Anno: XXVI - Numero 216    
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Crisi delle specializzazioni in medicina, mancano professionisti nei reparti

La crisi dei medici in Italia si sposta dalle carenze di base a reparti specifici. Il 70% delle borse di specializzazione non sono assegnate.

Crisi delle specializzazioni in medicina, mancano professionisti nei reparti

In Italia la carenza di medici non è più solo un problema legato al numero di laureati o ai pensionamenti. Oggi la difficoltà riguarda anche le specializzazioni. Alcune aree della medicina stanno diventando veri e propri deserti professionali, con un numero sempre più elevato di borse di specializzazione che rimangono non assegnate. Secondo un’analisi condotta da Anaao Assomed (il principale sindacato dei medici e dirigenti sanitari) e dall’Associazione Liberi Specializzandi, ci sono discipline in cui oltre il 70% delle borse di studio per la formazione specialistica non viene sfruttato. Un segnale allarmante che riflette una crisi di attrattività e un disequilibrio tra domanda sanitaria e interesse dei giovani medici.

Le specializzazioni in medicina più in crisi

Tra le aree più colpite spiccano microbiologia e virologia, dove quasi l’80% delle borse (79,6%) è rimasto non assegnato. Subito dietro si trovano farmacologia (78,1%) e patologia clinica (75,7%).

Si tratta di specializzazioni fondamentali per il funzionamento del sistema sanitario, ma che spesso restano nell’ombra, non garantiscono un contatto diretto con i pazienti, offrono percorsi lavorativi meno visibili e, in molti casi, stipendi meno competitivi rispetto ad altre discipline cliniche.

Eppure, microbiologi e virologi sono in prima linea nell’identificazione dei virus, nello sviluppo dei test diagnostici e nella ricerca dei vaccini. Oggi, tuttavia, le nuove generazioni di medici sembrano orientarsi verso percorsi clinici, lasciando scoperte aree decisive per la sanità pubblica e la ricerca biomedica.

Le discipline con oltre il 60% di borse scoperte

A livello generale, il quadro è preoccupante anche per altre aree specialistiche che registrano percentuali elevate di borse non assegnate. In particolare, in radioterapia il 64,7% di borse risulta non assegnato, in medicina di comunità il 64,2% e in statistica sanitaria il 63,8%.

In radioterapia, una branca fondamentale dell’oncologia moderna, e in medicina di comunità, che dovrebbe rappresentare il pilastro della riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr quasi due borse su tre restano vuote.

Anche in ambiti ad alta rilevanza sociale, come le cure palliative e la medicina nucleare, i numeri mostrano una tendenza preoccupante. Nel primo caso, quasi il 59% delle borse rimane non assegnato, nel secondo la quota si ferma al 55%.

Infine, anche tra le discipline più pratiche e operative, i dati mostrano comunque segnali di sofferenza.

In medicina d’emergenza e chirurgia toracica, il 43,7% delle borse non viene assegnato, mentre in chirurgia generale la quota raggiunge il 35,8%.

C’è poi la nefrologia, specializzazione medica legata alle malattie renali e ai trattamenti dialitici, che presenta una quota di borse scoperte pari al 38,8%.

Nel caso dell’emergenza, le difficoltà sono ben note: turni lunghi, stress elevato, e una cronica carenza di personale rendono il pronto soccorso uno degli ambienti più difficili in cui lavorare. Molti giovani medici, pur avendo una forte vocazione, preferiscono specializzazioni con ritmi di lavoro più sostenibili e maggiore equilibrio tra vita privata e professione.

La chirurgia generale, un tempo tra le più ambite, vive invece un calo d’interesse legato alla complessità dei percorsi, alla forte concorrenza e a prospettive economiche non sempre proporzionate all’impegno richiesto.

Un problema strutturale e culturale

Il fenomeno delle borse non assegnate non è nuovo, ma negli ultimi anni ha raggiunto livelli critici. Secondo gli esperti, le cause sono molteplici.

In primis, c’è un disallineamento tra fabbisogno sanitario e offerta formativa. Il numero di borse per alcune specializzazioni non rispecchia la reale domanda del mercato del lavoro sanitario. Inoltre, molti studenti non ricevono informazioni adeguate sulle opportunità e sui percorsi professionali delle varie discipline.

Ad avere un peso maggiore, però, sono le condizioni di lavoro difficili. Turni massacranti, stipendi non sempre competitivi e carichi burocratici scoraggiano l’ingresso in alcune specialità, soprattutto in quelle ospedaliere.

La mancanza di specialisti in determinate aree non è solo un problema accademico, ma ha conseguenze dirette sul funzionamento del sistema sanitario. Nei prossimi anni, si rischiano carenze importanti in reparti chiave per la prevenzione, la diagnostica e l’assistenza ai pazienti cronici.

Un esempio emblematico è proprio la medicina d’emergenza. La scarsità di nuovi specialisti costringerà molte strutture a riorganizzare i turni o a ricorrere a personale a gettone.

Allo stesso modo, la mancanza di medici di comunità rallenterà la transizione verso un modello di sanità territoriale, compromettendo ulteriormente il raggiungimento gli obiettivi del Pnrr e le strategie di prossimità assistenziale.

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