Le Camere penali: L’emergenza non può giustificare la contrazione dei diritti
La Giunta dell’Ucpi in riunione permanente: «specifici profili di incostituzionalità» nella smaterializzazione del processo

L’emergenza non può giustificare la compromissione dei diritti ed è per questo che la smaterializzazione dell’udienza penale, prevista dal decreto “Cura Italia”, presenta «specifici profili di incostituzionalità». A denunciarlo è la Giunta dell’Unione delle Camere penali, convocata in riunione permanente. Una disciplina «innanzitutto incompatibile con i principi di oralità e immediatezza» che impedisce il «contraddittorio» e mortifica la «corretta dialettica» processuale. Le problematiche, secondo i penalisti, diventano ancora più evidenti in relazione alla camera di consiglio: la modalità remota, infatti, non darebbe «nessuna garanzia di collegialità», dal momento che ogni giudice partecipa da casa propria, senza contare i rischi legati alla possibile diffusione di dati sensibili. La Giunta ha dunque avviato una discussione sulle possibili regole da proporre al governo per regolare la fase due dell’emergenza, evitando di cedere «a semplificazioni giustizialiste, oggi in nome del rischio di contagio, domani in nome di una delle tante gridate emergenze sollevate dai populisti e dai propugnatori dell’odio sociale». Fondamentale è garantire l’accesso telematico del difensore agli sportelli di segreteria e alle cancellerie per il deposito di istanze, liste testi, memorie e impugnazioni e con la possibilità di procedere con lo stesso mezzo alla richiesta e al ritiro delle copie degli atti processuali, come già anticipato peraltro da alcuni protocolli. La Giunta, nei giorni scorsi, ha prodotto un documento col quale ha invitato il Governo e tutte le forze politiche «al rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e delle garanzie difensive, che non possono essere violati con l’introduzione di norme liberticide che nulla hanno a che vedere con lo stato di emergenza del Paese e che affondano le loro radici in una concezione autoritaria ed inquisitoria del processo e nel mal celato intento di divenire regola ordinaria», richiamando l’esecutivo «ad affrontare con senso di responsabilità, determinazione ed urgenza la situazione carceraria, adottando tutti i provvedimenti da tempo ripetutamente richiesti e indifferibilmente necessari».
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