È un flop annunciato, la carenza di medici non si risolve cambiando il test
La Bernini dice che “la riforma di medicina sta scardinando le lobbies”, ma il recente flop del semestre filtro dimostra che la riforma non funziona.
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Il recente flop agli esami di ammissione a medicina è solo la punta dell’iceberg di un sistema che va rinnovato sviluppando una più adeguata visione d’insieme della formazione in medicina.Alla prima sessione di 3 esami, di 31 domande ciascuno secondo i dati diffusi dai singoli atenei, una percentuale tra l’83% e il 92% dei 53.033 studenti, per 19.757 posti disponibili, non ha superato il punteggio minimo obbligatorio. Quindi si può affermare che il nuovo sistema di sbarramento dopo il semestre filtro non ha funzionato.
Il rischio che ne consegue è quello di non riuscire a riempire tutti i posti disponibili, per cui serpeggia la voce che si potrebbe chiudere un occhio sulla preparazione degli studenti, concedendo loro una sanatoria che con il tempo i singoli atenei dovranno colmare.
Sono i dati a far emergere il problema: a Bari (534 posti a bando) sono risultati idonei solo 218 studenti su 2.655. A Milano Statale (728 posti a bando) gli idonei sono stati solo 293 su 3.560 partecipanti. Complessivamente, dopo la prima sessione, solo 7.000 studenti su 19.707 posti totali hanno ottenuto “il pass” per iscriversi a medicina. Gli altri ci hanno riprovato il 10 dicembre, ma dovranno attendere il 23 dicembre per conoscere i risultati, con la consapevolezza che questa sarà l’ultima opportunità per quest’anno di poter diventare medici.
Le modalità delle due sessioni erano, giustamente, le medesime. Durata di tre ore per tre diversi esami: chimica e propedeutica biochimica, fisica e biologia; 45 minuti a disposizione per ciascun esame, con un intervallo di 15 minuti. Ogni esame prevedeva 31 domande, di cui 15 a risposta multipla e 16 a completamento. In quanto a complessità delle domande, le difficoltà previste erano analoghe per entrambe le sessioni, essendo state già pensate in precedenza.
Due sintomi avevano comunque fatto sospettare il possibile flop: da un lato un decreto-legge, successivo al bando di concorso, che riduceva da -0,25 a -0,10 il punteggio delle risposte sbagliate e quindi ne riduceva il peso negativo. Nello stesso tempo la riduzione di quanti, pur partecipando al semestre-filtro nelle diverse sedi e nelle diverse modalità, si erano poi effettivamente iscritti agli esami, evidentemente temendo la possibile bocciatura: 53.033 studenti su 62.238.
Una lettura analitica dei risultati ottenuti dagli studenti evidenzia carenze ben precise: la percentuale di promossi è del 22-23% in chimica e biologia, e solo del 10-15% in fisica. Il che pone alcuni interrogativi ben precisi, che non investono solo gli studenti ma anche le metodologie di insegnamento, la tipologia delle domande poste, il tempo disponibile per riflettere in sede d’esame, le esercitazioni pratiche per affrontare problemi concreti.
E in alcuni casi sono risultati erronei anche alcuni criteri di correzione, come è avvenuto davanti alle domande che richiedevano il completamento di una frase ma esigevano solo una parola, mentre utilizzarne due o ricorrere ad un sinonimo avrebbe dato una risposta comunque accettata dai docenti.
E infine c’erano alcuni errori inseriti nelle domande stesse, come quello sulla densità dell’acqua e del legno, in cui cm e metri cubi sembrano configgere tra loro, errori, sviste, che in ogni caso hanno confuso i partecipanti all’esame.
Insomma, motivi sufficienti per sollevare perplessità tra gli addetti ai lavori, malumore tra gli studenti e perfino qualche fondato motivo di ragione per loro, che non a caso hanno contestato l’intera struttura dell’esame, anche per le sedi sovraffollate e le inevitabili difficoltà tecniche e logistiche.
