Anno: XXVI - Numero 233    
Giovedì 4 Dicembre 2025 ore 13:25
Resta aggiornato:

Home » Torna la linea rossa!

Torna la linea rossa!

Il rischio bavaglio.

Torna la linea rossa!

C’è un punto, in questa discussione sulla proposta di recepire la definizione IHRA di antisemitismo, che continua a sfuggire al dibattito politico ma non agli osservatori più attenti: il confine, sempre più sottile, tra tutela e sorveglianza, tra prevenzione dell’odio e controllo del pensiero. Quando una legge nasce dichiarando di non introdurre nulla, ma di voler “indirizzare”, “orientare”, “guidare l’interpretazione”, bisognerebbe già accendere un campanello d’allarme. È la grammatica classica di chi, non potendo cambiare apertamente le norme, ne vuole modificare il clima applicativo.

È qui che il Parlamento dovrebbe recuperare un minimo di lucidità. Non perché la lotta all’antisemitismo non sia necessaria — lo è, e deve essere irrinunciabile — ma perché improvvisare definizioni normative di principio, soprattutto quando includono esempi politicamente sensibili, rischia di spostare l’asse della discussione dal contrasto all’odio alla disciplina dell’opinione. E il terreno diventa scivoloso, molto velocemente.

Le istituzioni italiane, storicamente, hanno sempre preferito distinguere con nettezza tra l’odio razziale e la critica politica. E non è un caso: i Paesi che hanno ceduto alla tentazione di usare formule ampie e “interpretative” come chiavi di lettura obbligatorie hanno scoperto, a loro spese, che il confine fra tutela e bavaglio è fragile. Oggi si usa una definizione per contenere un fenomeno odioso, domani la stessa definizione può essere impugnata per limitare un dibattito scomodo. È ciò che accade quando le categorie giuridiche diventano strumenti politici: non proteggono più, indirizzano.

In questo senso, l’operazione Delrio sembra più un atto identitario che una misura necessaria. È un modo per segnalare appartenenza, posizionarsi, marcare un perimetro morale. Ma una legge non dovrebbe servire a questo. Una legge deve produrre effetti chiari, misurabili e soprattutto verificabili. Se davvero non cambia nulla, allora non serve; se invece cambia qualcosa, ma nessuno vuole dirlo, allora il problema è ancora più serio.

Il punto non è impedire che lo Stato combatta l’antisemitismo, ma evitare che lo faccia con strumenti che ricordano troppo da vicino la tentazione antica — e sempre ricorrente — di disciplinare il linguaggio politico. Nel secolo scorso, anche in contesti che si dichiaravano paladini dell’uguaglianza, si è visto cosa accade quando le definizioni ideologiche vengono maneggiate come criteri di giudizio pubblico. Non serve evocare scenari estremi: basta ricordare che ogni apparato, quando viene dotato di una definizione elastica e di un mandato “educativo”, tende fisiologicamente a espandersi.

La lotta all’antisemitismo merita strumenti solidi, non simbolismi ambigui. Servono investimenti nell’istruzione, monitoraggi seri online, applicazione rigorosa delle norme già esistenti. Non serve, invece, una legge che proclama di non introdurre nuove sanzioni, ma lascia intravedere il possibile ritorno di quella vecchia cultura del sospetto, che pretende di stabilire cosa si può dire, come lo si può dire, e quali opinioni ricadono nel perimetro dell’accettabile.

È già accaduto, nella storia, che il potere si affidasse a definizioni “ufficiali” per orientare il discorso pubblico. Non è un modello da seguire, e non è un rischio da sottovalutare. La libertà di espressione non vive di eccezioni, ma di confini chiari. E quelli, oggi, sono già scritti nelle leggi. Basta volerli applicare.

 

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.