Intelligenza artificiale: in sanità i pazienti sono più avanti dei medici
Studio, 'pesano poca formazione e piattaforme troppo complesse'.
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Complessità percepita, carenza di competenze digitali, mancanza di tempo frenano i medici. La versa sfida della trasformazione digitale non è tanto fornire gli strumenti ma formare le persone e rinnovare i processi. L’intelligenza artificiale può liberare tempo da dedicare alla relazione medico paziente, ma il suo uso è ancora frammentato, confinato a certi ambiti e compiti.
Di digitale e digitalizzazione della medicina si fa un gran parlare ma solo alcuni degli strumenti messi a disposizione dall’intelligenza artificiale sono già in uso nella pratica clinica. Se si escludono i contesti di ricerca e i complessi algoritmi, in particolare a supporto della diagnosi, entrati da tempo nella routine in alcune specialità come la radiologia e neuroradiologia, molte delle potenzialità delle nuove tecnologie rimangono ancora non realizzate nella quotidianità dei medici che lavorano ogni giorno con i pazienti. E che spesso vengono accusati di essere sequestrati dallo schermo davanti a loro, nell’intento di trascrivere le informazioni trasmesse dal paziente, invece di guardarlo negli occhi. Tuttavia, tra i medici, l’83% degli specialisti e il 76% dei medici di medicina generale credono che l’intelligenza artificiale cambierà radicalmente la sanità nei prossimi cinque anni. Tuttavia, l’adozione resta rallentata dalla complessità degli strumenti e dalla carenza di competenze digitali, la cosiddetta literacy, che vede i pazienti più preparati nell’uso dei dispositivi digitali. Infatti, i 79% utilizza già strumenti digitali, come app di prenotazione, teleconsulto o dispositivi indossabili per il monitoraggio della salute, e il 61% dichiara di conoscere l’intelligenza artificiale in ambito sanitario, anche se spesso solo in modo superficiale.
Più della metà (58%) si rivolge al proprio medico o centro sanitario 3-5 volte l’anno, segno di un’interazione costante con il sistema, e oltre il 50% ritiene che l’Ia cambierà radicalmente il modo di ricevere le cure. Lo mostra un’indagine di Datanalysis 2025 per MioDottore in occasione del decennale della piattaforma di prenotazione, su 2.000 medici, di cui 1.000 medici di medicina generale, 500 specialisti ospedalieri, 500 medici di centri privati o convenzionati, e 1.000 pazienti cronici. Gli strumenti digitali più utilizzati oggi sono i software di gestione dell’agenda (32% tra i MMG e 37% tra gli specialisti), le piattaforme digitali di comunicazione (22% e 24%) e, rispettivamente, teleconsulto (19%) e refertazione digitale (25%). Le preoccupazioni più diffuse riguardano l’affidabilità delle diagnosi (23%), la riduzione dell’autonomia decisionale dei medici (21%) e la possibile sostituzione della figura del medico (20%). Complessiviamente, risultati confermano le opportunità e gli ostacoli reali della trasformazione digitale in ambito clinico.
Una tecnologia abilitante
Si pensi alle potenzialità di uno strumento, una semplice t-shirt dotata di sensori, di misurazione della cinetica del movimento in un contesto di riabilitazione motoria. «Consente di monitorare l’esecuzione dell’esercizio, confrontare le sessioni e quindi misurare oggettivamente i miglioramenti, e in alcuni casi farlo da remoto. Oggi il valore del digitale non sta nel riprodurre la medicina tradizionale, ma nel completarla, migliorando la qualità dell’assistenza e la continuità di cura. L’Ia è una tecnologia abilitante, un elemento così profondamente trasformativo che non prevedere oggi cosa cosa accadrà da qui a tre anni» ha spiegato Giuseppe Recchia, vicepresidente di Fondazione Tendenze Salute e Sanità e co-fondatore della startup daVi DigitalMedicine.
«Molti medici, sia specialisti sia di medicina generale, utilizzano l’Ia sugli aspetti gestionali della professione, ma la vera opportunità riguarda l’erogazione stessa dell’assistenza, fondamentale in un momento in cui si riescono a cronicizzare anche le malattie più gravi grazie a cure sempre migliori. L’Ia, integrata in app e dispositivi, diventa un moltiplicatore delle possibilità di supporto e di personalizzazione delle cure. Non è dunque solo una questione di processo, ma di esito clinico e di qualità reale della salute».
