Scienza in città a Reggio Calabria
La Notte delle Ricercatrici e dei Ricercatori 2025 illumina Reggio Calabria: un viaggio tra laboratori aperti, musica, memoria e futuro, per avvicinare cittadinanza e ricerca scientifica.

Ogni anno, l’ultimo venerdì di settembre, centinaia di città europee vivono una notte speciale: la Notte delle Ricercatrici e dei Ricercatori. Non è un semplice evento accademico, non è una fiera scientifica tradizionale, non è neppure solo una manifestazione culturale. È tutte queste cose insieme e, allo stesso tempo, qualcosa di diverso, perché riesce a trasformare la ricerca in esperienza condivisa, a portarla fuori dai laboratori per farla incontrare con i cittadini, con i giovani, con le famiglie. È un momento di democrazia della conoscenza, in cui i ricercatori diventano narratori, i cittadini diventano interlocutori e la città intera si fa palcoscenico della scienza. Reggio Calabria, con la sua Università Mediterranea, partecipa da dodici anni a questa iniziativa promossa dalla Commissione Europea nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska-Curie. Nel 2025 l’ateneo reggino ha scelto di caratterizzare la manifestazione con un ponte simbolico tra scienza e società, una passerella ideale che dal campus universitario attraversa il cuore della città, si affaccia sul mare, entra nei parchi urbani e si conclude davanti a uno schermo cinematografico. Un percorso fisico e metaforico che mette insieme il rigore dei laboratori, l’emozione della musica, il ricordo delle figure che hanno segnato la storia accademica, la sfida dell’innovazione e la forza della memoria culturale.
Il primo momento della manifestazione è solenne e carico di emozione: all’Aula Magna Quistelli della Cittadella Universitaria si svolge la consegna delle pergamene ai neo dottori di ricerca. Giovani che hanno dedicato anni a indagare fenomeni complessi, a scrivere articoli, a partecipare a conferenze internazionali, finalmente ricevono il riconoscimento ufficiale del loro percorso. In platea genitori commossi, colleghi, amici, docenti. Sul palco l’Orchestra del Liceo Musicale “T. Gulli” accompagna con un repertorio raffinato e sobrio, perché la musica non è un semplice ornamento, ma diventa linguaggio parallelo alla scienza, segno di un’armonia più profonda. Poi la parola passa a Dario Lo Bosco, docente della Mediterranea, oggi Amministratore Delegato e Direttore Generale di Italferr e già Presidente di Rete Ferroviaria Italiana. La sua lectio non è un discorso celebrativo, ma un racconto di visione e responsabilità: parla di infrastrutture, di reti ferroviarie, di progetti che uniscono il Paese, ma parla anche di ricerca come motore di sviluppo e di coraggio come condizione necessaria per ogni progresso. Il messaggio è chiaro: i dottori di ricerca non sono soltanto studiosi, sono persone formate per affrontare sfide complesse, capaci di portare competenze avanzate nei luoghi dove si decide il futuro della società.
Il pomeriggio offre un cambio di atmosfera e di registro. A Palazzo Zani il Dipartimento DIGIES organizza la presentazione del volume di Claudio Cordova “Criminalità socializzata. Le mafie nei social network. Dai pizzini ai post”. L’autore, giornalista investigativo, spiega come le organizzazioni criminali abbiano saputo adattarsi alle nuove tecnologie di comunicazione. Se un tempo il linguaggio mafioso passava attraverso i pizzini, oggi si esprime in post, commenti, chat criptate, gruppi riservati su Facebook o Telegram. Il fenomeno non riguarda solo la cronaca giudiziaria: è un problema culturale, sociale, politico. Cordova racconta episodi concreti, mostra come la criminalità sappia trasformare strumenti comuni in veicoli di potere e intimidazione. Durante il dibattito, un docente del dipartimento sottolinea l’importanza di questo tipo di ricerca: studiare le mafie online significa proteggere la democrazia digitale, capire come il linguaggio criminale si ibrida con le forme della comunicazione contemporanea. È un tema che scuote la platea, perché tocca la vita quotidiana di tutti, e ricorda come la ricerca universitaria sia anche strumento di vigilanza civile.
