Il Salvini moscovita è un problema serio per Meloni
La crisi diplomatica fra Italia e Francia, per le parole indirizzate a Macron, indicano che lasciare libero il leader leghista su guerra e pace, tanto poi il governo fa altro, non funziona più. La premier esiga un chiarimento.
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Non è cosa ordinaria una crisi diplomatica tra paesi dell’Unione europea; ancora più raro che il protagonista sia il vicepremier di una nazione fondatrice dell’Europa moderna quale è l’Italia, messo sotto accusa dal governo di un’altra nazione di primo piano come la Francia. Ed è sorprendente che tutto questo riguardi addirittura le linee della politica estera in una materia che coinvolge il tragico conflitto ucraino. Ma è proprio quello che sta avvenendo dopo che Salvini, con il consueto linguaggio da bar sport, ha invitato il presidente francese Macron ad “attaccarsi al tram”, detto in vernacolo milanese per rendere più colorita l’espressione. Motivo: l’ipotesi, ventilata da Parigi, di inviare reparti militari per vigilare sulla tregua con i russi. Tregua, peraltro, di là da venire perché i negoziati – come è noto – sono in alto mare, per non dire del tutto compromessi.
Ora, non è la prima volta che il nostro ministro dei Trasporti si innalza verso i cieli della geopolitica, sempre con un profilo di riguardo verso gli amici moscoviti, benché siano passati i tempi in cui si esibiva in pubblico con una maglietta che portava stampato il ritratto del presidente Putin, tanto per non lasciare dubbi. Il punto è che il governo italiano ha fatto della lealtà atlantica, o più semplicemente occidentale, il perno della sue scelte internazionali. La presidente del Consiglio ha costruito su questo terreno una linea che non è mai stata contraddetta, nonostante le intemperanze del suo alleato/rivale leghista. Il problema è che il doppio binario non può durare all’infinito. Il gioco di Salvini lo capiscono anche i bambini: recitare la parte del super-pacifista e lasciare nell’ambiguità la Meloni che deve tener conto di una complessa tessitura diplomatica. Da Palazzo Chigi, per la verità, è stato detto più volte che non manderemo soldati in Ucraina, ma tant’è: Salvini vuole accaparrarsi un po’ di voti e ha trovato in Macron il bersaglio più comodo.
Non finisce qui, come è ovvio. La nota diplomatica porta il nome di Salvini, ma in realtà è indirizzata a Giorgia Meloni, di sicuro poco amata a Parigi e tuttavia tollerata se garantisce la compattezza del suo governo su una linea europeista. Quando Salvini corre a briglia sciolta, dimostra invece che il castello delle illusioni può crollare da un momento all’altro; magari con l’acuirsi della crisi a Kiev e il crescere dell’arroganza di Putin. Qual è la risposta della presidente del Consiglio? Che il leghista abbaia ma non morde. In altre parole, fa il gradasso ma al dunque segue le direttive che gli vengono da Palazzo Chigi. È una spiegazione che non spiega. Nessun paese europeo di primo piano potrebbe permettersi di avere buone relazioni con un governo nel quale un partito di medio livello in cerca di visibilità prende a male parole il presidente di una nazione amica su temi che toccano la guerra e la pace. Quindi ora il problema è tutto di Giorgia Meloni e non è questione di poco conto. Un chiarimento con Salvini sarebbe indispensabile e non perché lo chiede Macron. Purtroppo, si è lasciato che un giorno dopo l’altro la tattica temporeggiatrice e dilatoria facesse marcire la situazione. Grave errore di una premier che sulla politica estera aveva peraltro ottenuto buoni risultati.
C’è di più. Si tende a indicare le incertezze e gli angoli bui del binomio Schlein-Conte nel rapporto con gli alleati e nella mediocre politica verso l’Ucraina: dal no alle armi al sostanziale isolazionismo. Proprio quello che chiede Putin. Ma ha poco senso alimentare una polemica verso l’opposizione se le forze di maggioranza offrono all’opinione pubblica lo stesso ventaglio di incongruenze, proprio nel mezzo di un conflitto nel cuore dell’Europa. Salvini dovrebbe sentire la responsabilità di offrire il chiarimento richiesto. Non a Macron, ma in primo luogo alla figura che guida il governo italiano.
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