La necessità formativa resta comune a entrambe le categorie, di medici e pazienti: complessità d’uso (21–22%), mancanza di competenze digitali (18–20%), scarsa integrazione con i sistemi esistenti e costi elevati (18%). Come emerge dall’indagine, i medici hanno paura di doversi dedicare a un’attività, di formazione e di pratica all’Ia, che richiede un ulteriore impiego di tempo. «C’è un problema di literacy, di mancanza di competenze digitali, il cui superamento è peraltro incluso negli obiettivi del Pnnr. Per quanto riguarda i medici di base c’è, ad esempio, un progetto finanziato dal Pnrr [con oltre 37 milioni] che segue Agenas riguardante una piattaforma digitale sperimentata negli studi di 1500 dottori e che, sulla carta, verrà poi distribuita a tutti i restanti medici di famiglia da fine 2026» spiega Stefano A. Inglese, esperto di politiche sanitarie.
Lo strumento, raccogliendo e integrando tutta la storia clinica del paziente, consentirà al medico di base un rapido e immediato accesso al fascicolo sanitario e a tutte le prestazioni erogate. La piattaforma consentirà, inoltre, di ricavare in modo rapido dati di comunità e non solo del singolo paziente, stratificando i pazienti sulla base di caratteristiche scelte ma anche di individuare rapidamente i sottogruppi da richiamare per un controllo o una vaccinazione. «Con notevole risparmio di tempo» commenta Inglese che osserva: «L’alleggerimento del carico burocratico e la semplificazione delle procedure, la generazione di documentazione clinica, il controllo da remoto dei pazienti cronici, così come il supporto alle scelte decisionali, liberano tempo prezioso dei medici recuperato alla relazione di cura e alla clinica. Una opportunità per medici e cittadini, che tuttavia richiede, per essere colta sino in fondo, che all’innovazione tecnologica si accompagni la necessaria innovazione dei modelli organizzativi, pena il sottoutilizzo o, peggio, il rischio di vanificarne gli effetti positivi».
Libertà e autonomia decisionale
Ci sono anche altre questioni da risolvere. I software decisionali che hanno una finalità medica, come la diagnosi, il monitoraggio o il trattamento di patologie, che siano o meno incorporati a un’attrezzatura sono considerati dispositivi medici, o Medical Device Software. «Hanno quindi, a seconda della loro classificazione, specifici obblighi normativi per produttori e ricercatori nel settore sanitario» spiega Inglese. È una questione normativa e giuridica. È quindi, fondamentale, chiarezza sul grado di controllo esercitato dallo specialista medico e sulla trasparenza dei processi decisionali, il problema della cosiddetta “black-box” di alcuni software proprietari non open o di alcuni algoritmi avanzati che operano tramite reti neurali profonde o modelli di apprendimento automatico, di cui non possiamo dire perché siano giunti a un certo output. «Serve il coinvolgimento della comunità medica nello sviluppo e nella regolamentazione dell’Ia in ambito sanitario, e dosi robuste di formazione, tanto per i professionisti che per i cittadini» conclude Inglese. «Scelte obbligate se vogliamo garantire la comunità professionale su aspetti cruciali come l’intangibilità della autonomia decisionale, rafforzare la centralità del rapporto medico-paziente, promuovere l’uso appropriato di questi strumenti da parte dei cittadini e consentire al sistema di utilizzarne sino in fondo le potenzialità e il valore aggiunto».
Digitalizzazione della salute
«Semplificare i processi è quello che chiedono i medici, come mostra l’indagine di Datanalysis che conferma come la tecnologia, se ben gestita, possa rendere la sanità più accessibile, efficiente e umana. La sfida è accompagnare il cambiamento, dotando professionisti e pazienti degli strumenti e delle competenze necessarie per governare l’intelligenza artificiale, e non subirla» spiega Luca Puccioni Ceo e fondatore di MioDottore, a un anno dal lancio di Noa, la piattaforma di servizi di Ia per i medici e di «Noa Notes», il servizio di registrazione e trascrizione audio basato sull’intelligenza artificiale «capace di liberare tempo prezioso per dedicarsi al paziente, come emerge dai focus group realizzati con i medici in tutta Italia in questi due anni» spiega Puccione. «MioDottore ha un successo crescente, esponenziale, contiamo 10 milioni di visitatori e oltre 200mila medici, specialisti, medici di medicina generale. Le persone cercano gli specialisti più bravi, vicino a casa, e li vogliono scegliere non basandosi più sul passaparola come un tempo e li vogliono contattare nel modo più semplice possibile».
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