (ex ante); attività di ALM (49)/Asset Allocation Strategica (50)/Tattica (51); attività di risk management (52); consulenza su tematiche ESG (53) (ESG Advisor). In 5 Casse si registrano 4 tipologie di advisor; in 6 Casse ve ne sono 3; in 5 Casse 2; in 3 Casse uno; una Cassa non ha alcun advisor. Si riportano le note che sono importanti. (49) L’Asset & Liability Management (anche «ALM») individua su un orizzonte di medio-lungo periodo (tendenzialmente 10 anni), sulla base delle caratteristiche delle passività previdenziali, i possibili investimenti in grado da assicurare la continua disponibilità di attività idonee e sufficienti a coprire le passività. Gli investimenti sono «guidati» dalle passività (Liability Driven Investment– LDI). La definizione del modello di Asset & Liability Management (ALM) si basa sostanzialmente sulle previsioni/proiezioni contenute nel Bilancio Tecnico (monitoraggio della sostenibilità finanziaria di lungo periodo). (50) L’Asset Allocation Strategica (anche «AAS») individua con un orizzonte di medio periodo (generalmente 3 anni) il portafoglio modello attraverso la diversificazione degli investimenti per classi di attività, per tipologia di strumenti, per localizzazione geografica, per settore di attività, per controparti. (51) L’Asset Allocation Operativa/Tattica (anche «AAO/T») è l’implementazione su base annua degli obiettivi/investimenti per asset class indicati dall’Asset Allocation Strategica. (52) Il risk management è l’insieme di processi/metodologie e strategie di gestione dei rischi attraverso cui un soggetto economico identifica, analizza, quantifica, elimina e/o ottimizza il rapporto fra rischi/rendimenti e monitora i diversi rischi legati alla propria operatività. (53) L’acronimo ESG-Environmental, Social, Governance (Ambiente, Sociale, Governance) indica le tre aree principali con cui la finanza sostenibile si pone l’obiettivo di creare valore nel lungo periodo, indirizzando i capitali verso attività che non solo generino un plusvalore economico, ma siano al contempo utili alla società e non siano a carico del sistema ambientale.”

Ed ancora “In materia, merita sottolineare che, nonostante il significativo ricorso ad advisor, resta comunque ferma la piena responsabilità degli organi collegiali nella complessiva gestione degli Enti (ivi comprese le attività esternalizzate). Infatti, laddove l’Ente, affidi a terzi lo svolgimento di attività e di processi connessi all’attività di investimento, deve adottare misure ragionevoli per mitigare i relativi rischi. L’Ente poi deve essere in grado di controllare e monitorare le attività esternalizzate e assicurarne la continuità. Particolare importanza dovrebbero, pertanto, assumere i meccanismi legali, contrattuali, di controllo attivati dagli Enti per garantire la qualità del servizio esternalizzato (ad esempio obblighi di informativa periodica, definizione di apposite procedure/meccanismi di controllo dei rischi nelle sue diverse configurazioni, tra cui rischi di credito, di controparte, di mercato, operativi, ecc.) nonché lo svolgimento del servizio nell’interesse degli Enti stessi; le eventuali misure (Level Service Agreements, sistema di penali, clausole risolutive espresse, ecc.) previste in caso di eventi che possano compromettere la capacità di fornire il servizio, ovvero di mancato rispetto dei livelli di servizio/ obiettivi concordati.”

Per capire chi sia l’Advisor e i suoi compiti basta aprire il seguente link

 (https://www.cassaforense.it/media/1jrjyiyx/all-1-capitolato-tecnico-1.pdf) che descrive l’affidamento di Cassa Forense per l’intero 2025 e che è pubblicato sul sito istituzionale.

L’acquisto di strumenti finanziari è escluso dalla disciplina del Codice dei contratti pubblici (Decreto legislativo n. 36/2023 novellato dal D.lgs. 209/2024) poiché rientra tra gli accordi “passivi” attivi e passivi esclusi, come specificato all’articolo 19, comma 1, lettera d). L’esclusione è giustificata dalle peculiari caratteristiche dei prodotti finanziari e dalla necessità di non interferire con la politica economica.

