Meloni-Macron, già finito l’idillio
Roma infastidita dal dialogo di Parigi con Putin.
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L’iniziativa francese accolta dal Cremlino innervosisce il governo italiano. Tajani: “Coinvolga tutta l’Ue, non solo un Paese”. Placet di Berlino. Dopo la sponda franco-italiana sul debito comune per Kiev al summit europeo, tornano le scintille: la premier non vuole disturbare Trump
Pur volendo ammettere che sia stato idillio, è già finito. Emmanuel Macron e Giorgia Meloni si sono ritrovati dalla stessa parte della barricata al summit europeo di giovedì scorso. Entrambi scettici sull’uso degli asset russi congelati all’inizio della guerra in Ucraina, che è infatti stato scartato a favore di una forma di debito comune europeo per Kiev. Entrambi contrari alla firma del Mercosur, l’accordo sul libero commercio con l’America Latina che infatti è stato rinviato. Ma ora che il presidente francese ha lanciato un amo diplomatico a Vladimir Putin, chiedendo di aprire un dialogo diretto con la Russia sulla crisi ucraina, ecco che Roma e Parigi tornano ognuna al posto che occupano fin dall’inizio della nuova era trumpiana: Macron cerca di recuperare un ruolo, a livello domestico e internazionale, tentando di inserirsi nel dialogo a due tra il tycoon e il capo del Cremlino; Meloni invece lascia l’iniziativa al presidente Usa, suo riferimento politico d’Oltreoceano, preferendo non interferire.
“Va certamente bene riaprire un canale di comunicazione, ma il canale deve essere europeo: non può essere solo di un solo Paese. La cosa rilevante è che Putin torni a parlare con l’intera Europa”, obietta il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in un’intervista al Resto del Carlino. Berlino invece plaude all’iniziativa francese. “Non abbiamo alcuna preoccupazione che l’unità europea sulla guerra in Ucraina possa incrinarsi. Non c’è alcun dubbio sulla nostra posizione comune”, dice il portavoce del governo tedesco, Steffen Meyer, in conferenza stampa, rispondendo alle domande su una possibile telefonata tra Macron e Putin.
Una posizione, quella tedesca, che evidentemente tiene più in considerazione la mancata sponda americana al piano del cancelliere sugli asset russi, fallito al Consiglio di giovedì, che il mancato sostegno francese allo stesso piano. Di certo, la posizione del tycoon ha avuto un suo peso specifico importante al summit, offrendo riparo a tutti coloro che erano contrari alla proposta tedesca, dal Belgio all’Italia. E ora che la mossa di Macron su Putin disturba il solipsismo del presidente americano, la Germania non può che gradire.
Trump è impegnato da sempre in una trattativa a due con l’omologo russo che non contempla una partecipazione attiva europea, se non in seconda o terza battuta, come si è visto alla cena dei maggiori leader europei a Berlino la settimana scorsa, condita di videochiamata con il tycoon, tentativo non a caso tedesco di correggere la rotta. Una riunione arrivata solo dopo la stesura del piano americano in 28 punti, che piace più a Mosca che a Bruxelles, alla Francia, la Germania e i paesi del nord-est Europa.
Il piano è ancora in discussione, ma l’Ue è riuscita in qualche modo a modificarlo. Tuttavia, in prima battuta, mentre nelle cancellerie europee sembrava fosse scoppiata una bomba nucleare, Meloni si è mostrata decisamente prudente, rispettosa del lavoro dell’amministrazione Usa, fedele al patto politico e ideologico con Trump. E ora, dopo l’inconfutabile prova europeista della premier nazionalista italiana al Consiglio europeo di giovedì, dove anche lei come Viktor Orbán e gli altri sovranisti ha dovuto sostenere una forma di indebitamento comune europeo, l’iniziativa di Macron con Putin tende a rimettere ognuno al proprio posto, spingendo Meloni di nuovo sul filo del rasoio tra l’Unione Europea e Trump, tra la comunità che non può e non vuole rinnegare e l’affiliazione all’ideologia antieuropeista dei Maga.
Da parte sua, Macron tenta anche di riempire il vuoto di iniziativa diplomatica europea, resa impossibile dal fatto che la competenza in politica estera è degli Stati membri, una verità contenuta nei trattati che però troppo spesso è il paravento per nascondere la mancanza di volontà di agire insieme. “Restiamo in coordinamento con i singoli Paesi membri sui loro eventuali contatti bilaterali” con la Russia “per una pace giusta e duratura” e “accogliamo gli sforzi per la pace”, si limita a dire un portavoce della Commissione europea.
Come nel 2022, il presidente francese ci riprova. All’epoca l’iniziativa di mantenere un dialogo con Mosca dava fastidio all’allora presidente Usa Joe Biden, che aveva rotto le relazioni con il Cremlino, riuscendo a portare tutta l’Ue sulla stessa linea atlantica. Adesso, l’iniziativa francese disturba Trump per il motivo opposto: minaccia di frapporsi tra il tycoon e Putin. Quanto all’Ue, già tre anni fa, la mossa di Macron non unì i 27: i paesi baltici e dell’est non gradivano. Adesso il rischio può essere lo stesso. Ma se all’epoca tra Parigi e Roma c’era il feeling promosso dall’allora governo Draghi, adesso l’idea francese non fa che confermare le note distanze con il governo Meloni.
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