Anno: XXVI - Numero 203    
Mercoledì 22 Ottobre 2025 ore 14:15
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Cosa serve sapere sugli impianti zigomatici, vantaggi e procedure

Gli impianti zigomatici sono una tecnica nata per chi non dispone di osso sufficiente nell’arcata superiore.

Cosa serve sapere sugli impianti zigomatici, vantaggi e procedure

Nell’implantologia contemporanea c’è una frontiera che ha cambiato il destino di molti pazienti con atrofia mascellare severa: gli impianti zigomatici. Tecnica nata per chi non dispone di osso sufficiente nell’arcata superiore, consente di riottenere denti fissi senza passare dai tempi lunghi e dall’incertezza dell’innesto osseo. Il loro tratto distintivo è l’ancoraggio allo zigomo, una struttura densa e stabile che regge il carico con affidabilità. La promessa è forte: carico immediato, recupero funzionale rapido, percentuali di successo molto alte. Ma come si arriva davvero a quel giorno in cui si torna a masticare e parlare con sicurezza?

Quando l’osso non basta: che cosa sono gli impianti zigomatici

Gli impianti zigomatici utilizzano perni più lunghi dei convenzionali (fino a 55 mm) per raggiungere l’osso malare sotto l’occhio, aggirando i limiti dell’osso mascellare riassorbito. Spesso si inseriscono in configurazioni ibride ispirate all’All-on-4: due impianti “classici” anteriori e due inclinati verso lo zigomo, così da garantire stabilità primaria alla protesi provvisoria e poi a quella definitiva. L’obiettivo è ripristinare una dentatura fissa in presenza di severa atrofia e scarsa disponibilità ossea, riducendo al minimo procedure additive.

Pianificazione digitale: TAC e modello 3D

La selezione non è casuale. Si parte con una TAC a bassa dose per misurare spessori e altezze, mappare i seni mascellari e costruire un modello 3D dell’area zigomatica. Da queste immagini si ricava un percorso chirurgico: punti d’ingresso, traiettorie, profondità. La pianificazione permette di prevedere la posizione delle fixture con precisione millimetrica, limitando tempi intraoperatori e rischi. A volte si stampa un modellino stereolitografico della mascella, utile per simulare la procedura e definire il posizionamento protesico.

L’intervento: accesso controllato, ancoraggio allo zigomo, protesi provvisoria

In sala operatoria si procede con scheletrizzazione mirata: si sollevano i tessuti molli per esporre l’osso zigomatico, quindi si prepara il sito con frese dedicate lungo il tragitto pianificato. Le viti in titanio vengono ancorate allo zigomo, si sutura e, nel caso idoneo, si esegue il carico immediato con una protesi fissa provvisoria. La durata media si aggira sulle due ore e mezza. La protesi provvisoria resta in sede per circa tre mesi, il tempo necessario alla osteointegrazione e alla maturazione dei tessuti, prima del passaggio alla definitiva.

Perché sceglierli: benefici clinici e funzionali

Il vantaggio decisivo sta nell’evitare l’innesto osseo, che richiede più interventi e tempi d’attesa lunghi. L’osso zigomatico, poco soggetto a riassorbimento legato all’età o alla malattia parodontale, offre un ancoraggio solido e prevedibile. Ne derivano:

  • Tempi ridotti: meno fasi chirurgiche e riabilitative.
  • Carico immediato nei casi idonei, con ripresa di fonazione e masticazione a breve distanza dall’intervento.
  • Alta prevedibilità: tassi di successo riportati tra 98% e 100% in centri con esperienza.
  • Disagio post-operatorio contenuto, grazie a un protocollo focalizzato sulla stabilità primaria.

A chi si rivolgono: candidati e scenari tipici

Il profilo-tipo include pazienti edentuli o con denti compromessi, riassorbimento mascellare marcato, fallimenti pregressi di innesti o impossibilità di eseguirli. Sono frequenti i casi post-traumatici e quelli con parodontite avanzata. L’idoneità resta una decisione clinica: contano qualità residua dei tessuti, anatomia dei seni mascellari, condizioni generali di salute e aspettative del paziente rispetto all’estetica e alla manutenzione.

Dolore, effetti collaterali e rischi da conoscere

L’intervento si esegue in anestesia con sedazione: la sensazione intraoperatoria è controllata. Nel decorso possono comparire gonfiore, dolore locale, cefalea o sinusite transitoria; talvolta alterazioni della sensibilità o fastidi al volto. Con terapia mirata e irrigazioni nasali i sintomi tendono a regredire in pochi giorni. Il rischio più serio, seppur poco frequente, resta il fallimento dell’osteointegrazione, che impone la rimozione e la rivalutazione del piano.

Cosa si mangia e come ci si prende cura dell’impianto

Subito dopo, meglio preferire consistenze morbide e semi-liquide, avanzando gradualmente fino alla dieta ordinaria nell’arco di 4–6 settimane secondo indicazioni cliniche. La igiene orale è cruciale: spazzolino a setole morbide, scovolini, irrigatori e richiami periodici in ambulatorio. Stile di vita equilibrato e controllo del fumo aumentano la prospettiva di lunga durata dell’impianto, che in molti casi supera i 10–15 anni.

Quanto dura e quando togliere un impianto zigomatico

La durabilità dipende da fattori sistemici, igiene e abitudini. Nei pazienti anziani, l’orizzonte può coprire l’intera vita residua. Se l’osteointegrazione non avviene o la vite va incontro a frattura da sovraccarico, si procede alla rimozione e a una nuova pianificazione. La tempestività dei controlli riduce gli esiti sfavorevoli.

Orientarsi tra centri e opzioni terapeutiche

La scelta della struttura pesa quanto la tecnica. Team con casistica ampia, imaging avanzato e protocolli protesici chiari garantiscono più controllo sugli esiti. In quest’ottica, per chi si muove in Sicilia orientale, è possibile rivolgersi al Centro ROA, studio dentistico a Catania per un inquadramento clinico e la valutazione degli impianti zigomatici all’interno di un percorso diagnostico strutturato. L’ancoraggio allo zigomo, la gestione dei seni mascellari e il disegno protesico richiedono competenze dedicate; la consulenza serve a capire se il profilo anatomico rientra nei criteri per il carico immediato o se è preferibile una strada alternativa.

Il punto chiave che decide tutto

Più della singola vite conta la pianificazione protesico-guidata: si parte dalla bocca che si vuole ottenere, si torna indietro fino all’osso disponibile e si disegna l’intervento perché forma, funzione e estetica coincidano. Il resto—tempi, materiali, numero di impianti—segue da lì.

 

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