Torniamo alla comunicazione di cui sopra.

Siamo ad una selezione di FIA, acronimo per Fondi di Investimento Alternativi.

Trattandosi di FIA non è necessaria la gara secondo il Codice degli appalti (e questo anche quando se mai dovesse essere pubblicato l’emanando regolamento sugli investimenti per le Casse di previdenza, non trattandosi di servizio di investimento ma di strumento).

Nel caso di specie se MangustaRisk ha avuto dalla Cassa di previdenza l’incarico di consulenza in materia di investimenti, può raccogliere il materiale di gara sulla sua piattaforma per poi metterlo integralmente a disposizione della Cassa di previdenza committente.

MangustaRisk fornirà alla Cassa di previdenza le sue osservazioni / raccomandazioni di investimento e il CdA dovrà decidere se, e come, allocare.

Per i contratti per l’acquisto di titoli e strumenti finanziari (art. 56, comma 1, lettera i del d.lgs. 36/23) trattandosi di contratti esclusi la trasparenza delle movimentazioni / operazioni finanziarie è assicurata ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 33/2013 mediante la pubblicazione dei bilanci nell’apposita sottosezione di “amministrazione trasparente” tra le cui voci tali forme di impiego finanziario vengono già ricomprese.

La selezione di un FIA è un processo di gestione se delegata a un GEFIA. Sono definite GEFIA, le persone giuridiche che esercitano abitualmente la gestione di uno o più FIA (fondi di investimento alternativi).

Un advisor, solo se autorizzato, può fornire il servizio di consulenza in materia di investimenti, formulando a chi deve decidere, raccomandazioni di investimento.

Ed è a questo punto che arriviamo al CdA della Cassa di previdenza.

La domanda che io mi pongo è la seguente: i componenti del CdA, ai quali spetta la decisione, hanno le competenze professionali specifiche per decidere in merito a quale FIA scegliere rispetto alla selezione operata da MangustaRisk o alla fine, chi decide è MangustaRisk?

Le conclusioni che si possono ricavare leggendo il report della Commissione bicamerale di controllo per me sono chiare, ma invito i miei lettori a leggersi il report e a valutarle al seguente link file:///C:/Users/Segretaria/Downloads/COMMISSIONE-PARLAMENTARE-di-controllo-sullattivita-degli-enti-gestori-di-forme-obbligatorie-di-previdenza-e-assistenza-sociale.pdf 

Dato che tra non molti anni la sostenibilità delle Casse di previdenza dipenderà dagli investimenti del patrimonio nel frattempo accumulato, più che dai contributi degli attivi, si pone in tutta la sua attualità il tema della professionalità negli investimenti da parte degli organi di governo delle Casse di previdenza dei professionisti.

Una riconferma di quanto vado scrivendo nelle dichiarazioni rese dal Presidente Oliveti di Enpam e di Adepp alla rivista DottNet dell’8 ottobre 2025 per il quale “Per i prossimi 15 anni è atteso un saldo previdenza negativo dovuto all’aumento dei pensionati e alla penuria di nuovi contributi. L’effetto sui bilanci sarà mitigato dai guadagni degli investimenti e per alcuni anni consumeremo un po’ di patrimonio, che del resto abbiamo accumulato apposta.

Ricordo che per facilitare la partecipazione degli investitori istituzionali nei mercati regolamentati è stata estesa la qualifica di investitore professionale di diritto privato anche alle Casse di previdenza dei liberi professionisti, ma, aggiungo io, non si sono previsti specifici requisiti di competenza e professionalità per chi ha in mano la gestione del patrimonio degli iscritti, obbligati per legge, ad esserlo.