Al calare della sera la manifestazione si sposta sul lungomare Falcomatà, che per una notte diventa un laboratorio diffuso. Lungo il corso che si affaccia sullo Stretto vengono inaugurati stand e mostre. Una in particolare cattura l’attenzione: la mostra fotografica “LABS. laboratori in città”, che racconta attraverso immagini i luoghi della ricerca. Non solo macchinari e provette, ma ambienti vissuti, spazi che parlano di comunità scientifiche, di scoperte e di fallimenti, di tentativi e di passioni. Accanto, lo stand “Change: come la scienza migliora la vita” offre la possibilità di dialogare con i ricercatori impegnati nei progetti finanziati dal PNRR, in particolare l’Ecosistema dell’Innovazione Tech4You. Qui si parla di sostenibilità, di digitalizzazione, di energie rinnovabili, ma anche di come i finanziamenti pubblici possano tradursi in cambiamenti concreti. Una bambina chiede se sia possibile fermare l’inquinamento del mare. Una ricercatrice risponde che non può farlo da sola, ma che il suo lavoro consiste nel creare strumenti che permettano a tutti di contribuire alla salvaguardia del mare. È una scena semplice, ma racchiude il senso profondo della manifestazione: la scienza non è magia, non è miracolo, è collaborazione, è costruzione collettiva di soluzioni.
Alle 18.30 apre le porte il laboratorio NOEL, situato proprio sul lungomare, a pochi passi dal mare. Qui si studiano le onde, i fondali, i fenomeni di erosione costiera. I ricercatori raccontano le loro esperienze, le immersioni, le settimane di monitoraggio, i dati che parlano di un Mediterraneo in trasformazione sotto la pressione del cambiamento climatico. Le storie affascinano i visitatori perché uniscono rigore scientifico e narrazione personale. Subito dopo, davanti al laboratorio, l’Ensemble musicale dell’Università Mediterranea offre un concerto che chiude la serata con un’immagine poetica: la musica si mescola al rumore delle onde, la scienza dialoga con l’arte, la città abbraccia il mare.
La manifestazione riprende il lunedì successivo, il 29 settembre, con una giornata dedicata alla memoria, alla sperimentazione e al cinema. Al mattino, al Dipartimento DICEAM, viene intitolato il Laboratorio di Chimica al professor Rosario Pietropaolo, già Rettore dell’Ateneo. È un momento di commozione e riconoscenza: Pietropaolo viene ricordato come figura che ha creduto nella crescita della Mediterranea, che ha lavorato per consolidarne le strutture e per aprirla al territorio. Contestualmente vengono consegnati i lavori di riqualificazione del Laboratorio di Strutture e prove sui materiali, simbolo di un impegno concreto nel rinnovare gli strumenti della ricerca. Poco dopo, il Dipartimento dAeD apre le porte dei propri laboratori a studenti e cittadini. Qui si possono osservare esperimenti dal vivo: stampa 3D, simulazioni architettoniche, prove sui materiali, rilievi digitali. È forse il momento più “pratico” dell’intera manifestazione, quello che traduce la scienza in esperienza diretta, accessibile, comprensibile. Ragazzi delle scuole, famiglie e semplici curiosi si avvicinano ai tavoli di lavoro, provano strumenti, pongono domande. La distanza tra scienziati e cittadini si riduce, la ricerca diventa esperienza condivisa.
Nel pomeriggio, alle 18, la Villa Comunale ospita una dimostrazione di treeclimbing e diagnostica sul patrimonio arboreo. I ricercatori del Dipartimento di Agraria mostrano come si valutano le condizioni di salute degli alberi monumentali, come si scala una pianta per monitorarla, come la cura degli alberi sia parte della cura della città. È uno spettacolo insolito, che attira adulti e bambini: non solo si assiste a una disciplina spettacolare, ma si comprende come la scienza entri nella vita quotidiana anche attraverso la tutela del verde urbano.
La chiusura della manifestazione avviene la sera, alle 19.30, nella Sala Cineforum dell’Ateneo. In collaborazione con il circolo del cinema Charlie Chaplin viene proiettato il film “Il Diritto di Contare”, che racconta la storia di Katherine Johnson, matematica e fisica afroamericana che con il suo lavoro contribuì alle missioni spaziali della NASA. La scelta non è casuale: è un omaggio al ruolo delle donne nella scienza, ma anche a chi, pur partendo da condizioni di marginalità, è riuscito a cambiare la storia. Gli spettatori escono dalla sala con la sensazione che la scienza sia non solo un sapere, ma anche un atto di giustizia, un cammino verso l’inclusione e l’uguaglianza.
Alla fine delle giornate, resta la consapevolezza che la Notte delle Ricercatrici e dei Ricercatori non è soltanto un evento celebrativo. È un gesto politico e culturale, un atto di fiducia tra comunità scientifica e società civile. In un tempo in cui la scienza è messa in discussione da fake news, complottismi e sfiducia diffusa, aprire i laboratori, raccontare le ricerche, accogliere domande e dubbi diventa fondamentale. Significa dire: siamo qui, lavoriamo per tutti, ciò che facciamo riguarda la vita quotidiana e merita di essere condiviso. Reggio Calabria, con la sua Università Mediterranea, ha saputo ancora una volta trasformare questa occasione in un momento di crescita collettiva. La città ha vissuto la scienza come esperienza culturale, come racconto, come musica, come cinema, come gesto di memoria e come promessa di futuro.
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