LA SANITÀ SACRIFICATA ANCORA
I sindacati: decide il Mef, il SSN paga il conto.
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La manovra economica 2026 segna un nuovo punto di rottura tra il Governo e il mondo della sanità pubblica. I sindacati dei medici e dei dirigenti sanitari la bocciano senza riserve, parlando di un provvedimento che indebolisce ulteriormente il Servizio sanitario nazionale e conferma la subalternità delle politiche sanitarie alle sole logiche finanziarie. Nel mirino finisce soprattutto il Ministero dell’Economia, accusato di aver di fatto orientato l’intera manovra, riducendo gli spazi di intervento del Ministero della Salute e del confronto politico.
Secondo Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Fimmg, Fimp e Sumai, l’episodio emblematico è rappresentato dal ritiro, avvenuto nelle ultime ore prima dell’approvazione, dell’emendamento che avrebbe reso immediatamente disponibili risorse extracontrattuali già previste da precedenti leggi di bilancio. Fondi che, sottolineano le organizzazioni sindacali, erano destinati a sanare un divario economico che penalizza da tempo la dirigenza medica e sanitaria e che rappresenta una criticità strutturale per la tenuta del sistema. Una scelta che viene letta come un arretramento rispetto agli impegni assunti e come un segnale di scarsa attenzione verso il ruolo dei professionisti.
Critiche altrettanto severe riguardano la gestione del tema delle liste d’attesa. La manovra, secondo i sindacati, non prevede strumenti concreti per rafforzare l’offerta di prestazioni, in particolare attraverso un adeguamento delle attività aggiuntive dei dirigenti sanitari e dei medici convenzionati. In assenza di misure operative, avvertono, gli annunci sulla riduzione dei tempi di attesa rischiano di restare privi di effetti reali.
Preoccupazione viene espressa anche per la sostanziale assenza di interventi sulla sanità territoriale. Restano esclusi dalla manovra gli specialisti ambulatoriali convenzionati, la medicina generale e la pediatria di libera scelta, nonostante il loro ruolo centrale nella presa in carico dei pazienti cronici, nell’assistenza domiciliare e nel governo della domanda di cure. Una lacuna che, secondo i sindacati, contrasta con gli obiettivi indicati dal Pnrr e dal Dm77 e che rischia di aggravare ulteriormente la carenza di professionisti sul territorio, con ricadute dirette sull’accesso alle cure per i cittadini.
Sul versante fiscale, le organizzazioni denunciano la mancata introduzione di misure di alleggerimento per i medici convenzionati, che continuano a essere soggetti a un carico impositivo elevato pur sostenendo direttamente i costi dell’attività professionale. In particolare, viene segnalata l’assenza di interventi sulle componenti variabili legate agli obiettivi degli accordi convenzionali, considerate decisive per rendere più attrattive carriere oggi sempre meno scelte dai giovani.
I sindacati rivendicano infine il ruolo svolto nel bloccare il taglio del riscatto di laurea, definito un intervento potenzialmente incostituzionale e penalizzante per le prospettive pensionistiche dei professionisti.
Il giudizio complessivo resta fortemente negativo: una manovra priva di una visione strategica sulla sanità, che rischia di accentuare le difficoltà del SSN e di indebolire ulteriormente la motivazione di chi vi lavora. Le organizzazioni annunciano un anno di mobilitazione e confronto serrato, avvertendo che senza un cambio di rotta il prezzo sarà pagato dall’intero sistema di tutela della salute.
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