Infatti L’art. 15, che modifica l’art. 6, comma 2- quater, lettera d), numero 1, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, ha esteso agli Enti previdenziali privati e privatizzati la qualifica di controparti qualificate ai fini della prestazione dei servizi di investimento. Come ricorda il Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato per controparti qualificate si intendono clienti con i quali l’intermediario che presta i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti, e/o negoziazione per conto proprio, e/o ricezione e trasmissione di ordini, può determinare o concludere operazioni senza essere tenuto – salvo un diverso accordo con il cliente – all’osservanza degli obblighi di cui alla direttiva MiFID II (Markets in financial instruments directive (2004/39/EC)). Si assimilano allora le Casse di previdenza alle Sim (Società di Intermediazione Mobiliare) e imprese di investimento UE, alle banche; alle imprese di assicurazione; agli gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio), ai fondi pensione; agli intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’art. 106 del Testo unico bancario (TUB); agli istituti di moneta elettronica; alle fondazioni bancarie; ai Governi nazionali e loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico; alle banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico. Così come indicato nella Relazione illustrativa si vuole così conferire maggiore attenzione alla categoria degli investitori professionali, che in Italia potrebbe essere ampliata in modo da favorire il flusso di investimenti verso i mercati dei capitali. L’inclusione delle Casse, prosegue la Relazione, tra le controparti qualificate eviterà a tali Enti e alle controparti con cui interagiscono le procedure e i costi connessi alla necessità di vedersi riconosciuti come “clienti professionali su richiesta” e a cui non corrispondono effettivi benefici in termini di protezione e tutela, così riconoscendo in via definitiva le conoscenze e le esperienze di mercato che li contraddistinguono. La Relazione precisa, inoltre, che si tratta, in ogni caso, di Enti che sono sostanzialmente già investitori professionali e che hanno capacità di valutare in maniera adeguata i propri investimenti.

Un investitore professionale è una persona fisica o giuridica che possiede l’esperienza, le conoscenze e l’espertise necessarie per prendere le proprie decisioni di investimento e valutare adeguatamente i rischi associati a tali decisioni. Un investitore professionale deve soddisfare determinati criteri, stabiliti nell’Allegato II della Direttiva 2014/65/UE (MiFID II).

La Borsa definisce intermediario colui la cui attività caratteristica è quella di investire un patrimonio per conto di un soggetto che si trova in surplus finanziario.

Peccato che per tutti gli investitori istituzionali siano richiesti specifici requisiti di professionalità e nulla per le Casse di previdenza!

È una anomalia del sistema ma come è stato detto autorevolmente “il diritto vale fino ad un certo punto”.

È singolare che la Consob e la Banca d’Italia non si pongano questo problema vigilando sulle Casse di Previdenza, quali investitori istituzionali ma, altrettanto, per i Ministeri vigilanti sulle Casse di previdenza.

Ricordo, altresì, che è in allestimento un emendamento diretto a superare i limiti del regolamento europeo GBER per ampliare la definizione di fondo di venture capital e sbloccare fino a 2 miliardi gli investimenti in questo asset, da parte delle Casse di previdenza e dei Fondi pensione per allinearci al trend di Francia e Germania.

È notizia di questi giorni che è stato approvato in Consiglio dei Ministri il primo decreto legislativo di riforma del Testo Unico della Finanza.

Dalle prime bozze che sono circolate emerge come il private capital sia finalmente uno strumento riconosciuto come parte integrante del mercato finanziario. Ci fa anche piacere che ci sia un accesso semplificato all’investimento nel mondo del non quotato attraverso l’assetto della società in accomandita per azioni che si ispira al modello della limited partnership anglosassone. Peraltro, anche nella direttiva AIFMD (Alternative Investment Fund Managers Directive) si sancisce la possibilità di costituire sia veicoli in forma contrattuale (fondi) che veicoli in forma societaria. Questo darà maggior flessibilità per far partire operatori più piccoli, preziosi per sostenere il nostro sistema di piccole medie imprese e per l’arena del venture capital.

Il capitale di ventura richiede le migliori professionalità sul mercato per coglierne i rischi e le insidie che incorpora.

