Dal Conte 2 al “campo largo”: storia di un déjà-vu politico
Ogni volta la stessa illusione: salvare il Paese con alleanze di convenienza. Ogni volta lo stesso epilogo: divisioni, contraddizioni, fallimenti. La vera costante non è il “campo largo”, ma la memoria corta degli italiani.
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Il “campo largo” è il grande inganno che torna puntuale, come i saldi di fine stagione. È la riedizione maldestra del Conte 2, quello dei dpcm a reti unificate e delle giravolte parlamentari, che tanti danni fece al Paese ma che continua a regalare dividendi al suo eponimo, Giuseppe Conte, oggi ancora convinto di poter recitare la parte del federatore progressista. Peccato che la storia, quando si ripete, lo faccia in forma di farsa.
Allora come oggi, gli ingredienti sono sempre gli stessi: la promessa di una grande alleanza che riscopre improvvisamente il valore dell’unità, salvo sgretolarsi un minuto dopo davanti alle prime contraddizioni. Ma con una differenza sostanziale: nel 2019 si poteva sorvolare su politica estera e rapporti con l’Europa; oggi no. A Bruxelles, a Berlino, a Parigi, si parla di difesa comune, di riarmo, di come contrastare l’imperialismo russo. E mentre il resto del continente discute di come stare nel futuro, il “campo largo” italiano sogna di rispolverare la Via della Seta.
C’è poi la grande malattia nazionale: la memoria corta. Nessuno ricorda più che l’attuale presidente del Consiglio, che oggi rivendica i meriti del PNRR, allora lo avversò in Aula; né che a far nascere il Conte 2 fu Matteo Renzi, lo stesso che adesso, con amnesie selettive, si dipinge come colui che lo ha abbattuto per salvare la patria e aprire le porte al “competentissimo Draghi”. Naturalmente dimenticando che fino al giorno prima i suoi ministri votavano ogni misura di quel governo, dal Superbonus in giù.
L’arte di riscrivere la propria biografia politica è diventata la più redditizia attività della nostra classe dirigente. Conte finge di non ricordare che le sue scelte hanno ipotecato i conti pubblici per generazioni; Meloni dimentica che il piano che ora esalta lo osteggiò con veemenza; Renzi si dipinge come il guastafeste provvidenziale, ma senza di lui il Conte 2 non sarebbe mai nato. Tutti mentono, e tutti lo fanno sapendo che gli italiani, da bravi smemorati, li lasceranno fare.
Il risultato è un Paese che rivede sempre lo stesso film, con attori che cambiano costume ma recitano la stessa parte. L’illusione del “campo largo” è solo l’ennesimo tappeto venduto in tv: logoro, usato, già visto. Ma, come ogni volta, troverà chi è disposto a comprarlo, convinto di aver fatto l’affare del secolo.
Il campo largo, assurto a totem progressista, sarebbe il replay del Conte 2, quello dei resistenziali dcpm a reti unificate, quello che tanti danni addusse alla già malconcia Italia: tranne che all’eroe eponimo: Giuseppe Conte, of course, che ancora ci marcia a più non posso, con i suoi pon-pon maggiorenti eletti. Ma poi…. Dei fallimenti ulivistico-unionisti gliene importa a qualcuno? Tiri fuori lo sfasciacarrozze Salvini e il gioco da talk è fatto. In pratica: vendere tappeti. E pure usati.
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