Equo compenso: estendere il parere di congruità degli Ordini anche alle piccole aziende
La proposta della dei Consulenti del Lavoro all’Osservatorio da poco insediatosi a Via Arenula e le modifiche all’art. 29 del Codice deontologico.
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Non limitare il parere di congruità degli Ordini professionali solo alle imprese interessate dalla Legge n.49/2023, ma renderlo applicabile anche alle realtà aziendali più piccole. È, in sintesi, la proposta che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro formulerà nel corso del prossimo incontro dell’Osservatorio sull’equo compenso, insediatosi l’11 aprile scorso presso il Ministero della Giustizia, a quasi un anno dall’entrata in vigore della normativa. Osservatorio che vigila sulla corretta applicazione della norma su un’adeguata retribuzione da riconoscere alla prestazione svolta e che – va ricordato – è composto, tra gli altri, dai rappresentanti nominati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Dicastero di Via Arenula e da un esponente per ciascuno dei Consigli nazionali interessanti. “Il parere di congruità – ha spiegato il Vicepresidente del Consiglio Nazionale, Luca De Compadri, a Diciottominuti-Uno Sguardo sull’attualità – si trasforma in un atto amministrativo emanato dal Consiglio provinciale dell’Ordine al quale si sia rivolto il Consulente del Lavoro per il pagamento di una parcella”. Dunque, “un titolo esecutivo stragiudiziale molto importante, che sostituisce la prima fase del decreto ingiuntivo. E, sempre restando in tema di equo compenso, De Compadri ha parlato anche “della nuova veste” dell’articolo 29 (compensi) del codice deontologico, modificato secondo le previsioni dell’articolo 5, L. n. 49/2023. Di particolare rilievo le previsioni contenute al comma 2, la prima stabilisce che il Consulente del Lavoro sia tenuto “ad accordarsi con il cliente su un compenso adeguato e appropriato alla prestazione richiesta”. Inoltre, “se il Consulente del Lavoro propone al cliente convenzioni, contratti o altri accordi di natura professionale predisposti dal Consulente stesso, è obbligato a informare il cliente che è nulla qualsiasi pattuizione su un compenso che non sia equo, giusto e proporzionato alla prestazione professionale richiesta”. La nullità della clausola – ci tiene a precisare il Vicepresidente – non comporta la nullità del contratto e dunque il compenso è comunque dovuto”. Ma l’aspetto significativo è la sanzione disciplinare che sarà applicata dai Consigli di disciplina che valuteranno gli elementi per il realizzarsi della fattispecie disciplinare”, ha così concluso.
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