Pd, la giustizia diventa argomento tabù.
La grande fuga di Schlein dal referendum.
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Come in un classico dei giochi di prestigio: un colpo di fumo, un gesto rapido, e puff. Sparire, come nei film in bianco e nero. Far perdere le proprie tracce proprio quando si potrebbe in un prossimo futuro essere chiamati in causa. E persino pagare il conto di un’infausta campagna elettorale. Allora serve una via di fuga su misura, il trucco perfetto per passare inosservati: non è colpa mia. È il vestito confezionato per Elly Schlein: ignorare il referendum sulla separazione delle carriere, far calare il silenzio e sperare che la questione cali di intensità. Cautela massima, una sorta di “Contrordine compagni”: bisogna evitare di essere associati ad un eventuale sconfitta, non creiamo le condizioni per essere i capri espiatori. Eppure, nei giorni successivi all’approvazione della riforma costituzionale, la segreteria era partita con il consueto passo falso: il piede sull’acceleratore — «Vogliono zittire i pm». Dal quartier generale rimbalzavano proclami da imminente battaglia campale: «Andremo ovunque a spingere per il No». La stessa sicumera manifestata alla vigilia del voto nelle Marche: «Giorgia stiamo per venirti a prendere». Le prime fila, travolte dall’entusiasmo, erano andate a memoria: «Se vinciamo, Giorgia Meloni deve dimettersi». Poi è arrivato a soffiare un venticello, all’inizio impercettibile: i primi sondaggi con il Sì ben oltre il 50%. E con loro, le domande impertinenti: «E se perde il No, la segretaria del Pd cosa fa? Si dimette?». Da qui il dubbio che ha gelato i fedelissimi: ci conviene davvero personalizzare questa consultazione? Non sarà un boomerang?
È bastato guardare il calendario per capire che il rischio è doppio: il referendum è atteso in primavera, probabilmente a marzo. In pratica potrebbe anticipare di qualche mese la convocazione dei gazebo per scegliere il candidato premier alle politiche del 2027. Se il fronte del No dovesse crollare, con quale credibilità Elly Schlein si presenterebbe davanti al popolo delle primarie, o comunque resistere alle critiche che potrebbero pioverle addosso? In pratica il cimitero della narrazione. Così, nel giro di una notte, è nato il piano di emergenza: togliere la giustizia dal tavolo, silenziarla, espungerla dal repertorio quotidiano della segreteria. La nuova parola d’ordine è semplice: non parlarne più, se ne occupino i magistrati. Una ritirata tattica camuffata da prudenza. Un capolavoro di sparizione politica, degno di una spy story. E così è stato: nell’ultima settimana, in tutti i suoi incontri pubblici, a Napoli, Roma, Bologna, in Puglia, la segretaria ha accuratamente tralasciato l’argomento. Zero citazioni, neanche una battuta.
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