Albenga gli avvocati fanno il punto: “Separare le carriere per restituire equilibrio”
Tavola rotonda dalla riforma Cartabia al referendum, avvocati a confronto su femminicidio, querela di parte e separazione delle carriere.
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È il filo conduttore della tavola rotonda sulla riforma della giustizia e sulla separazione delle carriere che si è svolta nella sede di Fratelli d’Italia ad Albenga venerdì 5 dicembre, con al centro gli interventi degli avvocati Graziano Aschero, Andrea Carminati, Gian Maria Gandolfo, Bruno Robello De Filippis, Gabriele Castiglia e Claudio Parodi ex comandante della stazione dei carabinieri di Alassio.
I relatori hanno evidenziato le ricadute concrete delle riforme su cittadini, vittime e imputati, collegando il confronto al prossimo referendum sulla giustizia: “Io queste figure le ho vissute tutte – il giudice conciliatore, il pretore civile e penale, il Tribunale, la Corte d’Assise – e oggi non ci sono più il pretore e il giudice conciliatore, abbiamo il giudice di pace, il Tribunale, la Corte d’Assise e il gip, che è una figura importantissima a livello penale”, ha ricordato l’avvocato Graziano Aschero, sottolineando il passaggio da una giustizia di prossimità a un sistema più complesso.
“Nella vita bisogna sempre studiare, esaminare e approfondire le cose per poter parlare con buon senso e non essere presi in giro”, ha aggiunto, richiamando il dibattito sul femminicidio: “Il femminicidio è un nuovo reato, l’articolo 577 bis del codice penale, e prevede l’ergastolo come conseguenza massima. Si arriva a distruggere la vita di una persona per una gelosia, per uno sguardo, per una relazione diversa: è un disastro”.
Sul versante delle riforme processuali Aschero si è soffermato in particolare sulla legge Cartabia:“Con la legge Cartabia si è voluto fare in modo che il processo sia più veloce e che ci siano meno procedimenti, anche con pene alternative, ma oggi, fatta eccezione per i reati più gravi, è diventata necessaria la querela di parte”, ha spiegato. “Se non c’è la querela, il processo non inizia, e molti hanno paura a denunciare per timore delle ripercussioni: è una situazione che conosciamo bene e che vediamo tutti i giorni”.
L’avvocato Gian Maria Gandolfo ha evidenziato i riflessi pratici di queste norme. “Quando uno fa denuncia deve dare il numero di cellulare e tutti i dati personali, così la persona denunciata ha tutti i riferimenti di chi lo accusa”, ha puntualizzato. “Alla prima udienza spesso la persona offesa non si presenta, c’è la remissione tacita della querela e il processo finisce lì: è un pericolo come allarme sociale, perché così si svuotano le aule di giustizia e molti procedimenti si spengono prima ancora di entrare nel merito”.
Sul cuore del referendum è intervenuto l’avvocato Andrea Carminati: “Se passa il sì al referendum, in maniera molto semplice avremo un maggior equilibrio tra i soggetti coinvolti nel processo, perché oggi sperimentiamo tutti i giorni un potere straripante dell’accusa e una vicinanza eccessiva tra il pubblico ministero e coloro che giudicano”, ha spiegato. “In tutti i Paesi europei uno vince il concorso e decide: o fa il pubblico ministero o fa il giudicante, e dovrebbero stare in due palazzi separati, perché quando mai il pm che va a cena ed è amico del gip gli darà torto?”.
Sul significato del voto ha aggiunto: “Questo voto non è politicizzato, ma è un segno importantissimo: basta con la dittatura dei giudici, serve una magistratura forte e indipendente, ma anche un sistema in cui chi accusa, chi giudica e chi difende abbiano ruoli distinti e si controllino a vicenda”.
L’avvocato Bruno Robello De Filippis e segretario provinciale di DSP ha richiamato il tema della responsabilità. “Ogni anno lo Stato paga decine di milioni di euro per gli errori giudiziari” sottolinenando un concetto “È chiaro che la separazione delle carriere è una cosa che non può non essere nel DNA naturale, democratico di ogni paese, perché se un ordine fa riferimento a una magistratura che è giudicante e requirente e con uno sportello, poi uno può passare da una parte all’altra nell’arco degli anni dice, Beh, c’è qualcosa che non va”.
L’avv. Castiglia ha rimarcato il “tentativo di ritrovare l’equilibrio tra i poteri e non di una guerra contro la magistratura”, mentre Claudio Parodi ha ricordato “quanto sia sottile il confine tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che non lo è, se le regole non sono chiare”.
La serata si è chiusa con un ringraziamento unanime dei presidenti e degli organizzatori al relatore principale, l’avvocato Graziano Aschero, per la lucidità dell’analisi e la capacità di rendere accessibili temi tecnici complessi a un pubblico di non addetti ai lavori.
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