Eutanasia all'italiana
Evoca un modo di dire che divenne popolare grazie ad un film di Pietro Germi “Divorzio all’italiana”.
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Quando in Italia il divorzio era illegale: i più “culturalmente” disperati praticavano il delitto d’onore per “liberarsi” del coniuge, presupponendo infedeltà; reato considerato meno grave dell’omicidio e che in Italia fu abolito nel 1981 (!), mentre tutt’oggi è in vigore in alcuni Paesi.
Eutanasia all’italiana è quella che spesso viene praticata nel silenzio e con complicità di medici e non solo nei confronti di persone che “implorano” di porre fine alla loro vita sofferente. Poi c’è anche la variante dove, chi eutanasizza una persona, si uccide a sua volta o cerca di farlo.
È il caso oggi alle cronache. Un quasi novantenne nella zona di Lodi che ha eutanasizzato sua moglie ottantenne e che, senza successo, ha tentato di suicidarsi. Ora è incriminato per omicidio volontario.
In un Paese dove l’84% degli italiani sarebbe favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia, oggi siamo alle prese ancora con fatti come questi. A cui il legislatore intende rispondere con una legge che è specchio di cattiveria umana e istituzionale. Nonostante due sentenze della Corte Costituzionale perché venga riconosciuto il diritto individuale, il legislatore le ha ignorate: il diritto è previsto solo per chi è in un programma di cure palliative, nessun supporto dal Servizio Sanitario Nazionale, e la valutazione di una comitato di nomina governativa sull’eventuale istigazione al suicidio di chi ha aiutato il suicida.
La logica del “divorzio all’italiana”, la negazione della libertà dell’individuo su se stesso, uscita dalla porta principale dopo anni di battaglie civili, rientra dalla finestra per l’eutanasia.
Articolo di Vincenzo Donvito Maxia
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