Per contro il Legislatore si è preoccupato dei requisiti di professionalità solo per i Fondi pensione, che sono volontari e non obbligatori, con il Regolamento per l’accertamento dei requisiti di professionalità e onorabilità (DM 108/2020), in vigore dal 19 settembre 2020, riferimenti normativi art. 5-sexies, d.lgs 252/2005 così come modificato dal d.lgs 147/2018 DM Lavoro 108/2020 e si tratta di requisiti stringenti in tema di competenze nelle materie economico/finanziarie.

I requisiti di professionalità per gli amministratori dei fondi pensione includono, infatti, conoscenza ed esperienza nel settore previdenziale, finanziario, assicurativo, e la frequentazione di un corso professionalizzante. Questi requisiti sono definiti dal DM 108/2020 e vengono verificati dall’organo di amministrazione entro 30 giorni dalla nomina o rinnovo, con invio a COVIP per il controllo. Si apra il link seguente https://share.google/Xhvourd2f17Wuf2Pe 

Nulla di tutto ciò, fino ad oggi, per il mondo delle Casse di previdenza dei professionisti, sprovviste di regole cogenti negli investimenti e di requisiti stringenti di professionalità per gli organi di governo.

E non è che siano mancate le proposte perché nel corso della XVIII Legislatura, la Commissione bicamerale con relatore Nannicini, nella sua indagine conclusiva del 5 ottobre 2022, così scriveva: “In particolare, la Commissione valuta positivamente un aggiornamento del decreto legislativo n. 509 del 1994 e del decreto legislativo n. 103 del 1996 prevedendo, ad esempio:

– l’introduzione dei modelli di corporate governance tipizzati dal codice civile ossia: 1) il modello tradizionale; 2) il modello monistico; 3) il modello dualistico. 

In sintesi, sarebbero gli Enti stessi, nel rispetto della loro autonomia organizzativa e finanziaria, ad esercitare la propria facoltà di scelta tra i tre sistemi di amministrazione e controllo previsti dal codice civile per le società per azioni;

– l’introduzione di requisiti di professionalità, di onorabilità degli organi sociali e gli effetti/sospensione derivanti dalla perdita degli stessi;

– l’introduzione di criteri di nomina (ad esempio il voto di lista), di composizione e di genere degli organi sociali;

– l’introduzione di regole di comportamento degli organi sociali tra cui i poteri di denunzia dell’organo di controllo di irregolarità al Tribunale, alla Covip e alla Commissione;

– l’introduzione di un sistema di remunerazione degli organi di vertice degli Enti collegato con i risultati dell’Ente stesso e da rendere pubblico e trasparente per il pubblico, per gli iscritti e per gli eventuali beneficiari delle prestazioni;

– la valorizzazione del sito internet dell’Ente quale canale per pubblicare e mantenere aggiornate le informazioni rilevanti per il pubblico, per gli iscritti e per gli eventuali beneficiari delle prestazioni;

– l’ulteriore valorizzazione del ruolo delle Associazioni di categoria e dei codici di comportamento”.

Da ultimo ricordo che Cass. Civile, Sez. Unite del 01.04.2020 n. 7645 ha affermato che: “Il pregiudizio arrecato al patrimonio della Fondazione ENPAM è un danno a risorse pubbliche, e dunque un danno erariale, la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti, perché – quantunque trasformato in fondazione con personalità giuridica di diritto privato e con autonomia gestionale, organizzativa e contabile – l’Ente ha mantenuto un carattere pubblicistico, essendo chiamato a svolgere l’attività istituzionale (che si colloca nel quadro tutelato dall’art. 38 Cost.) di previdenza ed assistenza obbligatoria in favore di una particolare categoria di lavoratori, alla quale si accompagna l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione da parte degli iscritti, e come tale è sottoposto ad una penetrante vigilanza ministeriale e al controllo della Corte dei Conti, è qualificato organismo di diritto pubblico e compreso tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato”.

Emblematica, al riguardo, la vicenda del prof. Maurizio Dallocchio il quale dopo l’assoluzione penale per prescrizione, è stato completamente scagionato di responsabilità per mala gestio dalla Corte dei Conti: “La perdita di 65 milioni sui CDO non fu responsabilità sua perché, in rapida sintesi, se si fosse arrivati alla naturale scadenza del 2016, l’Enpam avrebbe ottenuto invece un rendimento.” (Cfr Corte dei Conti 88/2023).

