Separazione delle carriere, Petrelli rilancia il Sì, cita Gratteri e difende il sorteggio dei membri del Csm
Il presidente dell’Ucpi attacca le correnti e sostiene la riforma come garanzia per un giudice davvero terzo.
Nel cuore della campagna referendaria sulla separazione delle carriere, Francesco Petrelli sceglie toni netti. Intervenendo ai microfoni di Radio Anch’io, il presidente dell’Unione delle Camere penali e del Comitato per il Sì difende senza esitazioni la proposta del sorteggio per la scelta dei componenti del Csm. Una misura che, secondo lui, non va letta come un attacco alla magistratura ma come l’unica via possibile per affrancarla da un sistema di potere interno ormai radicato.
«Gratteri, figura tutt’altro che marginale, è apertamente favorevole al sorteggio», ricorda Petrelli, che cita anche un dato recente: «Un sondaggio dell’Anm ha mostrato che quasi il 40% dei magistrati guarda positivamente a questa soluzione». Da qui la considerazione polemica verso chi parla di umiliazione delle toghe: «Se il sorteggio umilia la magistratura, allora la magistratura vuole umiliare se stessa».
Il cuore dell’argomentazione riguarda il ruolo delle correnti e la loro influenza, considerata da Petrelli distorsiva delle carriere e del funzionamento del processo. «Il sorteggio è l’unico strumento davvero idoneo a liberare i magistrati dal potere delle correnti», afferma. Una posizione che si inserisce in una battaglia storica delle Camere penali, convinte che la terzietà del giudice passi prima di tutto dalla separazione delle strutture di appartenenza rispetto alla pubblica accusa.
La cornice costituzionale, sostiene Petrelli, non rappresenta un ostacolo, anzi: «La Costituzione è già stata modificata in passato e non è affatto uno scandalo farlo di nuovo». A sostegno cita il 1999, quando l’articolo 111 fu ridisegnato per introdurre il principio del giudice terzo, adeguando l’Italia agli standard europei. Da qui il passaggio al tema centrale della riforma: la necessità di separare le carriere per garantire un effettivo equilibrio nel processo. «Il cittadino deve sapere che chi lo giudica non ha alcun legame con chi lo accusa», insiste Petrelli. «Nelle democrazie avanzate giudice e pubblico ministero appartengono a organizzazioni diverse. L’Italia invece mantiene un’asimmetria che oggi ci accomuna solo a Bulgaria, Romania e Turchia».
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