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Pensioni 2026, addio alle quote: uscita a 64 anni con nuove regole

Dal 2026 niente più “Quote”: pensione anticipata a 64 anni con 25 anni di contributi e soglia minima d’assegno.

Pensioni 2026, addio alle quote: uscita a 64 anni con nuove regole

La riforma delle pensioni è uno dei temi caldi della prossima Manovra e dal 2026 porterà cambiamenti significativi. Il governo si prepara a dire addio al sistema delle “Quote”, come Quota 103, sostituendolo con regole più elastiche ma anche più selettive. Il cuore della riforma è la possibilità di uscire dal lavoro a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, a condizione che l’assegno maturato superi una soglia minima legata all’assegno sociale. L’ipotesi più probabile è che questa soglia venga fissata a tre volte l’assegno sociale, quindi oltre 1.600 euro lordi mensili, con possibili riduzioni per le donne con figli. L’obiettivo è garantire flessibilità senza generare pensioni troppo basse e senza mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici.

L’addio alle quote nasce dalla constatazione che strumenti come Quota 100 o Quota 103 hanno avuto un costo elevato per lo Stato senza risolvere in maniera strutturale il problema dell’accesso alla pensione. La combinazione tra età anagrafica e anni di contributi ha permesso a molti di anticipare l’uscita, ma con criteri giudicati poco equi e soprattutto insostenibili nel lungo periodo. Il nuovo modello punta invece a semplificare le regole, fissando paletti più chiari e uniformi, che lasciano spazio alla flessibilità solo per chi ha maturato una pensione considerata adeguata.

Tra le novità più rilevanti c’è anche il ruolo del Trattamento di Fine Rapporto. Dal 2026, per i neoassunti, scatterà il silenzio-assenso: se entro sei mesi dall’assunzione non si comunica una scelta diversa, il Tfr sarà trasferito automaticamente ai fondi pensione integrativi. La misura mira a rafforzare la previdenza complementare, oggi poco utilizzata in Italia, e a consentire ai lavoratori di costruire una rendita aggiuntiva. Non solo: si valuta la possibilità che il Tfr possa essere usato per integrare la pensione e raggiungere la soglia minima richiesta per l’uscita anticipata a 64 anni. Una prospettiva che divide, perché molti considerano il Tfr come una liquidazione da incassare a fine carriera e non come un salvadanaio previdenziale da spendere in anticipo.

Un altro punto centrale riguarda l’età pensionabile. Le norme attuali prevedono che dal 2027 l’età per la pensione di vecchiaia salga da 67 a 67 anni e 3 mesi, in linea con l’aumento dell’aspettativa di vita. Il governo sta valutando di congelare questo adeguamento automatico, almeno per alcuni anni, così da evitare un ulteriore innalzamento dei requisiti che renderebbe ancora più difficile l’accesso alla pensione, soprattutto per chi svolge lavori gravosi o ha carriere discontinue.

La maggiore flessibilità, però, avrà un prezzo. Chi sceglierà di andare in pensione a 64 anni dovrà probabilmente accettare penalizzazioni sull’assegno o un ricalcolo interamente contributivo, con importi più bassi rispetto a chi rimane al lavoro fino a 67 anni. Sono inoltre allo studio finestre di uscita, cioè ritardi di alcuni mesi tra il momento in cui si maturano i requisiti e quello in cui decorre effettivamente la pensione.

Il governo si muove quindi su un crinale stretto: concedere margini di scelta ai lavoratori senza mettere a rischio la sostenibilità del sistema. L’Italia ha già una spesa previdenziale tra le più alte d’Europa e una popolazione che invecchia rapidamente. Ogni apertura sull’anticipo pensionistico ha inevitabilmente un costo, che deve essere coperto senza aggravare il bilancio pubblico. Per questo la riforma introduce sì nuove possibilità, ma con vincoli stringenti e con l’obiettivo dichiarato di indirizzare i lavoratori verso la previdenza complementare.

Il futuro delle pensioni italiane si gioca dunque su un equilibrio difficile. Da un lato l’esigenza di rispondere alla domanda di flessibilità, dall’altro la necessità di garantire che chi esce prima dal lavoro non pesi eccessivamente sulle finanze pubbliche. La pensione a 64 anni, l’uso del Tfr, il rafforzamento dei fondi e il congelamento dell’aumento dell’età pensionabile sono i tasselli di una strategia che prova a conciliare diritti e sostenibilità. Restano però molte incognite: le penalizzazioni effettive, l’impatto sui lavoratori con carriere discontinue, le coperture finanziarie. Solo il testo definitivo della legge di Bilancio chiarirà i contorni di una riforma destinata a incidere profondamente sul futuro previdenziale di milioni di italiani.

 

 

 

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