Tra Schlein e Conte il fantasma di Calenda
Ieri pomeriggio, da Cernobio il leader di Azione, ha sparigliato le carte: non appoggerà la sinistra in quasi tutte le partite regionali.
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La doccia gelata di Carlo ha raffreddato il campo largo che si è ristretto.
Elly Schlein, Angelo Bonelli e Matteo Renzi una tessera. D’accordo è una piccola tessera che vale poco. Ma potrebbe far scricchiolare tutto l’impianto.
Purtroppo Calenda ha ragione al 100% in Francia, il partito di Melenchon LFI ha portato la Francia al baratro con le sue posizioni antidemocratiche e estremiste!
E se certa stampa di sinistra non sta più nella pelle perché in Puglia e in Campania la Schlein è riuscita a mettere d’accordo (o ad accettare i diktat, a seconda dei punti di vista) dei cacicchi che voleva defenestrare (il che rischia di costarle caro a livello nazionale visto che non sono della sua corrente) ma chissà se sarà così contenta quando Conte pretenderà la candidatura a Palazzo Chigi.
La politica italiana è maestra nel trasformare ogni intesa in sospetto di resa. Così, le aperture di Elly Schlein ai Cinquestelle sono subito diventate sinonimo di vassallaggio. Ma chi agita questo spettro dimentica una verità semplice: senza compromessi, non c’è campo largo; e senza campo largo, per il centrosinistra non c’è alcuna prospettiva di vittoria.
Il problema, semmai, è un altro. La coalizione si sta costruendo intorno a esigenze locali, a equilibri regionali, a candidati condivisi. Ma sul piano nazionale resta sospesa una domanda che nessuno osa affrontare: chi guiderà davvero questa alleanza? Conte non fa mistero di ambire a Palazzo Chigi. Schlein non può accettare di consegnare al Movimento la leadership del fronte progressista. Ma fino a quando la questione verrà rinviata, ogni accordo rischierà di sembrare subordinazione.
Il Pd non deve temere di cedere posizioni sul territorio: è il prezzo della coalizione. Deve invece temere di rinunciare al proprio ruolo di forza trainante, capace di proporre un progetto e un leader. Perché non basta “somma di voti” per sfidare la destra: serve una visione che sappia trasformare l’aritmetica in politica, e il compromesso in forza.
Elly Schlein si trova davanti a un bivio: subire l’accusa di vassallaggio, o rovesciare il tavolo e dimostrare che la guida del centrosinistra è ancora del Pd. Il tempo dei rinvii è finito. È ora che qualcuno assuma il comando.
Il Pd non può ridursi a un comitato elettorale che cede un pezzo qui e un pezzo là. Deve diventare il motore che trascina tutta la coalizione, imponendo regole, metodo e, soprattutto, un leader riconosciuto. Senza questa forza, ogni compromesso sarà davvero subalternità. Con questa forza, invece, sarà alleanza vincente.
È il momento della scelta: o si comanda, o si scompare.
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