Il miracolo: che qualcuno ancora voti
Allarme di Mattarella sull’astensionismo. Le spiegazioni sono molte: le ideologie che sono finite, il livello politico che si è abbassato,
le rigenerazioni che non rigenerano. E nessuno che prende in considerazione l’allarme.
Più di qualcuno è rimasto deluso perché venerdì, rivolgendosi alle alte cariche, Sergio Mattarella non ha sfidato l’America né bacchettato il governo, tantomeno ha parlato di legge elettorale o della manovra economica. Il presidente si è sbilanciato invece sulla scarsa affluenza al voto che nelle ultime Regionali è precipitata al 45 per cento degli aventi diritto. E visto che li aveva tutti davanti, da Giorgia Meloni a Elly Schlein, da Giuseppe Conte a Matteo Salvini, comprese vecchie glorie come Mario Draghi e Fausto Bertinotti, il capo dello Stato ha invocato una riflessione sul fenomeno astensionista che ai suoi occhi rappresenta un guaio in quanto, di questo passo, un’infima minoranza di cittadini deciderà per gli altri. Le istituzioni saranno sempre meno partecipate. La democrazia resterà in sospeso.
Se Mattarella ha ragione, bisogna chiedersi come mai ciò accade, per quale motivo la gente non approfitta della fantastica possibilità di scegliersi i leader e, piuttosto che recarsi al seggio, sempre più spesso preferisce andare in spiaggia, al limite dalla suocera. Ci sono libri e sondaggi sull’argomento. Studiosi serissimi hanno indagato mettendo in fila le spiegazioni, alcune addirittura epocali come la crisi delle ideologie, il declino dei miti che esercitavano un’attrazione sulle masse e le incendiavano alla scadenze elettorali, chi promettendo il sol dell’avvenire chi puntellando la tradizione. Fedi politiche cadute in disgrazia trascinando nella fossa i partiti-chiesa (tra parentesi, anche le chiese sono vuote). Né alle vecchie visioni che trainavano il mondo se ne sono sostituite di nuove altrettanto allettanti; semplicemente si è creato un vuoto di pensiero. Zero sogni, zero mobilitazione elettorale.
Sta venendo meno la speranza, o l’illusione, che la democrazia ci cambi la vita. Che le decisioni si prendano nei Parlamenti e non altrove, in un altrove incerto, inafferrabile. Molti non votano perché tanto sarebbe inutile, fatica sprecata: il pianeta va dove vuole, a prescindere da ciascuno di noi. Del resto, chi comanda nel tempo attuale? I turbo-capitalisti? I padroni del web? I narcotrafficanti? I broker di Wall Street? Le multinazionali? Il Deep State? I poteri forti? Di sicuro non i rappresentanti del popolo. Non le istituzioni la cui sovranità viene erosa dall’alto e dal basso nell’indifferenza, anzi nel compiacimento collettivo. A volte in un vero tripudio di folle come con Mani Pulite, quando la politica venne commissariata dalle toghe in quanto corrotta. Doveva essere la rigenerazione, fu l’avvio della fine.
Dopo l’orgia purificatrice la vita pubblica non è diventata più linda, semmai più sporca, quasi infrequentabile. Sinonimo di casta, di privilegio, di malaffare da cui le persone ammodo stanno alla larga, né si fanno coinvolgere dalla politica rischiando la carriera e a volte anche la galera. Le élite cosiddette hanno abdicato lasciando progressivamente il campo ai narcisi, a quanti adorano i riflettori, spesso agli incapaci, ai falliti nelle rispettive mansioni, agli scappati di casa che nella narrazione in voga vengono paracadutati in Parlamento non perché bravi ma in quanto obbedienti ai rispettivi leader (grazie un sistema elettorale bloccato). A conferma di quanto sia bassa l’autostima, si sono perfino tagliati lo stipendio da deputati e da senatori, ridotti a loro volta nel numero complessivo. Ed è il serpente che si morde la coda perché più cala il livello più monta il discredito, cresce la sfiducia nei nostri eroi che alimentano il teatrino mediatico sbeffeggiando e venendo insultati, gettandosi fango l’un l’altro nei talk-show, sui social. Chi vuoi che compri il biglietto.?
Lunga è la lista dei perché la gente si astiene. C’è l’imbarazzo della scelta. Il bipolarismo ha brutalizzato la lotta, ridotta a guerra tra “ultras”, a scelta tra estremismi spesso beceri dove domina la propaganda. I moderati di ogni razza si domandano: noi che c’entriamo? Astenersi è una tentazione. Tanto più che chi vince poi non mantiene, finisce puntualmente per regolarsi come i bistrattati predecessori nel nome del realismo, dei conti in ordine, delle alleanze internazionali cui non si può deflettere. C’è chi, abboccando a promesse poi rimangiate, ha finito per votarli tutti uno per uno: centro, sinistra e destra, grillini compresi; ultimi i nipotini del Duce; dopodiché non saprà a quale santo votarsi perché avrà esaurito le possibilità di scelta.
La democrazia, si dice, ha fatto il suo tempo: meglio gli autocrati che vanno per la maggiore e ce ne sono ovunque. Da noi uno vale uno, quindi non conta nulla nessuno. Oppure l’uno vale l’altro, quindi tanto vale. Continuando di questo passo, per inerzia, ecco il vero miracolo: che in futuro si vada ancora a votare. Che qualcuno ci creda, nonostante tutto. E guarda caso, l’allarme di Mattarella sulla partecipazione passata di moda, sulla disaffezione che dilaga, non ha avuto alcuna eco nei palazzi. L’indifferenza più totale.
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