Europa in stallo
La presidenza von der Leyen mostra i limiti di una leadership debole, mentre il continente rischia di frammentarsi senza una guida autorevole.
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La gestione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea ha ormai superato il limite tra inefficienza e presunzione. Le crisi europee, dalla politica energetica alle tensioni geopolitiche, sembrano aggravarsi nonostante l’apparente operosità dell’istituzione. La sensazione è che si proceda a tentoni, con strategie confuse e risultati mediocri, in un contesto globale sempre più complesso e ostile.
Chi invoca un cambiamento deve fare i conti con la realtà politica: cacciarla è facile da dire, ma chi metterebbe al suo posto? Non bastano le aspirazioni personali o i sogni di chi vorrebbe Draghi alla guida. Serve una proposta concreta, credibile, in grado di navigare tra le pressioni interne ed esterne, senza farsi trascinare da interessi di parte.
Mario Draghi, con la sua esperienza e autorevolezza, rappresenterebbe una figura capace di resistere alle spinte contraddittorie che oggi paralizzano l’Ue. La sua statura politica si staglia in modo netto rispetto ai protagonisti che dominano la scena europea, spesso incapaci di mediare o di imporsi con autorevolezza. Tuttavia, anche Draghi si troverebbe a operare in un quadro istituzionale complesso, dove la coesione tra Stati membri e la compattezza del Parlamento europeo risultano fragili.
Il Parlamento stesso appare diviso, spesso guidato da interessi sovranisti o da un servilismo verso potenze esterne. La candidatura di una figura autorevole potrebbe rappresentare non una rivoluzione, ma almeno un tentativo di resistere all’autodissoluzione della politica europea, promuovendo una linea di dignità e di visione a lungo termine.
In assenza di alternative concrete, l’Ue rischia di rimanere intrappolata in una logica di mediazioni inconsistenti, incapace di rispondere alle sfide globali e di proteggere gli interessi dei cittadini. La presa di coscienza dei pochi che ancora cercano una strada diversa dal servilismo potrebbe essere l’inizio di un percorso lento ma necessario verso una leadership europea più solida e rispettata. La domanda rimane: l’Europa saprà trovare la forza per rinnovarsi o continuerà a scivolare tra inefficienze e litigi?
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