I requisiti di professionalità per le Casse di previdenza sarebbe un tema da porre nel programma degli Stati Generali della Previdenza a Roma del 16 ottobre al teatro Barberini, ma non credo troverà ingresso anche se sul punto proprio la Bicamerale di controllo ha scritto:

L’indagine conferma che la pianificazione, l’allocazione e la gestione delle risorse umane è nella piena responsabilità degli organi di vertice degli Enti gestori. Analizzando, infine, la composizione degli organi di vertici emerge che tutti i rappresentanti delle Casse appartengono al comparto/area professionale di appartenenza degli Enti. L’appartenenza degli organi di vertice delle Casse alle specifiche professioni cui sono legati i singoli enti può comportare in determinati casi l’assenza di una formazione professionale specifica nelle materie economiche, statistiche e giuridiche, presupposto necessario per l’efficace espletamento dell’incarico secondo professionalità, competenza e correttezza. Tali segnali di debolezza – nelle Casse di maggiori dimensioni – vengono in parte «bilanciati» dalla presenza di più adeguati assetti organizzativi e procedure” (pagg. 32 e 33).

I consiglieri di amministrazione di una cassa di previdenza sono responsabili della gestione patrimoniale, del rispetto della legge e dello statuto, e della garanzia dell’equilibrio finanziario. La responsabilità è di tipo solidale tra i consiglieri per le decisioni prese, ma è possibile evitarla dimostrando di aver votato contro o di aver cercato di impedire azioni dannose. Inoltre, possono incorrere in responsabilità sia civili che penali in caso di inadempienza. 

Cassazione civile , sez. un. , 15/07/2024 , n. 19466

Le fondazioni di diritto privato trasformate, ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994 , in enti di previdenza ed assistenza obbligatoria a favore delle categorie di professionisti alle stesse iscritte sono dotate di organi di gestione e controllo. Nel caso in cui tali organi si rendessero responsabili di infrazioni, la giurisdizione sulla relativa controversia appartiene al giudice ordinario, se finalizzata al risarcimento del danno patrimoniale ed alla tutela del patrimonio dell’ente.

Oggi parlare di sostenibilità a 50 anni credo che non abbia francamente valore” afferma il Presidente Oliveti, presentando gli Stati generali della Previdenza, ma non è così perché, senza la garanzia finale dello Stato alla quale le Casse, volontariamente hanno rinunciato, chi si iscrive oggi ha davanti a sé un percorso lavorativo di 35 anni e almeno 15 di pensione e 35+15=50!!

Oltre alla proiezione attuariale a 50 anni, serve anche un continuo monitoraggio supplementare, da espletarsi attraverso un appropriato sistema di indicatori finanziari, vale a dire un ulteriore valido strumento di controllo utile non solo a prevenire dissesti finanziari, ma anche a comprendere le eventuali ulteriori azioni che possono essere espletate a beneficio degli iscritti secondo principi di equità ed adeguatezza.

Per la IA: “Le casse di previdenza devono essere sostenibili per garantire la loro capacità di erogare pensioni e prestazioni ai propri iscritti nel lungo termine. Una gestione sostenibile è fondamentale per assicurare che il sistema sia in grado di far fronte alle future esigenze, considerando l’aumento dell’aspettativa di vita e l’equilibrio tra contributi versati e pensioni erogate. La sostenibilità implica anche la gestione dei rischi finanziari e il mantenimento del valore del patrimonio della cassa, spesso attraverso investimenti che coniugano rendimento economico, impatto sociale e ambientale.”

Chi si iscriverebbe ad una Cassa di previdenza se non fosse garantita la sostenibilità almeno a 50 anni?

Il patto generazionale, che sta alla base del sistema di finanziamento a ripartizione, non è solo un ideale astratto, ma una pratica concreta che le Casse di previdenza devono adottare anche negli investimenti, specialmente quando gli asset sono rischiosi, con possibili ritorni negativi per le future generazioni.

 

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