Stupri e stupratori. La nuova legge infiamma i giuristi
“Presunzione d’innocenza a rischio”, “no, era necessario”: il dibattito sulla riformulazione voluta da Pd e FdI sconcerta i più. Ma c’è chi la difende. Parlano Canestrini, Matteucci, Romano.
“In teoria, condivisibile. Nella pratica, qualche problema”. Partendo da questo presupposto Nicola Canestrini, avvocato esperto di tutela dei diritti fondamentali e di diritto internazionale, ha fatto alcune riflessioni sulla nuova formulazione del reato di violenza sessuale, modificata da un emendamento bipartisan, scritto dal Partito democratico e da Fratelli d’Italia. Canestrini ha chiesto ai suoi colleghi riflessioni in merito. Ne è emerso un dibattito fatto più di perplessità e di dubbi e preoccupazioni che di applausi.
L’antefatto, prima di entrare nel merito: quando la nuova legge entrerà in vigore, sarà considerato stupro qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso “libero e attuale della vittima”. Fin qui non fa una piega: nessuna donna può essere costretta a subire un atto sessuale. Si può cambiare idea in qualsiasi momento, dopo il “sì” iniziale. E il sesso senza consenso è stupro.
Qual è il problema, allora? Più di uno, in realtà. Perché, come fanno notare gli avvocati intervenuti nel dibattito, se è la persona accusata del reato a dover dimostrare che la vittima era consenziente dall’inizio alla fine, nel processo potrebbero sorgere delle complicazioni. E il rischio è che si realizzi un “processo a senso unico”. In cui le parti non hanno la stessa possibilità di far valere le proprie ragioni. E, in sostanza, la vittima abbia più opportunità di convincere il giudice.
Il fatto che sia l’accusato a doversi discolpare, argomenta Canestrini, “determina una compressione della presunzione di non colpevolezza, poiché l’imputato si trova a dover fornire elementi a discolpa circa un fatto interno (la volontà della persona offesa) rispetto al quale dispone di limitata possibilità probatoria”. In altri termini: se non c’è stata violenza fisica evidente, o violenza psicologica chiara, l’imputato dovrà dimostrare uno stato d’animo della vittima, ed è pressoché impossibile.
A ciò si aggiunge il fatto che, spiega ancora Canestrini, “la persona offesa che afferma l’assenza di consenso fornisce non solo la narrazione del fatto, ma anche la prova dell’elemento costitutivo del reato” e il giudice, se non ci sono testimoni o altre prove, deve basarsi solo su questo.
Un’analisi, questa, che vari avvocati condividono: “Sul fatto che l’atto sessuale senza consenso sia violenza non si discute. Dopodiché, l’obiettivo vero di questa legge non è la salvezza delle donne, ma la legittimazione delle politiche securitarie e del populismo penale”, dice a HuffPost Aurora Matteucci, avvocata esperta di queste tematiche, che ha accolto l’invito di Canestrini a intervenire nel dibattito. “Si tratta – aggiunge – di una reazione legislativa muscolare, tipica dei maschi. Il diritto penale di lotta non appartiene alle donne”.
Secondo Matteucci sarebbe importante capire quale perimetro dare al consenso: che è un concetto tanto giuridico quanto sociologico. “C’è stato un tempo – spiega – in cui le donne erano, loro malgrado, abituate dare il consenso, se non incidiamo sul significato di consenso, questa legge sarà un guscio vuoto”. E presenterà, prosegue, numerosi problemi: “Il più grande riguarda l’accertamento della prova. Sarebbe stata più utile la formulazione usata in Germania, dove si considera che c’è violenza laddove emerga un dissenso riconoscibile. In generale, bisognerebbe pensare a educare, piuttosto che a reprimere. Se no si creano mostri giuridici”.
Un’opinione simile è stata formulata, tra gli altri, anche da Vinicio Nardo, noto penalista, già presidente dell’ordine degli avvocati di Milano, che evidenzia “il clima pericoloso in cui tutto questo accade”. Il riferimento è ai giudici bersagliati quando assolvono imputati per stupro, ritenendo di non aver raccolto elementi tali per poter condannare.
A fronte di chi esprime perplessità, c’è anche chi plaude alla nuova formulazione del reato. Lo fanno alcune associazioni che si dedicano ai diritti delle donne, alcuni giudici e noti avvocati, ma anche docenti universitari. Tra questi ultimi c’è Bartolomeo Romano, professore di procedura penale a Palermo, che a HuffPost dice: “La riforma era necessaria innanzitutto perché ce lo chiede la convenzione di Istanbul, che imponeva un obbligo di riforma della fattispecie a tutti i Paesi firmatari”. Il professore ricorda come Francia, Germania e Spagna già si siano adeguate a quest’obbligo. Anche se, come abbiamo visto, la Germania ha scelto una strada un po’ diversa. “Da trent’anni, inoltre, – aggiunge – dico che il mantenimento dei soli concetti di violenza e minaccia, come elementi essenziali per qualificare lo stupro, risponda a una visione arcaica dei rapporti tra sessi. Del resto, già tante sentenze valorizzano il concetto di volontà”. In effetti, la giurisprudenza – come tiene a precisare, ragionando con HuffPost, lo stesso Canestrini – già si è evoluta nel senso in cui va la legge. Nel senso, cioè, di valorizzare il concetto di consenso attuale allo stesso modo degli altri elementi, e a volte anche di più. Prova di questa tendenza è anche una sentenza della Cassazione depositata il 14 novembre. Negli stessi giorni in cui veniva modificata la norma in commissione.
Sui possibili problemi nel processo, il prof. Romano spiega: “Il rischio di processi superficiali c’è sempre, per questo e altri reati. Ma il giudice non si baserà solo sulle parole di imputato e parte offesa. E il consenso, come ogni altro elemento, andrà provato in sede processuale”.
La nuova legge, in corso di approvazione in un contesto in cui le denunce per violenze sessuali sono aumentate del 7,5% in un anno, ha una sua valenza politica e sociale. E va nella direzione in cui stanno andando altri Paesi europei. La sua applicazione pratica, però, potrebbe essere più problematica di quanto si pensi. Arrivando a scorticare principi costituzionali. Di cui, in questi giorni, sembra curarsi solo chi dovrà maneggiare questo articolo del codice penale tutti i giorni in tribunale. Indossando la toga di avvocato.
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