Anno: XXVI - Numero 227    
Martedì 25 Novembre 2025 ore 13:30
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Il sistema di calcolo contributivo e le sue criticità.

Garantire equità e tutele future.

Il sistema di calcolo contributivo e le sue criticità.

“Le principali criticità del sistema contributivo includono l’incapacità di garantire pensioni adeguate, specialmente per chi ha carriere lavorative frammentate o a basso reddito, e il rischio di assegni pensionistici molto bassi per i giovani. Inoltre, il sistema è influenzato da fattori come il basso tasso di crescita economica, l’invecchiamento demografico, la scarsa adesione alla previdenza complementare e l’impatto della disabilità sulla carriera previdenziale.

Criticità specifiche

  • Ineguatezza delle pensioni: Il sistema penalizza carriere instabili, discontinue o a basso reddito, garantendo pensioni molto basse. L’importo della pensione è legato all’ammontare dei contributi versati e al successo della carriera.
  • Rischi per le nuove generazioni: I giovani, che spesso affrontano carriere più fragili, sono esposti a un rischio concreto di pensioni inadeguate.
  • Impatto del mercato del lavoro e della demografia: La sostenibilità del sistema è minacciata dall’invecchiamento della popolazione e dal conseguente squilibrio tra lavoratori e pensionati.
  • Debolezza della rivalutazione del montante: La rivalutazione del montante contributivo, legata all’andamento del PIL, può risultare bassa, portando a importi pensionistici ridotti rispetto al sistema retributivo.
  • Scarsa correlazione con l’aspettativa di vita individuale: I coefficienti di trasformazione si basano sull’aspettativa di vita media, non tenendo conto delle differenze individuali legate al lavoro (es. lavori usuranti).
  • Criticità legate alla disabilità: Il sistema attuale non affronta adeguatamente l’impatto della disabilità sulle carriere previdenziali, necessitando di meccanismi per neutralizzare gli effetti negativi delle carriere discontinue e garantendo una prestazione adeguata.
  • Mancanza di adesione alla previdenza complementare: La scarsa adesione ai fondi pensionistici integrativi aggrava il problema, poiché il sistema contributivo da solo non riesce a garantire una vecchiaia serena per molti lavoratori.
  • Rigidità e precarietà normativa: La rigidità dei requisiti di accesso e la precarietà di alcune misure rendono il quadro normativo incapace di dare certezza e prevedibilità ai lavoratori.”

Le pensioni di domani sono a rischio per migliaia di persone, se non si introducono elementi di solidarietà per cambiare il puro calcolo contributivo.

Per esempio giovani con lavori discontinui, donne precarie, chi affronta periodi di disoccupazione può avere una pensione molto bassa, per questo è sempre più urgente un intervento di correzione del sistema.

Il sistema di calcolo contributivo garantisce la sostenibilità del sistema perché non regala nulla, come avveniva nel calcolo retributivo, ma pone evidenti problemi di adeguatezza delle prestazioni.

Tutti oggi si interrogano.

Cosa fare?

Intanto bisogna andare verso una correzione di rotta e cioè eliminare il divieto di integrazione al trattamento stabilito dalla Legge 335/1995.

Il divieto, infatti, introdotto dall’art. 1, comma 16, della Legge n. 335/1995, di integrare al minimo le pensioni interamente calcolate con il sistema contributivo ha rappresentato, sin dall’origine, uno degli aspetti più critici della riforma previdenziale del 1995.

Si trattava di una scelta normativa netta, che ha messo a dura prova il delicato equilibrio tra i principi di solidarietà e di corrispettività su cui si fonda il nostro sistema previdenziale. Per lungo tempo, tuttavia, gli effetti di questa esclusione sono rimasti attenuati, anche grazie alla persistenza del sistema di calcolo “pro quota” (sistema misto), che ha consentito a molti assicurati di conservare una componente retributiva sufficiente ad attivare l’integrazione al minimo.

Con il passare degli anni e il consolidarsi delle carriere interamente contributive, i nodi sono però venuti al pettine. La portata reale di quel divieto ha cominciato a manifestarsi in tutta la sua rigidità, evidenziando effetti distorsivi e discriminatori, soprattutto a danno dei lavoratori con percorsi professionali discontinui o economicamente deboli.

