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Se l’avvocato resta nell’Albo non ha mai diritto alla pensione di anzianità

Una pronuncia della Cassazione ribadisce l’inderogabilità del principio pure in un caso del tutto particolare come quello di un legale che aveva lavorato anche come dipendente e che era stato penalizzato dal mancato trasferimento dei contributi da parte dell’Inps

Se l’avvocato resta nell’Albo non ha mai diritto alla pensione di anzianità

Nell’ordinanza 27049 del 2023, la Cassazione ha stabilito che se un avvocato continua a esercitare la libera professione, precludendosi la possibilità di conseguire la pensione di anzianità, non è legittimato a richiedere un risarcimento del per il presunto danno derivatogli dalla mancata percezione di quella pensione che non ha diritto di richiedere a causa della mancata cancellazione dall’albo.

La vicenda

Nel caso specifico, un avvocato aveva ottenuto il ricongiungimento dei contributi previdenziali presso l’Inps, in base alla legge 45/1990. Successivamente, il professionista ha intentato una causa contro Inps e Cassa forense per ottenere la rivalutazione dei periodi trascorsi come dipendente dell’Ilva, con esposizione all’amianto, ai fini previdenziali. Il Tribunale di Taranto, in prima istanza, ha riconosciuto al professionista il diritto alla rivalutazione dei contributi, condannando l’Inps a versare tali contributi a Cassa forense.

In un successivo procedimento, l’avvocato ha richiesto alla stessa Cassa forense il risarcimento del danno derivante dal mancato riconoscimento del diritto alla pensione di anzianità. Il Tribunale, in questo caso, ha stabilito che il professionista soddisfaceva i requisiti per ottenere la pensione di anzianità e ha concesso il risarcimento del danno derivante dalla mancata costituzione della pensione da parte di Cassa forense, respingendo la richiesta di quest’ultima relativa al mancato trasferimento dei contributi da parte dell’Inps. La Corte d’appello ha confermato questa decisione.

La sentenza della Cassazione

Giunti dinanzi alla Suprema corte, la difesa di Cassa forense ha sollevato tre questioni. Innanzitutto ha sottolineato che la pensione di anzianità è subordinata alla cancellazione dall’albo professionale e alla conseguente cessazione dalla professione. In secondo luogo, ha affermato che senza il trasferimento dei contributi da parte dell’Inps, la Cassa non avrebbe potuto completare la procedura di ricongiunzione. Terzo, ha sottolineato che il professionista aveva continuato a lavorare come avvocato a pieno reddito, guadagnando in modo ingiustificato sia l’equivalente della pensione che il reddito da lavoro.

La Cassazione ha ammesso il ricorso presentato da Cassa forense e ha quindi valutato se il comportamento dell’Ente previdenziale fosse contrario alla legge tanto da giustificare un risarcimento. In primo luogo, la sentenza ha negato che Cassa forense avesse violato la legge, sottolineando che la 45/1990 stabilisce precisi obblighi procedurali per la gestione previdenziale in cui l’avvocato intenda concentrare la propria posizione assicurativa. Questi obblighi includono la richiesta alla gestione di provenienza e l’interazione con la parte richiedente, basata sulla leale collaborazione tra le due gestioni.

In secondo luogo, i giudici di legittimità hanno escluso la possibilità di configurare un danno risarcibile corrispondente alla pensione di anzianità non erogata da Cassa forense: perché un danno sia risarcibile, è necessario che il diritto sia irrimediabilmente pregiudicato e che il suo titolare non possa più richiedere il riconoscimento di tale diritto. Ma in questo caso, il diritto alla pensione di anzianità non era stato negato in modo permanente, giacché i contributi necessari non erano stati neppure trasferiti. Inoltre, mancava una delle condizioni essenziali per ottenere la pensione di anzianità: la cancellazione dall’albo degli avvocati.

La Cassazione ha pertanto stabilito che un avvocato che continui a esercitare la professione, impedendo il raggiungimento della pensione di anzianità, non può richiedere un risarcimento basato su quella pensione a causa della mancata cancellazione dall’albo. La sentenza sottolinea che tale argomento risponde a un imperativo logico e alla necessità di ristabilire la situazione del danneggiato senza permettere arricchimenti ingiustificati al di fuori dei parametri legali.

Da Il Dubbio

 

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