Il Garante per la privacy è diventato un Tribunale politico.
Lo ha detto il conduttore di ‘Report’ Sigfrido Ranucci, parlando a ‘Un giorno da pecora’. “Abbiamo visto che nei provvedimenti loro agiscono in in base ad una sensibilità politica”. “Dopo quello che è emerso – ha aggiunto – è difficile che possano continuare a prendere decisioni diverse dalla logica con cui le hanno prese in questi giorni”.
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La segretaria del Pd chiede le dimissioni dell’intero Collegio e una ripartenza senza cui “sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini”
Giorgia Meloni replica che non è di sua competenza.
“Sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione dell’Autorità Garante per la Privacy che rende necessario un segnale forte di discontinuità” afferma la segretaria del Pd, “penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio. Le inchieste di Report hanno rivelato un sistema gestionale opaco, caratterizzato da numerosi conflitti di interesse e da una forte permeabilità alla politica. Senza un azzeramento e una ripartenza sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini nell’istituzione che deve tutelarne i diritti e assicurare la necessaria terzietà del collegio, anche rispetto alla politica”.
“L’autorità è eletta dal Parlamento, non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l’autorità” replica Giorgia Meloni, “è una decisione che casomai spetta al collegio. Però una cosa la voglio dire: questo garante è stato eletto durante il governo giallorosso, quota Pd e M5s, e ha un presidente in quota Pd, dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se il Pd e i 5 stelle non si fidano di chi hanno messo all’Autorità per la Privacy, non se la possono prendere con me, forse potevano scegliere meglio”.
Meloni “risponde da burocrate” dicono gli esponenti M5S in Vigilanza Rai. “Abbiamo chiesto a Giorgia Meloni di parlare, ma se questa è la risposta, era meglio se restava in silenzio. Di fronte alle gravi ombre che avvolgono il Garante della Privacy, Meloni si trincera dietro la burocrazia, dicendo che non è competenza del governo. Una risposta da impiegata del potere, non da presidente del Consiglio. Non una parola sulle accuse, non una presa di distanza dai rapporti diretti che Agostino Ghiglia intratteneva con lei e con sua sorella. Non un segno di responsabilità istituzionale, nulla. Noi, a differenza sua, quando emergono dubbi così profondi sulla correttezza di un organo pubblico, chiediamo che chi è coinvolto faccia un passo indietro. Meloni invece resta a guardare, come se nulla fosse. Così facendo difende il membro del garante che lei stessa ha piazzato lì e che le mandava messaggini e faceva visita a sua sorella a Via della Scrofa. E lo fa senza vergognarsi”.
Le dimissioni del Garante per la Privacy dopo l’inchiesta di Report sarebbero “una grande sconfitta”, afferma Sigfrido Ranucci, ospite oggi di Un Giorno da Pecora su Rai Radio Uno. “L’inchiesta svela un’anomalia che conoscevamo da tempo: ha fatto comodo alla politica la gestione delle Authority così. Credo che sia un problema serio in Italia”, che tra l’altro “limita seriamente la libertà di stampa”. In Parlamento “devono approvare la mozione sulla libertà di stampa: tengano un faro acceso sul finanziamento delle Autorità, un passaggio chiave sul ruolo e sulla libertà di informazione”. “Qualcuno dice che abbiamo fatto questa inchiesta dopo la sanzione decisa dal Garante: solo chi sa di tv può intuire che un’inchiesta così non si fa in tre giorni. Sono anni che abbiamo segnalazioni da tantissimi colleghi di carta stampata e tv, che ritengono di aver subito valutazioni non eque, sul funzionamento degli uffici del Garante, evidentemente c’è qualcuno all’interno dell’ufficio che ha detto: basta con questo andazzo” aggiunge il conduttore di Report. “Abbiamo documentato fatti non smentibili e cioè il fatto che l’Autorità è diventata nel tempo una sorta di tribunale politico dove i garanti decidono in base alle senbilità politiche, ai conflitti di interessi, ai giochi clientelari. Dopo quello che è emerso è difficile che possano continuare a prendere decisioni diverse dalla logica con cui le hanno prese in questi giorni”, ha sottolineato, rispondendo a una domanda sulla richiesta di dimissioni del Garante avanzata in particolare dalla segretaria del Pd Schlein. Quanto al fatto che gli esponenti del Garante siano nominati dalla politica, “è un altro paradosso”. Peraltro però “dipende sempre dallo spessore della persona: veniamo da un ufficio che ci ha invidiato il mondo, quello di Stefano Rodotà, che intendeva la tutela della privacy anche come tutela dall’intromissione politica”. “Ora che la politica chiede di fare un passo indietro, loro vogliono far passare il messaggio che sono indipendenti e quindi non accettano ordini dalla politica”.
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