Il Correntone assedia Elly
Franceschini & co. blindano la Schlein, ma le tolgono il volante.
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Al Nazareno si respira aria di resa organizzata. Dopo mesi di mugugni e riunioni riservate, le varie anime riformiste del Pd — da Franceschini a Orlando, da Guerini a Speranza — hanno deciso che Elly Schlein deve restare al suo posto. Non per convinzione, ma per mancanza di alternative. Cacciarla ora significherebbe consegnare definitivamente il partito all’irrilevanza, spaccare in due l’opposizione e buttare a mare ogni possibilità di dialogo con il Movimento 5 Stelle. E così, la segretaria resta. Ma da oggi con le mani legate.
La mossa ha il sapore del compromesso all’italiana: la Schlein viene imbullonata alla poltrona, ma le viene tolto il controllo del volante. Il “Correntone” che nascerà a Montepulciano, fusione delle aree Franceschini-Orlando-Speranza, non sarà una corrente, ma una diga. Il messaggio è chiaro: basta decisioni solitarie, basta cerchio magico, basta slogan da Instagram. Le scelte politiche dovranno essere discusse, concordate, annacquate. In una parola: normalizzate.
Franceschini, il grande regista del nuovo fronte, non perdona alla sua ex pupilla di averlo messo all’angolo dopo averne usato i voti per vincere il congresso. Ora pretende che la “ragazza con l’eskimo” si comporti da segretaria di partito e non da influencer progressista. Ma la partita è più profonda: dietro il richiamo alla collegialità c’è la volontà di riprendere il controllo di un PD che da mesi vive sospeso, incapace di crescere nei consensi e prigioniero della linea movimentista di Elly.
La verità è che nessuno, oggi, ha il coraggio o la forza di staccare la spina. Schlein serve come collante con il mondo grillino e come simbolo di rinnovamento di facciata. Ma i vecchi capibastone non hanno alcuna intenzione di lasciarle fare la rivoluzione. Così nasce la nuova alchimia dem: una segretaria giovane e radicale, circondata da un partito vecchio e prudente, che la sopporta solo perché non può liberarsene.
Nel frattempo, dietro le quinte, si cerca un “federatore” — un nome che non divida e che sappia tenere insieme i rancori. Guerini e Gualtieri si sfilano, ma resta Goffredo Bettini: il manovratore di professione, il grande tessitore che sa come tenere in equilibrio ambizioni e vanità. Sarà lui a scrivere la prossima puntata del dramma dem.
E così, mentre Meloni governa e Conte galleggia, il PD si arrovella sulla sua ennesima crisi d’identità. Non un partito, ma un esperimento psico-politico: troppo riformista per piacere alla piazza, troppo radicale per tornare a Palazzo Chigi. E in mezzo, Elly Schlein, stretta tra chi l’ha creata e chi ora vuole ricrearla a propria immagine.
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