Anno: XXVI - Numero 227    
Martedì 25 Novembre 2025 ore 13:30
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Sanità: il pubblico arretra, i privati occupano gli spazi vuoti.

Gimbe: serve un rifinanziamento stabile per non scivolare in una sanità a doppio binario.

Sanità: il pubblico arretra, i privati occupano gli spazi vuoti.

In Italia la privatizzazione della sanità non sia un progetto politico dichiarato, ma un processo già in atto, alimentato dall’indebolimento progressivo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Lo spazio lasciato libero dal pubblico viene occupato da un ecosistema eterogeneo di soggetti privati – erogatori, investitori, terzi paganti e partner in progetti pubblico-privato – accomunati da obiettivi e comportamenti molto diversi tra loro, spesso orientati alla logica del profitto più che alla tutela della salute.

La privatizzazione si manifesta attraverso due fenomeni principali: l’aumento della spesa sanitaria privata e la crescita del ruolo dei soggetti privati nella produzione di servizi. Nel 2024 la spesa out-of-pocket delle famiglie raggiunge 41,3 miliardi di euro, pari al 22,3% della spesa totale, percentuale che da dodici anni supera la soglia del 15% indicata dall’OMS oltre la quale si compromette equità e accessibilità. La capacità di spesa delle famiglie, però, è sempre più frenata dall’impoverimento: le rinunce alle cure sono salite a 5,8 milioni nel 2024. Nel 2023 la spesa privata si è distribuita tra farmacie (12,1 miliardi), professionisti sanitari (10,6 miliardi), strutture private accreditate (7,6 miliardi), privato “puro” non accreditato (7,2 miliardi) e strutture pubbliche per attività libero-professionale (2,2 miliardi. Ne risulta una progressiva fuoriuscita dei cittadini dal perimetro delle tutele pubbliche.

Sul fronte della produzione, il privato accreditato rappresenta oggi il 58% delle strutture sanitarie italiane e domina in settori come residenzialità, riabilitazione e semiresidenzialità. Tra il 2011 e il 2023 le strutture private si sono ridotte meno di quelle pubbliche nell’ambito ospedaliero e specialistico e sono cresciute molto di più nelle altre tipologie assistenziali, diventando la colonna portante di interi comparti. Dal 2012 al 2024 la spesa pubblica verso il privato convenzionato è aumentata in valore assoluto, ma la sua quota percentuale sul totale è scesa al minimo storico del 20,8%. Alcune regioni hanno favorito un’espansione del privato senza adeguati finanziamenti, causando tensioni su tariffe, tetti di spesa e convenzioni. Parallelamente cresce il privato non convenzionato, il settore più dinamico: tra 2016 e 2023 la spesa delle famiglie verso queste strutture è aumentata del 137%, creando un “secondo binario” sanitario accessibile solo a chi può pagare.

A ciò si aggiunge la crescita dei terzi paganti – fondi sanitari integrativi, assicurazioni e welfare aziendale – che nel 2024 raggiungono 6,36 miliardi di spesa. La loro sostenibilità è però messa in crisi dall’aumento delle prestazioni che devono coprire in sostituzione del SSN, mentre i benefici fiscali concessi rappresentano un ulteriore incentivo indiretto alla privatizzazione. Nel quadro generale aumentano anche i capitali di fondi di investimento, gruppi bancari e assicurativi che vedono nella sanità un settore redditizio, con il rischio di accentuare lo squilibrio tra finalità pubbliche e obiettivi economici.

GIMBE avverte che parlare oggi di integrazione pubblico-privato è anacronistico: il sistema sta degenerando in una sanità a doppio binario che trasforma diritti universali in privilegi, amplifica le diseguaglianze e penalizza soprattutto anziani, fragili e cittadini del Sud. Per invertire la rotta è necessario un solido rifinanziamento pubblico del SSN, una definizione realistica dei Livelli Essenziali di Assistenza, un secondo pilastro realmente integrativo e una governance rigorosa dei rapporti con il privato. Solo così il SSN potrà tornare a garantire il diritto alla salute indipendentemente dal reddito, dal territorio e dalle condizioni sociali.

 

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