Violenza sessuale, alert di Ocf sulla legge: «Così è inquisizione»
Intanto Schlein sollecita il governo a rispettare l’accordo sulla riforma del 609-bis, mentre in Senato proseguono le audizioni e cresce lo scontro politico.
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Mi aspetto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni faccia rispettare l’accordo che abbiamo raggiunto e che ha visto tutta la maggioranza e l’opposizione votare all’unanimità una norma con una piccola grande rivoluzione culturale, perché dice che ogni atto sessuale fatto senza il consenso è violenza, è stupro». È Elly Schlein a rilanciare la sfida sulla riforma del reato di violenza sessuale, “congelata” al Senato dopo il via libera della Camera.
La leader dem prende parola nel corso di un flash mob organizzato ieri dalle opposizioni di fronte a Montecitorio: iniziativa assunta per protestare contro il ddl Valditara, il testo di iniziativa governativa sul consenso informato in ambito scolastico, approvato alla Camera nelle stesse ore in cui a Palazzo Madama si svolgevano le audizioni sulla legge che modifica l’articolo 609 bis del codice penale e introduce il principio del consenso “libero e attuale”. L’extra- time di pareri, richiesto dalla maggioranza, si è chiuso ieri con il secondo round in commissione Giustizia.
Dopo gli interventi di Ucpi, Anm e dell’avvocato Guido Camera, auditi martedì, ieri è toccato al presidente della terza sezione penale della Cassazione Vito Di Nicola, che ha espresso subito «apprezzamento per il modello congegnato dalla Camera». Una soluzione dalla quale emerge «un cambio netto di paradigma rispetto al passato, dal modello coercitivo a quello consensuale». La riforma supera l’idea di violenza come espressione di una forza fisica invincibile, secondo un orientamento già consolidato dalla giurisprudenza di legittimità. Che negli ultimi dieci anni aveva anticipato il legislatore ponendo al centro il concetto di consenso.
Questo non vuol dire, per Di Nicola, che una norma non sia necessaria: è il Parlamento a decidere. Innanzitutto, sul tipo di consenso che si vuole introdurre, nel divario tra un modello “affermativo soft” e un modello “affermativo puro”. Il primo «esige un consenso chiaro e univoco ma anche tacito», spiega Di Nicola, mentre il secondo, riassumibile nella formula solo sì è sì, esige un consenso esplicito. Con «il rischio di ingessare i rapporti intimi».
Operare una scelta non può che spettare al legislatore, spiega Di Nicola. Come ribadisce anche l’Organismo congressuale forense: «È necessaria una risistemazione complessiva della disciplina, servono norme chiare, che rispettino il principio di tassatività Su questo punto batte anche Carlo Morace, componente dell’Ufficio di coordinamento di Ocf, il quale ha messo in luce le maggiori criticità rilevate rispetto al processo: «Il rischio è andare verso un modello di accertamento sommario, che non consente approfondimenti, fondato sulla acquisizione della prova, la sola dichiarazione della persona offesa,
che introduca l’assenza di una chiara manifestazione del consenso, con l’impossibilità di fornire prova contraria da parte dell’accusato, in presenza di casi ibridi che lasciano spazio all’errore sul consenso o alla colpa». Lo vediamo in Spagna, argomenta Morace, dove il nuovo modello fondato sul consenso esplicito porta il giudice, nei casi dubbi, ad «affermare la consapevolezza quando l’imputato non riesca a dimostrare che c’è stata una chiara manifestazione del consenso, con un ribaltamento dal punto di vista processuale dell’onere probatorio».
Dunque, «sarebbe più in linea con un diritto penale del fatto prevedere un dissenso riconoscibile», spiega Ocf. «Si opti per il modello tedesco, no è no, che mette al centro la libertà di autodeterminazione della persona, ma rende più concreto il fatto punibile, già deprivato della costrizione mediante violenza e minaccia».
Francesca Spasiano su Il Dubbio
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