Posti letto in un ospedale (ANSA)
La causa di questo caos non si può attribuire all’ignoranza degli studenti che hanno deciso di iscriversi a medicina; dipende piuttosto dal modo – pessimo – in cui è stato organizzata la didattica del semestre filtro: troppe lezioni a distanza, aule strapiene… lo dimostra il fatto che coloro che hanno potuto seguire corsi ben fatti e ben condotti ha potuto affrontare gli esami con un background più tranquillizzante. Ma raramente ha trovato questo tipo di aiuto nei grandi atenei, e spesso ha dovuto cercarlo in corsi paralleli, strutturati ad hoc, ma a pagamento!
Il ministero dell’Università e della Ricerca sta studiando un meccanismo per riempire i 19.757 posti banditi. La proposta è quella di ammettere tutti gli idonei alla graduatoria nazionale; chi non ha ottenuto il 18 in tutte e tre le materie potrà recuperare in seguito i crediti.
L’ipotesi più probabile prevede che la graduatoria nazionale del 12 gennaio comprenda tutti i candidati fino all’esaurimento dei posti disponibili. In cima alla lista ci saranno gli studenti che hanno già ottenuto tutti i crediti formativi. A scalare, con voti decrescenti, seguiranno coloro che ne hanno superati solo due su tre o uno solo, ma gli studenti che accedono con una o più insufficienze dovranno obbligatoriamente seguire un breve corso e sostenere una prova di recupero dei crediti formativi mancanti tra gennaio e febbraio 2026.
L’attuale impianto di selezione è oggettivamente destinato ad essere profondamente rivisto. I fatti obbligano ad archiviare de facto lo storytelling “il numero chiuso a medicina è stato abolito”. Il nodo centrale, la carenza di medici, non si risolve cambiando il test: serve un sistema selettivo più chiaro nei suoi obiettivi e più prevedibile nei suoi processi, non una lotteria percepita come arbitraria.
La riforma in questo caso sembrava avere un unico mantra: abolire il numero chiuso. La parola chiave avrebbe dovuto essere diversa: serve un numero programmato, con studenti fortemente motivati e criteri adeguati di selezione, affiancati da un sistema formativo adeguato, per individuare chi davvero vuol fare il medico e soprattutto vuol diventare un buon medico.
Se si vuole mantenere una sorta di iscrizione “libera” al 1° anno di medicina occorre investire anche nel benessere organizzativo del corso, con spazi adeguati, docenti disponibili, lezioni chiare che utilizzino le moderne tecnologie didattiche. Non bastano programmi standardizzati a livello nazionale; servono docenti e tutori capaci di un affiancamento reale agli studenti per aiutarli ad individuare le loro lacune, che spesso si trascinano dal liceo, facendo comprendere la stretta relazione che esiste tra discipline di base e discipline cliniche.
È questo uno dei nodi motivazionali più fragili nello studio, perché i ragazzi non sempre sanno cogliere a cosa servirà quello che oggi stanno studiando e lo affrontano quasi con un senso di fastidio. Viceversa, la medicina moderna guarda sempre più ai processi fondamentali delle scienze di base su cui poi si strutturano le diverse patologie, ma è questo il nesso concettuale che gli studenti debbono cogliere, e non possono farlo adeguatamente con i corsi a distanza.
Un’ultima cosa: qualunque studente di medicina di anno successivo al primo sa che non si possono fare in un solo giorno tre esami come chimica, fisica e biologia! Ogni esame ha bisogno di un suo tempo di studio dedicato, di una concentrazione selettiva in fase d’esame, di una specifica forma mentis. Non a caso l’esperienza degli anni precedenti ha sempre visto i tre esami distanziati almeno di una settimana l’uno dall’altro e non solo di 15 minuti.
Le cose da rivedere sono quindi moltissime; non ci sono vincitori e vinti; ma neppure colpevoli assoluti; serve solo un’infinita buona volontà per ricominciare e riprogettare qualcosa di meglio e di più efficace, magari ascoltando anche la voce dell’esperienza.
Di Paola Binetti su Il Sussidiario.net
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