Crisi di Governo, la fiducia in Senato non basta
Il Governo ottiene la fiducia dal Senato ma solo con 95 voti, si astengono il Centrodestra e il M5S: Draghi al Quirinale, ha dato le dimissioni.
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Il Senato ha votato la fiducia al Governo Draghi ma con soli 95 voti. Di fatto, hanno vinto le astensioni e il non voto. Sembrava che il premier dovesse salire al Quirinale dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a rassegnare le dimissioni. Ma alla fine Draghi non si è dimesso: sembra probabile che lo faccia domani, giovedì 21 luglio.
Il presidente del Consiglio era già salito al Colle giovedì scorso, 14 luglio, dopo che il Movimento 5 Stelle era uscito dall’Aula sul voto alla legge di conversione del Decreto Aiuti, su cui era stata posta la fiducia. Il presidente della Repubblica aveva respinto le dimissioni, chiedendo un passaggio parlamentare, in considerazione del fatto che il Governo continuava ad avere il sostegno della maggioranza del Parlamento, pur con il mancato appoggio del M5S.
Ora la maggioranza non c’è più: nel momento del voto di fiducia sul Governo, sono usciti dall’aula o si sono astenuti l’intero centrodestra e il Movimento 5 Stelle. Il risultato: 95 voti a favore e 38 contrari. Tutti gli altri (fra cui i senatori di Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle), o sono usciti dall’aula o non hanno votato. Al di là dei tecnicismi, tre partiti che appartengono alla maggioranza di Governo non hanno votato la fiducia, e questo ha fatto decidere Draghi a salire al Colle. Era previsto, nel caso di fiducia oggi al Senato, un nuovo passaggio domani alla Camera. Ora bisogna capire se Draghi deciderà di andare lo stesso a Montecitorio o se invece si dimetterà.
La giornata è iniziata con le comunicazione del premier a Palazzo Madama: Draghi ha motivato la scelta di presentare le dimissioni giovedì scorso, dopo lo strappo del M5S, si è dichiarato d’accordo con la scelta di Mattarella di andare alle Camere, ha chiesto una fiducia piena su un programma di fine legislatura che comprendeva decreto Aiuti bis, proseguimento del PNRR, riforme, legge sul salario minimo ancorato ai contratti, sostegno all’Ucraina e pace in Europa.
Nel corso del dibattito parlamentare che è seguito al discorso del premier, sono state presentate due risoluzioni, una del centrodestra e una di Pierferdinando Casini. La prima chiedeva un Draghi bis senza il M5S, la seconda un sì o un no secco all’attuale Governo. Nella sua replica, Draghi ha chiesto esplicitamente di votare solo la risoluzione Casini. Da qui, lo strappo del centrodestra, che a questo punto si è sostanzialmente unito al M5S nella scelta di non votare la fiducia.
Ora si attendono gli sviluppi. Se Draghi si dimetterà, le opzioni di Mattarella sono due: dare un nuovo mandato per formare un Governo oppure sciogliere le Camere. In questo secondo caso, si voterebbe in autunno, fra fine settembre e inizio ottobre.
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