Trump-Zelensky, la sfida si gioca a Washington
Il presidente ucraino a Washington con i leader europei per incontrare Donald Trump.
In evidenza
Sul tavolo: garanzie di sicurezza, pressioni russe su Donetsk e il rischio di un compromesso al ribasso.
Quella di oggi dalle 19 alle 21 ore italiane sarà una giornata di quelle che possono segnare una svolta. Volodymyr Zelensky torna alla Casa Bianca, sei mesi dopo l’infuocato scontro con Donald Trump che a febbraio aveva lasciato l’immagine di un’alleanza occidentale spaccata. Oggi il presidente ucraino arriva però con un’arma diversa: non è solo, lo accompagna un vero e proprio parterre di leader europei e il segretario generale della Nato, Mark Rutte.
Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Keir Starmer, Friedrich Merz e Alexander Stubb hanno risposto all’appello e siedono a fianco di Kiev. L’idea è chiara: evitare un nuovo “uno contro uno” tra Zelensky e Trump, e presentarsi uniti davanti a un presidente americano che finora ha mostrato di voler accelerare verso una pace rapida, anche a costo di spingere l’Ucraina a dolorose concessioni.
L’ombra di Donetsk
Il punto più spinoso resta la richiesta russa di un riconoscimento formale di Donetsk. Vladimir Putin, al vertice in Alaska, ha messo sul piatto la cessione della regione come condizione per un cessate il fuoco. Una proposta che Zelensky ha già definito “impossibile”, ricordando come la Costituzione ucraina vieti qualsiasi scambio territoriale. «Putin non ha conquistato Donetsk in dodici anni di guerra — ha dichiarato ieri a Bruxelles — e non ci riuscirà neppure adesso».
L’asse europeo
Per l’Europa, questo vertice è anche un banco di prova interno. Macron avverte: «Non si tratta solo della sicurezza dell’Ucraina, ma di quella della Francia e dell’intero continente». Ursula von der Leyen alza ancora di più l’asticella: «Dobbiamo trasformare Kiev in un porcospino d’acciaio, indigesto a chiunque voglia aggredirla». Giorgia Meloni, nella “call dei Volenterosi” con altri leader europei, ha ribadito la linea italiana: «Mantenere la pressione sulla Russia e costruire garanzie solide e credibili».
Le mosse di Trump
Trump arriva al vertice con un obiettivo dichiarato: ottenere risultati rapidi. L’ex presidente ha escluso un futuro ingresso dell’Ucraina nella Nato e lascia intendere che una parte della soluzione passi per un compromesso territoriale. Posizione che preoccupa le cancellerie europee, convinte che ogni cedimento su Donetsk aprirebbe la strada ad altre pretese di Mosca.
A rendere il clima ancora più teso c’è il precedente di febbraio, quando l’incontro nello Studio Ovale degenerò in uno scontro verbale tra Trump, Zelensky e il vicepresidente JD Vance. Una ferita ancora aperta, che tutti oggi vogliono evitare di riaprire.
Una giornata a tappe
Il programma prevede prima il bilaterale tra Trump e Zelensky, poi l’ingresso degli altri leader per la sessione allargata e infine un pranzo di lavoro. Ore di trattative serrate, che dovranno rispondere a una domanda cruciale: fino a che punto Washington è disposta a garantire la sicurezza dell’Ucraina?
Il bivio dell’Occidente
Se da un lato gli Stati Uniti cercano un accordo che possa fermare la guerra, dall’altro Kiev e l’Europa temono che la fretta americana finisca per legittimare le mire espansionistiche di Mosca. «Putin non vuole la pace, ma la capitolazione di Kiev», ha avvertito Macron.
Il summit odierno potrebbe quindi diventare un passaggio storico: o sancirà una nuova unità transatlantica attorno all’Ucraina, o metterà in evidenza le fratture tra Europa e Stati Uniti. E da questo dipenderà non solo il futuro di Donetsk, ma l’intero equilibrio di sicurezza in Europa.
Altre Notizie della sezione
Anche il fantasma di Gelli aleggia sulla giustizia italiana
19 Novembre 2025È morto da dieci anni, ma ancora gli riconosciamo uno straordinario potere: quello di rendere buona o cattiva una causa, a seconda che l'approvi o l'avversi.
Magistrati in barricata.
18 Novembre 2025Per il Csm, solo per il Csm, per nient’altro che per il Csm Il no alla separazione delle carriere è evocativo: nessuno teme per l’indipendenza dei pm. Quello che non si manda giù è che i membri togati dei due Consigli siano estratti a sorte, togliendo potere alle correnti (ma il sorteggio non è poi così male)
Povera Schlein. Era più facile battere Berlusconi che Meloni
17 Novembre 2025Cinque motivi per cui lei è più solida di lui: il sostegno dei media (incredibile ma vero), l’establishment, l’opposizione interna eccetera. E tra l’altro non si capisce da che cattedra i predecessori diano lezioni alla segretaria.
