PROFESSIONISTI SOTTO ATTACCO PER LA NORMA-PA SHOCK
Categorie indignate: regola fiscale blocca compensi e scatena proteste.
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La riformulazione della norma contenuta nella Legge di Bilancio 2026 che subordina il pagamento delle parcelle dei liberi professionisti alla loro regolarità fiscale e contributiva provoca un’ondata di reazioni indignate da quasi tutte le categorie professionali, aprendo un fronte di conflitto aperto con il governo. Il nuovo testo, ora all’esame del Senato, amplia inoltre il perimetro dei compensi bloccabili, estendendo lo stop non solo alle parcelle per incarichi conferiti dalla Pubblica amministrazione, ma anche a tutti gli altri emolumenti pagati con risorse pubbliche, anche quando erogati da soggetti diversi dalla Pa.
Una svolta che gli Adc, Associazione dei commercialisti, definiscono «stupefacente e imbarazzante». Per i commercialisti la disposizione è «lesiva di tutti i professionisti», perché vincola il pagamento di prestazioni regolarmente svolte a requisiti estranei al rapporto professionale e fiduciario, introducendo una evidente «disparità di trattamento» rispetto ad altre categorie di lavoratori e trasferendo sui professionisti un rischio finanziario che dovrebbe restare in capo alla Pubblica amministrazione. L’organizzazione dei commercialisti mette in guardia dal precedente che una simile impostazione potrebbe generare e denuncia un clima di crescente sfiducia verso il mondo delle professioni.
Di segno opposto la posizione dell’Int, l’Istituto nazionale tributaristi, con il presidente Riccardo Alemanno che conferma il proprio sostegno alla misura. Secondo Alemanno, è del tutto ragionevole che un professionista debba essere in regola con imposte e contributi e che questa condizione possa rappresentare un prerequisito per il pagamento dei compensi. Una linea già espressa in passato, come ricorda lui stesso citando un messaggio inviato alla presidente del Consiglio. Tuttavia, avverte, ciò non deve tradursi in un accanimento su chi si trova in difficoltà economica: per i professionisti in crisi devono essere attivati gli istituti di supporto già previsti dall’ordinamento. Su questo fronte, sostiene, servirebbe un maggiore impegno del legislatore.
Critico anche l’Ente nazionale dei biologi, che pur riconoscendo l’importanza della regolarità fiscale e contributiva – «valori presidiati da sempre dalle casse», sottolinea il presidente Stallone – respinge l’idea di trasformare tali requisiti in strumenti che possano mettere in discussione il valore della prestazione professionale. Il rischio, secondo l’ente, è quello di far passare l’equazione, ritenuta inaccettabile, tra problemi fiscali e minor dignità o affidabilità professionale. I biologi chiedono dunque che i professionisti siano trattati «come gli altri lavoratori», senza meccanismi punitivi selettivi.
Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca l’Adepp, l’associazione delle casse previdenziali private, con il presidente Alberto Oliveti che pur riconoscendo la «meritoria» attenzione alla lotta all’evasione, avverte che essa non può sfociare in discriminazioni tra lavoratori autonomi e dipendenti. La nuova formulazione, osserva Oliveti, appare ancora più estesa e invasiva rispetto alla precedente e, se crea effettivamente disparità di trattamento, «va senz’altro cambiata». Il presidente dell’Adepp insiste sul fatto che la lotta all’evasione debba essere esercitata «nei confronti di tutti», senza categorie-bersaglio.
Durissima Confcommercio Professioni, che aveva chiesto la soppressione integrale della norma e che ora si trova davanti a una versione giudicata «ancora più stringente». La presidente Anna Rita Fioroni parla senza mezzi termini di una «prova diabolica» imposta ai professionisti, ai quali verrebbe chiesto di produrre la documentazione comprovante la propria regolarità fiscale contestualmente alla presentazione della fattura. Un obbligo definito «vessatorio» e giudicato incomprensibile, anche perché – ricorda Fioroni – già oggi esiste una norma che blocca i pagamenti superiori a 5.000 euro a chi ha debiti iscritti a ruolo. La nuova disposizione, secondo Confcommercio, non solo complica ulteriormente la vita dei professionisti, ma introduce nuovi oneri burocratici senza alcuna reale utilità.
Nel complesso, la norma appare sempre più come un terreno di scontro politico e corporativo. Da una parte c’è chi la considera una misura di equità e responsabilità fiscale, dall’altra una larga fetta del mondo professionale la vive come un attacco ingiusto, che rischia di compromettere i rapporti con la Pubblica amministrazione e di creare un precedente pericoloso. Con la manovra ancora in discussione, il braccio di ferro promette di continuare: mentre le categorie invocano modifiche urgenti, il governo appare intenzionato a mantenere la linea del rigore fiscale, lasciando aperto uno dei dossier più controversi dell’intera legge di bilancio. Per Elbano de Nuccio, Presidente dell’Associazione “Professionisti Insieme “è una norma ingiustamente vessatoria per tutti i professionisti italiani, che va modificata, poiché la verifica fiscale precede ogni pagamento e riguarda ogni tipo di incarico, dalle consulenze ai progetti fino alla rappresentanza legale, i professionisti saranno discriminati rispetto ai funzionari pubblici non appartenenti alle qualifiche dirigenziali che comunque avranno diritto alla retribuzione, a prescindere dalla loro situazione fiscale”.
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