Studi legali e gestione della conoscenza: un "tesoretto" poco sfruttato
I dati sulla propensione all'innovazione delle professioni del Polimi
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Avvocati preparati in fatto di smart working (se pur adottato in via informale); ma meno forti su quello che potrebbe rappresentare il “core” della professione, il Knowledge Management. L’attività di condivisione e la messa a fattor comune della conoscenza coltivata in studio, si affaccia negli studi professionali ma meno di uno su dieci ha un sistema strutturato di raccolta, organizzazione e condivisione delle informazioni utili allo studio. Di questi, solo il 40% lo affida a figure dedicate. La propensione innovativa degli studi professionali, tra cui quelli legali, è stata rilevata nel consueto rapporto su Innovazione e Professionisti dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata ieri al convegno online “Covid-19, dall’emergenza insegnamenti per il futuro delle professioni”. L’Osservatorio ha analizzato un campione di oltre 3.300 studi professionali multidisciplinari, legali, commercialisti e consulenti del lavoro, di grandi (oltre 30 persone), medie (da 10 a 30 persone), piccole (da 3 a 9 persone) e micro (meno di 3 persone) dimensioni per indagare la diffusione di Smart Working e Knowledge Management nelle professioni giuridico-economiche. Partiamo da questo aspetto, in particolare. Gli studi professionali non sono consapevoli di quanto la competenza sia anche un asset comunicativo (sapete come la penso al riguardo: il content e la competenza sono gli asset principali su cui basare la propria comunicazione professionali), con risvolti positivi anche in fatto di Business development. E men che meno, ne sono consapevoli gli avvocati. Infatti, oltre la metà degli studi non rende pubbliche le informazioni raccolte, tre su quattro non valutano la conoscenza acquisita, con punte del 72% fra i micro studi e gli avvocati, mentre i più aperti sono gli studi multidisciplinari e di grandi dimensioni (rispettivamente il 19% e il 32% le pubblicano sui propri siti e social). Ad eccezione dei grandi studi, che lo fanno nel 50% dei casi, e degli studi multidisciplinari (26%), oltre tre professionisti su quattro non effettuano valutazioni della conoscenza acquisita perché non lo ritengono utile o non sono in grado di farlo. In meno di uno studio su dieci è presente un sistema di Knowledge Management strutturato: grandi studi e consulenti del lavoro sono i più avanzati, con rispettivamente il 7% e il 6% che ha sviluppato un sistema della conoscenza articolato, seguiti da studi multidisciplinari (5%), commercialisti (4%), micro e piccoli studi (3%), avvocati (2%) e studi medi (1%).
Tratto da Altalex
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