L’avvocatura è per la separazione delle carriere
L’intervento del presidente del Consiglio nazionale forense all’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti.
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“C’era qualche impedimento che aveva complicato la mia presenza all’inaugurazione dell’anno giudiziario delle Camere penali, ma ho ritenuto di non poter mancare. Ma non potevo mancare, perché volevo che si sapesse che l’impegno per la separazione delle carriere non è soltanto degli avvocati penalisti, ma è un impegno di tutta l’avvocatura italiana. È un percorso iniziato oltre vent’anni fa: chi ritiene che l’Unione delle Camere penali abbia assunto una posizione di comodo, o strumentale, si sbaglia, perché è una strada che l’Unione percorre da tanti anni, e lo ha fatto anche quando l’obiettivo non sembrava realizzabile.
Questo obiettivo comune riguarda le fondamenta della nostra civiltà giuridica, un rafforzamento del giusto processo. Se l’articolo 111 della Costituzione – modificato proprio per inserire il principio del giusto processo – non trova ancora piena attuazione, è proprio perché non vi è questa separazione tra giudice e pubblico ministero. Il processo in Italia non è un processo giusto, e non potrà mai esserlo, fino a quando nel processo ci saranno due colleghi e un estraneo.
Le parti del processo – accusa e difesa – devono essere equidistanti rispetto al giudice, e oggi non lo sono. È un principio che riguarda la tutela del nostro Stato di diritto, ed è un risultato che dobbiamo raggiungere, che dobbiamo ai cittadini. Sia chiaro: la separazione delle carriere si basa su un principio ancora più generale, che è quello dell’uguaglianza. E fino a quando non tutte le parti del processo saranno uguali al cospetto della legge e al cospetto del giudice, non avremo un processo giusto.
Ed è bene che tutti i cittadini sappiano che quella delle carriere uniche è un’anomalia tutta italiana. Perché a parte qualche rara eccezione, nelle civiltà democratiche più avanzate le carriere non sono unite. La magistratura inquirente e quella giudicante appartengono a due ruoli differenti. Quella italiana è un’eccezione, un’anomalia, appunto, che gli avvocati italiani chiedono di risolvere. Ed è bene chiarire che non è in discussione il principio dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura: un principio sacrosanto che per noi avvocati è insopprimibile, insuperabile. Nessuno di noi vuol mettere in discussione questo principio di garanzia e di libertà per tutti i cittadini.
E allora forse occorre affrontare il tema con maggiore serenità. E proprio per questo oggi vorrei invitare nuovamente la magistratura a un momento di riflessione, ad aprirsi al dialogo, al dibattito con le parti del processo e quindi con gli avvocati. E soprattutto, a revocare l’astensione proclamata per il 27 febbraio, che è un’astensione contro l’esame in Parlamento di un disegno di legge discusso secondo il percorso più democratico che possa esistere. Credo si tratti di un percorso compiuto nel pieno rispetto della volontà democratica dei cittadini e dei princìpi di democrazia. Mi auguro che si revochi quella giornata di astensione, che si accetti il dialogo. Noi avvocati siamo pronti a dialogare di tutto e su tutto nell’interesse superiore della nazione, della giustizia nel nostro paese. Si ricominci a dialogare, abbandonando posizioni aventiniane che non giovano a nessuno, e non giovano soprattutto alla giustizia e alla libertà del nostro paese”.
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