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Mattarella preoccupato per Kiev (e per il governo)

L’ancoraggio all’Europa, l’europeismo fiero ispirato al manifesto di Ventotene, sono tra i “principi irrinunciabili” di Mattarella. Ein queste ore cruciali, la premier tentenna. E negli ultimi giorni ha lanciato segnali poco incoraggianti,

Mattarella preoccupato per Kiev (e per il governo)

Sono ore difficili per Sergio Mattarella. Il presidente è descritto “preoccupato”. L’Europa è minacciata da Donald Trump che vuole “abolirla” e da Vladimir Putin che intende annientarla. E, di riflesso, si sta facendo decisamente complicata la posizione di Giorgia Meloni che continua a ripete, a dispetto della manifesta ostilità americana contro la Ue, quanto sia importante “il legame” con gli Usa. Equilibrismo allo stato puro.

Una situazione che il capo dello Stato “segue con attenzione”. L’ancoraggio all’Europa, l’europeismo fiero ispirato al manifesto di Ventotene, sono tra i “principi irrinunciabili” di Mattarella. Tant’è, che il Presidente li ha ricordati anche ieri commemorando Arnaldo Forlani. Invece, in queste ore cruciali, la premier tentenna. Resta fuori dal vertice di Londra tra il premier britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Merz e Volodymyr Zelensky. Perché sospettata di collaborazionismo con il nemico Donald? O Meloni è troppo trumpiana per partecipare al summit che poteva apparire come una sfida al tycoon? Ciò che è certo è che il Presidente è preoccupato. Ma non ha poteri per intervenire: la politica estera è in capo al governo.

I segnali di Giorgia non sono incoraggianti. Qualche settimana fa ha detto ”no”, in nome dell’”interesse nazionale”, all’abolizione del diritto di veto per superare il pantano dell’unanimismo che affossa la Ue. Quello in cui sguazza il sovranista Viktor Orbàn, l’amico di Trump e Putin. Poi Meloni, quando venerdì il tycoon ha disegnato la sua strategia e ha annunciato, come fosse la cosa più normale del mondo, il disimpegno dalla Nato e la volontà di “coltivare la resistenza” all’Unione dei suoi amici sovranisti come l’ultradestra dell’Afd tedesca, i francesi di Sbardella, Orban, Matteo Salvini e compagnia (che a questo punto possono essere tranquillamente considerati nemici in casa), la premier ha minimizzato. Ha detto che l’”Europa deve difendersi da sola”.

Un rilancio europeista? Difficile crederlo. Perché poi ieri Giorgia non è andata da Starmer a Londra, dove un sussulto d’Europa almeno si è avvertito. Perché si tiene lontana e diffidente dai progetti di difesa comune europea. Perché dice no all’uso del Mes (il famoso fondo salva Stati la cui operatività è bloccata da anni dall’Italia) per sbloccare la grana degli asset russi. E, non ultimo, perché la premier tiene il pedale del freno tirato per quanto riguarda le spese per la difesa e il sostegno militare a Kiev. Lo sa bene il ministro Guido Crosetto che giovedì scorso ha visto rinviato il nuovo decreto per gli armamenti.

In questo quadro, oggi a Roma, arriva Zelensky. Per il presidente ucraino sono ore drammatiche. E’ a davanti a un bivio: cedere i territori del Donbass a Putin, come gli intima di fare Trump, oppure continuare la guerra. Ma senza, anzi, contro l’America. Così Volodymyr si aggrappa disperatamente all’Europa. L’Unione è la sua ultima speranza per evitare la resa. Ma l’Unione è unita? L’Europa è disposta a sostenere ancora, economicamente e militarmente la guerra di Kiev? Questo è il nodo. Questo è il dilemma che assilla Zelensky.

A Londra il leader ucraino ha ricevuto l’abbraccio di Francia, Germania e Regno Unito. Ma non dell’Italia. Così, dopo una nottata a Bruxelles a cercare rassicurazioni da Ursula von der Leyen e dal segretario generale della Nato Mark Rutte, il capo di Kiev questo pomeriggio busserà alla porta di palazzo Chigi per chiedere aiuto. Meloni ancora ieri sera ha parlato di “pace giusta” e di “garanzie per la sicurezza” dell’Ucraina. Ma ha sorvolato sulla questione dei territori del Donbass che Trump vuole cedere ai russi. E non è stato un bel segnale per Zelensky.

Mattarella, però, in queste ore starebbe cercando di motivare, in senso europeista, Meloni. Forse proverà anche a farle capire che di uno come Trump non ci si può fidare. Tra i sovranisti non esiste la formula “amici per sempre”. E che dunque non è il caso di archiviare la tradizione europeista dell’Italia per un alleato del tutto inaffidabile. “Seguiamo tutto con attenzione”, filtra da Quirinale.

di Alberto Gentili su Huffpost

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