Recentemente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 94/2025 ha dichiarato la illegittimità del divieto per quanto riguarda la pensione di invalidità.

Per Stefano Patriarca occorre:

“Una riforma per l’adeguatezza delle pensioni dei giovani

  • Le precondizioni
  • Contenimento della spesa nel breve e stabilizzazione finanziaria nel medio lungo
  • Miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro
  • Politiche di invecchiamento attivo
  • Gli strumenti
  • La contribuzione

– un sistema revisionato di contribuzione figurativa ed un fondo di solidarietà per il sostegno delle basse contribuzioni (solidarietà tra generazioni)

– Il superamento degli ostacoli alla flessibilità contributiva

  • La gestione dell’innalzamento dell’età di pensionamento

– L’aumento dell’età come garanzia dell’adeguatezza e della stabilità

– 3 livelli di ingresso + la gestione della flessibilità in uscita prima dell’età di vecchiaia

  • Le diversificazioni necessarie

– Lavoro di cura, condizioni di salute, gravosità del lavoro, assenza di reddito

  • Un nuovo rapporto tra primo pilastro e previdenza complementare

non solo e non tanto integrare la pensione pubblica al momento dell’età di vecchiaia ma strumento di gestione di risparmio collettivo per la gestione di redditi ponte

  • Un meccanismo di pensione di garanzia – trattamento minimo di garanzia.”

Per la CGIL:

“La Cgil propone una pensione contributiva di garanzia per giovani e lavoratori discontinui, una vera flessibilità in uscita che riconosca i lavori gravosi e il lavoro di cura, e il blocco dell’automatismo legato all’aspettativa di vita.”

La proposta delle ACLI:

“La riforma pensioni 2025 emerge come un momento cruciale nel panorama delle politiche previdenziali italiane, con il Patronato Acli che propone una revisione in chiave di maggiore flessibilità e tutela sociale. Al centro delle loro proposte vi è la possibilità di anticipare l’età pensionabile a 63 anni e l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani, che affronti le problematiche del sistema contributivo puro. Nel contesto attuale, dove le carriere lavorative sono spesso discontinue e i giovani rischiano marginalizzazione previdenziale, queste misure rappresentano tentativi di bilanciare equità e sostenibilità. La richiesta di flessibilità pensionistica mira a supportare categorie fragili e stimolare il ricambio generazionale, contrastando così l’invecchiamento della forza lavoro e la disoccupazione giovanile, elementi critici per la vitalità del mercato del lavoro italiano. Inoltre, la proposta di riconoscere la pensione anche con 20 anni di contributi estende la platea di beneficiari, riconoscendo realtà lavorative più frammentate e precarie. Tale criterio inclusivo mira a garantire percorsi dignitosi di uscita dal lavoro e a ridurre esclusioni dal sistema previdenziale. Parallelamente, l’introduzione della pensione di garanzia per i giovani nata dopo il 1996 è una proposta innovativa che risponde alla necessità di evitare nuove povertà in età avanzata, riconoscendo contributi figurativi e integrando gli assegni previdenziali più bassi.

È inoltre importante sottolineare il focus sulle tutele per i soggetti deboli mediante il riconoscimento del lavoro di cura e la lotta al lavoro nero, temi chiave per assicurare equità di genere e validità contributiva. Le proposte Acli, pur accolte con interesse, sollevano dibattiti sulla sostenibilità finanziaria e l’efficacia pratica, ma costituiscono un percorso verso un sistema più equo, moderno e inclusivo.

La riforma pensioni 2025 rappresenta dunque una sfida complessa che necessita di dialogo approfondito tra istituzioni, sindacati e società civile, con l’obiettivo di preservare dignità e sicurezza sociale per tutte le generazioni.”

La mia proposta.

Una pensione minima a tutti i lavoratori, gestita e garantita dallo Stato, promuovendo poi, capillarmente, lo sviluppo della previdenza complementare.

Per le Casse di previdenza, accorpamento per economie di scala.

 

 

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