Aiga, bilancio di fine mandato
Foglieni: giovani e riforme al centro.
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Carlo Foglieni, classe 1980, presidente uscente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, presenta la seguente relazione al Congresso ordinario Aiga riunito a Bergamo, dove sarà eletto il nuovo presidente: “Il Congresso di Bergamo segna la conclusione di un biennio intenso alla guida dell’Associazione. In questi due anni abbiamo lavorato perché l’AIGA fosse un punto di riferimento stabile dell’avvocatura giovane, un interlocutore riconosciuto e ascoltato dalle istituzioni e dalla politica. Abbiamo posto al centro la condizione dei praticanti e dei colleghi nei primi anni di attività, l’accesso alla professione, il ruolo dell’avvocato all’interno dei processi di riforma della giustizia. Il risultato di cui vado maggiormente fiero è la crescita associativa: una rete di sezioni più attiva, più coordinata, capace di iniziativa autonoma sui territori. Oggi AIGA è un soggetto nazionale strutturato, che difende con coerenza la propria autonomia e i valori che da sempre ne orientano l’azione.
In questo quadro si inserisce la nuova legge professionale, che rappresenta un approdo importante di un percorso lungo, nel quale anche la componente giovanile ha fatto sentire con forza la propria voce. Non possiamo però considerare conclusa la fase riformatrice. Una legge vive nella sua attuazione e la delega dovrà essere esercitata in modo coerente con i principi fissati: equità nell’accesso, valorizzazione del merito, centralità della formazione continua, sostenibilità dell’esercizio professionale. Da queste scelte dipenderà la possibilità per i giovani di entrare e restare nella professione con prospettive concrete. AIGA continuerà a vigilare su ogni passaggio, mantenendo un atteggiamento propositivo ma fermo, perché una disciplina moderna deve rafforzare l’indipendenza dell’avvocatura e metterla nelle condizioni di rispondere alle esigenze di una società in rapido cambiamento.
Nel medesimo orizzonte si colloca il sostegno convinto che l’Associazione ha espresso alla proposta referendaria sulla separazione delle carriere in magistratura. Non si tratta di una questione di schieramento, ma di assetto costituzionale del processo penale. Separare in modo netto chi esercita l’azione penale da chi giudica significa chiarire i ruoli e rafforzare la percezione di imparzialità del giudice, tutelando meglio tutte le parti del processo e accrescendo la fiducia dei cittadini nella giustizia. AIGA sostiene da tempo questa prospettiva, nella convinzione che essa rafforzi, e non indebolisca, l’autonomia della magistratura e riconosca all’avvocatura il ruolo di componente essenziale del sistema.
L’esperienza di questi anni è stata, prima di tutto, un lavoro collettivo. Se oggi AIGA dispone di una struttura più organizzata, di un ascolto istituzionale più ampio e di una rete territoriale più coesa, è grazie all’impegno delle cariche nazionali e delle singole sezioni, che hanno creduto nella funzione sociale dell’avvocato e nella necessità di impegnarsi per migliorarne le condizioni di esercizio. L’eredità che intendo lasciare è anzitutto un metodo: confronto interno leale, capacità di proposta, presenza costante nel dibattito pubblico ogni volta che si parla di giustizia e diritti. Mi auguro che l’Associazione continui su questa strada, mantenendo al centro la tutela dei giovani, la dignità della professione e il ruolo dell’avvocatura come protagonista delle trasformazioni del Paese.
La professione forense è attraversata da cambiamenti profondi, a partire dall’innovazione tecnologica, da una diversa domanda di servizi legali, da condizioni economiche spesso difficili per chi muove i primi passi. La giovane avvocatura non può limitarsi a registrare ciò che accade: deve contribuire a orientare la direzione del cambiamento. Siamo chiamati a introdurre metodi di lavoro nuovi, a investire su competenze trasversali, a proporre modelli organizzativi più moderni, senza smarrire l’impianto deontologico e la centralità della persona assistita. In questi anni AIGA ha cercato di fornire strumenti in questa direzione, puntando su una formazione di qualità, sulla sostenibilità dei percorsi professionali, sulla difesa della dignità del lavoro forense. La sfida è trasformare le difficoltà in un’occasione di crescita, in cui il merito venga realmente riconosciuto e la tutela dei diritti resti il cuore della nostra funzione.
In questo contesto si inserisce anche il tema dell’intelligenza artificiale, che sta entrando nella giurisdizione e nell’attività degli studi legali. Non è un fenomeno da subire né da demonizzare, ma da regolare e indirizzare. Può rendere più rapide alcune fasi dei procedimenti, migliorare la ricerca delle fonti, ridurre attività ripetitive e, se ben utilizzata, favorire efficienza e trasparenza. Ma deve restare ferma l’idea che la decisione finale, la valutazione dei fatti, la costruzione della strategia difensiva appartengono alla responsabilità della persona, del giudice e dell’avvocato”.
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