Il sistema previdenziale e le future generazioni
Il nostro sistema pensionistico è finanziato dalla ripartizione, per la quale con i contributi degli attivi si pagano le pensioni in essere.
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Le generazioni future non possono però essere gravate oltre misura, facendo vivere quella attuale a loro spese, ma occorre individuare quel giusto equilibrio che, tramite la “cooperazione intergenerazionale”, consenta di ripartire equamente tra le generazioni di oggi e quelle che verranno, il contributo alla “realizzazione” e “alla conservazione” di una società equa.
Il che, inevitabilmente, significa dover porre in essere delle complesse operazioni di bilanciamento, in prima battuta da parte del Legislatore e poi ad opera della Corte costituzionale, tra gli interessi della generazione presente e quelli delle generazioni future in modo da garantire i “diritti di domani” senza per questo pregiudicare i diritti fondamentali dei cittadini di oggi.
Ricordo che l’art.9, novellato nel 2022, della nostra Carta Costituzionale impone al Legislatore il rispetto delle generazioni future, mentre la politica, ad ogni legge di bilancio, e questo vale sia per i governi di destra che di sinistra, guarda all’immediato, al fine di conservare almeno il consenso degli elettori.
Alla nozione di “popolo” di cui all’art. 1 della nostra Carta Costituzionale può, infatti, secondo autorevole dottrina, ricondursi il concetto di generazioni future.
Oggi vi è poi il richiamo di cui all’art. 9 della Costituzione, ma il rispetto delle generazioni future è esplicitamente affermato all’art. 3 del Testo unico europeo dove si afferma che l’Unione promuove la solidarietà tra le generazioni e l’art. 117, primo comma, Cost. che impone al Legislatore italiano, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Per chiudere il cerchio ricordo che nel 2012 sono stati introdotti in Costituzione i principi dell’equilibrio di bilancio (art. 81) e la sostenibilità del debito pubblico (art. 97), principi che contengono al loro interno un potente richiamo alla tutela delle generazioni future.
Ne consegue che la legge di bilancio non deve limitarsi all’oggi, ma deve superare la logica del breve termine, finalizzato a catturare il consenso degli elettori, per tutelare anche le generazioni a venire.
Oggi, a causa della natalità, meglio nota come “inverno demografico”, e a causa dell’aumento della aspettativa di vita al pensionamento, ogni sistema previdenziale va in crisi, semplicemente perché diventa finanziariamente insostenibile, salvo far debito pubblico da scaricare sulle generazioni future, ma questo, alla luce dei parametri costituzionali, di cui sopra, per fortuna non è più possibile.
Le Casse di previdenza dei professionisti, per parte loro, tranne la Cassa dei Commercialisti, non affrontano funditus il problema del debito previdenziale latente, che può essere anche trascurato, ma esiste e costituisce una bomba ad orologeria per la tenuta del sistema.
Allora il Governo di turno confeziona la famosa tela di Penelope che rammenda di giorno e strappa di notte per ricucire il dì appresso, apre e chiude finestre e porte girevoli, sconfessando ciò che aveva fatto solo un anno prima.
L’importante è vincere si dice, anche giocando male, ma la previdenza non è una partita di calcio, ma il futuro di intere generazioni di lavoratori.
Poi in Parlamento si disserta tra prudenza e austerità, senza spiegare, con parole semplici ai cittadini che il sistema previdenziale, cosi come lo si è vissuto sin qui, non regge più e che va cambiato. Io non vedo molte alternative: o si porta l’età pensionabile a 75 anni o si cambia il sistema fondato su due pilastri: uno obbligatorio gestito dall’INPS con una pensione minima, uguale per tutti, per incentivare poi la previdenza integrativa di secondo pilastro che richiede però una pressante opera di educazione finanziaria sin dalla scuola dell’obbligo, per non scaricare tout court, il rischio dei mercati finanziari, sul lavoratore, avvantaggiando solo la industria finanziaria.
I Fondi pensione utilizzano, infatti, il sistema a capitalizzazione: i contributi versati dai singoli lavoratori restano nominativi, pur se gestiti da Fondi a larga capitalizzazione, e vengono restituiti, rivalutati, ai lavoratori che li hanno versati al momento del pensionamento. Il sistema a capitalizzazione è caratterizzato dal fatto che i contributi versati dai lavoratori sono, quindi, destinati ad erogare le prestazioni maturate dagli stessi lavoratori e non da altri soggetti come accade nel sistema a ripartizione.
Si può fare?
Io dico di sì, basta un po’ di buona volontà.
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